di Roberto Allieri
C’è un ormai famoso messaggio del World Economic Forum che è al contempo un programma e una minaccia. Esprime meravigliosamente ciò che il totalitarismo dirigista ha in serbo per i cittadini del futuro: ‘Non avrete niente e sarete felici.’
Gli ingegneri sociali globalisti, con il supporto di una asfissiante tecnologia digitale, vogliono semplificarci la vita con i loro metodi: tracciandoci, controllandoci e assegnandoci – con il sistema del bastone e della carota – gli standard comportamentali e di pensiero. Penseranno loro alle cose di cui abbiamo bisogno e alle modalità di fruizione dei servizi.
Che bello, saremo dunque tutti felici! Già… la felicità del criceto.
Anche lui ha tutti i servizi di cui ha bisogno: cibo, acqua, ambiente pulito, una bella ruota sulla quale divertirsi incessantemente. Magari una compagna vicino, con cui copulare e riprodursi.
Non ha altri bisogni. Anzi, non deve avere altri bisogni. Gli basti muoversi e correre quanto vuole. O.K., ma il problema non è la quantità di movimento bensì la qualità. Vale per lui come vale per noi. Correre in una gabbia o prigione non è la stessa cosa che correre in campi aperti o sfrecciare sulle strade. Il problema tipico dei criceti domestici potrebbe essere il nostro, fra qualche tempo.
Mentre penso a queste cose mi piomba addosso un accenno di inquieta e quasi velata felicità. Che succede? Ieri ho compiuto gli anni ed oggi in una limpida mattina di mercoledì 8 novembre sto per essere travolto da un inaspettato regalo.
È una giornata straordinariamente serena e frizzante, dopo tanti giorni bigi, con un cielo terso e pulito. Forse troppo pulito. Sarà colpa dei cambiamenti climatici…
Sento l’impulso di correre, correre, correre come il criceto. E allora corro, ma fuori casa. La mia meta è Montisola, scrigno di bellezza pura, posto in mezzo al lago d’Iseo. L’obiettivo è arrivarci con il traghetto entro le 10.30, quando l’aria si sarà riscaldata al punto giusto (confidando sempre nel cambiamento climatico e sperando che non mi tradisca).
Arrivo con puntualità, sulle ali di una gioia misteriosa che mi spinge a girare senza meta precisa, imboccando sentieri inesplorati (per me che a Montisola ci sono stato almeno una decina di volte). Salgo in quota, scopro scorci di borghi mai visti e poi mi addentro in sentieri nuovi. E finalmente, in uno di questi trovo la felicità che cercavo.
Le foto che scatto sono della scarsissima qualità che il mio vecchio cellulare da 100 euro può concedere. Non possono dare l’idea di cosa sta succedendo.
Non bisogna guardare questa realtà con gli occhi di una telecamera ma con occhi diversi. Restare come fuori da sé.
Eh sì, mi sento come lo spermatozoo vincente, quello che realizza il suo sogno, quasi insperato, di fecondare l’ovulo. Provo a guardare il mondo attorno a me con i suoi occhi e così riesco a percepire il massimo della felicità e dello stupore!
Solo che, mi giro intorno e scopro di essere solo, anzi solissimo. Allora mi chiedo ‘Dove sono gli altri spermatozoi? Non ne vedo… Eppure, è qui la vita!’.
E così che mi accorgo che gli altri spermatozoi concorrenti, con cui avrei dovuto competere aspramente, si sono sbaragliati da soli. In effetti, non ci sono perché sembra che abbiano qualcosa di più urgente o importante da fare.
Hanno dovuto consumarsi altrove, non so quanto più utilmente, perdendo così la più bella delle occasioni. Ma dove sono andati? Venite qua, prendiamoci la vita!
Molti di questi miei concorrenti al premio finale a volte scelgono di dirigersi verso cellule cancerose anziché verso la porta e sorgente della vita e prendono un abbaglio. Virano verso fonti di morte, pensando di trovare la vita.
Certo, nella vita vera non è facile possedere pienamente la felicità: è un privilegio di pochi ed è anche una questione di fortuna. In effetti, nella vita umana funziona diversamente che per gli spermatozoi. Ci sono dei doveri che esigono impegni, energie e sacrifici: esigono quelle cose che uno come me, che ha avuto il diritto di diventare nullafacente a tempo pieno (cioè pensionato) e che vive in un altro mondo, può anche arrivare ad intuire: si chiamano lavoro e cura della famiglia, cosette che limitano drasticamente gli spazi contemplativi.
Tuttavia, un conto è non potere e un altro non volere. O non riuscire mai a concedere un tempo alla meraviglia. Quella autentica. E così quasi sempre le cose urgenti prendono il posto che dovremmo dare alle cose importanti.
La nostalgia del bene, che è tensione verso la sua fonte che è Dio, freme dentro noi e provoca tensioni. Purtroppo, però, cerchiamo di appagarla in tanti modi sbagliati. Ma a volte Dio si mostra nel chiaroscuro e, forzando le sue regole, ci indica una via.
L’aveva capito bene Marcel Proust, il quale nella sua opera ‘La ricerca del tempo perduto’ diceva: ‘Abbiamo bussato a tutte le porte che non portano a niente, e la sola da cui si può entrare, e che avremmo cercato invano per cento anni, la urtiamo senza saperlo, e si apre.’
Ecco, oggi si è aperta una porta davanti a me ed è successo un miracolo che considero meraviglioso. Per tutti gli altri, invece, è un miracolo piuttosto scarso, ma me lo tengo stretto.
Non chiedetemi di condividerlo o spiegarlo meglio. Giù le mani: il miracolo è mio e lo gestisco io.
Ma come è capitato a me, può capitare a tutti. Magari uno si sveglia e scopre che un certo dolorino che lo assillava da tempo e cominciava a preoccuparlo è scomparso. Miracolo da mezza tacca, solo per lui! Che vuoi farci, metterlo in piazza e farti ridere dietro?
Una persona che conosco colleziona sassi a forma di cuore e dice che Dio glie li fa trovare quando si trova in difficoltà morali. Dice che questi sassi che trova sono percepiti chiaramente come un segno: ognuno di essi è una carezza di Dio.
Eh sì, Dio è capace di tutto, anche di miracoli considerati scarsi. Quelli che potrebbe fare anche un ciarlatano qualunque. Ma a differenza di questo, che al massimo potrà donarci la felicità del criceto, sa farsi riconoscere portando direttamente al cuore la vera felicità. Quella, unica e irripetibile, che prova uno spermatozoo quando compie la sua missione.
A FELICIDADE – clicca per ascoltare
A FELICIDADE
(di Vinicius De Moraes e Tom Jobim interpretata da Trio Esperança in Segundo – 1997)
A Felicidade
Tristeza não tem fim
Felicidade sim
A felicidade é como a pluma
Que o vento vai levando pelo ar
Voa tão leve
Mas tem a vida breve
Precisa que haja vento sem parar
A felicidade do pobre parece
A grande ilusão do carnaval
A gente trabalha o ano inteiro
Por um momento de sonho
Pra fazer a fantasia
De rei ou de pirata ou jardineira
E tudo se acabar na quarta-feira
Tristeza não tem fim
Felicidade sim
Tristeza não tem fim
Felicidade sim
A felicidade é como a gota
De orvalho numa pétala de flor
Brilha tranquila
Depois de leve oscila
E cai como uma lágrima de amor
A minha felicidade está sonhando
Nos olhos da minha namorada
É como esta noite
Passando, passando
Em busca da madrugada
Falem baixo, por favor
Pra que ela acorde alegre como o dia
Oferecendo beijos de amor
La Felicità
La tristezza non ha fine
La felicità sì
La felicità è come una piuma
Che il vento porta in aria
Vola così lievemente
Ma ha una vita breve
E’ necessario che ci sia vento senza fine
La felicità del povero sembra
La grande illusione del carnevale
La gente lavora un anno intero
Per un momento di sogno
Par creare una fantasia
Da re o da pirata o giardiniere
E tutto finisce il mercoledì
La tristezza non ha fine
La felicità sì
La tristezza non ha fine
La felicità sì
La felicità è come una goccia
Di rugiada sul petalo di un fiore
Brilla tranquilla
Dopo lievemente oscilla
E cade come una lacrima d’amor
La mia felicità sta sognando
Negli occhi della mia fidanzata
E’ come questa notte
Passando, passando
Alla ricerca dell’alba
Parlate basso, per favore
Affinchè si svegli allegra come il giorno
Offrendo baci d’amore
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