In un’intervista rilasciata ieri a Sky News Australia, il cardinale George Pell ha detto che funzionari di alto livello a Roma credono che la sua condanna e la sua prigionia in Australia siano legate ai problemi che stava causando ai “funzionari corrotti in Vaticano” mentre conduceva le riforme finanziarie.
Ecco alcuni passaggi dell’intervista ripresi da Paul Smeaton nel suo articolo pubblicato su Lifesitenews, che vi propongo nella mia traduzione.
Il cardinale George Pell ha detto che funzionari di alto livello a Roma credono che la sua condanna e la sua prigionia in Australia siano legate ai problemi che stava causando ai “funzionari corrotti in Vaticano” mentre guidava le riforme finanziarie.
In un’intervista rilasciata oggi (ieri, ndr) a Sky News Australia, il conduttore Andrew Bolt chiede a Pell se ha mai considerato che i problemi che stava causando ai funzionari corrotti in Vaticano fossero collegati ai problemi che ha poi vissuto in Australia. Pell ha risposto: “La maggior parte dei funzionari di livello a Roma, che sono in qualche modo favorevoli alla riforma finanziaria, lo credono”.
Pell ha detto che dal suo punto di vista aveva sentito molto parlare da persone “che andavavo dalla possibilità, alla probabilità, al fatto” e che non aveva alcuna prova di un legame tra il suo lavoro in Vaticano e le sue accuse e la successiva condanna in Australia.
Tuttavia, Pell ha detto di essere contento che gran parte della corruzione finanziaria in Vaticano sia stata scoperta e che sia stato dimostrato che si era opposto a tale corruzione mentre si trovava a Roma.
“Uno dei miei timori era che quello che avevamo fatto rimanesse nascosto per una decina d’anni o giù di lì, che sarebbe stato [poi] rivelato e poi i cattivi avrebbero detto ‘beh, Pell e Casey allora erano al comando (del Dicastero economico, ndr), hanno chiuso un occhio o non hanno fatto nulla’,” ha detto il cardinale assolto.
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“Ora grazie a Dio è tutto finito, perché c’è stata una raffica di articoli poco prima di Natale e intorno a Natale che hanno esposto ogni sorta di cose, come un acquisto disastroso, in realtà un paio di essi a Londra, ed è stato dimostrato molto chiaramente che ci siamo tenacemente opposti a queste cose”.
Bolt ha posto delle domande a Pell sul suo rapporto con Papa Francesco, date le loro diverse opinioni teologiche e posizioni su questioni come il “cambiamento climatico”, ma Pell ha detto di aver ricevuto il sostegno di Papa Francesco.
BOLT: Lei e il Papa non siete molto vicini (dal punto di vista delle posizioni sulle cose, ndr). Lui è molto a sinistra ed è un sostenitore del riscaldamento globale. Lei è un conservatore e uno scettico del clima. Lui è stato un leader debole, ma lei ha chiesto riforme della sua Chiesa, in particolare riforme finanziarie. In questa vicenda, però, il Papa l’ha sostenuta come avrebbe voluto?
PELL: Assolutamente sì. Le mie opinioni teologiche non coincidono esattamente con quelle di papa Francesco, ma ho lavorato nel suo gruppo “il C9” dei suoi consiglieri più vicini (il consiglio di iniziali 9 cardinali che assistono il Papa nella revisione della Curia, ndr). Lui è il successore di Pietro. Ha un debito di rispetto e credo che apprezzi la mia onestà e forse il fatto che io dica cose che altre persone potrebbero non dire e che lui mi rispetta per questo. Sicuramente dice che rispetta i processi del programma giudiziario australiano, ma è stato di grande sostegno.
Alla domanda di Bolt su quanto in alto pensa che la corruzione in Vaticano arrivi, Pell ha detto che non crede che arrivi così in alto fino al livello del Papa.
BOLT: Quanto in alto nel Vaticano arriva la corruzione?
PELL: Chi lo sa? È un po’ come Vittoria, non si sa bene dove scorra la venatura, quanto sia spessa e larga e quanto in alto vada.
BOLT: L’ho descritta [la corruzione] come se arrivasse ai piedi del Papa, non al Papa in persona, ma fino ai piedi del Papa. Sbaglio?
PELL: Sì. Io….Abbiamo il cardinale Parolin, il segretario di Stato – non è certo corrotto. Quanto in alto vada è un’ipotesi interessante.
Nel novembre dello scorso anno il cardinale Parolin ha informato i media cattolici di essere responsabile sia di aver organizzato un prestito di 50 milioni di euro per aiutare il Vaticano ad acquistare un ospedale italiano avvolto negli scandali, sia di aver richiesto una successiva sovvenzione di 25 milioni di dollari a una fondazione cattolica con sede negli Stati Uniti per coprire quel prestito. Parolin non ha fatto alcun riferimento, tuttavia, a prove del fatto che la richiesta della sovvenzione di 25 milioni di dollari fosse originariamente legata a una richiesta proveniente da Papa Francesco.
Alla domanda di Bolt su alcuni dei suoi colleghi arcivescovi australiani che “sono scomparsi dai radar” non dandogli un chiaro sostegno, Pell ha semplicemente risposto: “Questa è la vita. Ma in realtà ciò che è stato sorprendente è che anche i miei avversari teologici a Roma non hanno creduto alle storie (delle accuse, ndr)”.
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