San Pietro statua in piazza San Pietro a Roma

San Pietro statua in piazza San Pietro a Roma

 

di Giuliano Di Renzo

 

Il Papa non è un monarca assoluto, ma è colui che deve guidare nell’obbedienza della fede a Cristo. “Io sono un umile operaio della vigna del Signore”.

Sono le parole del Papa Emerito Benedetto XVI il giorno del solenne suo inizio di ministero di guida e di pastore.

Il ministero del Papa non è al modo dei signori della nazioni che le dominano.

“I re delle nazioni dominano su di esse; e coloro che hanno potere su di esse sono lusingati col nome di benefattori. Non così tra voi.

Anzi il maggiore tra voi sia come il minore e chi conduce sia come chi serve. E infatti chi è maggiore tra quello che siede a tavola e quello che serve? Certo colui che siede.

Eppure io sono in mezzo a voi come colui che serve” (Vangelo di San Luca 22,25-27).

Il Papa non domina sui fedeli di Cristo quasi fossero sudditi. La sua è autorità nel senso morale originario di auctoritas, prestigio di pastore, di fratello che ha il compito di tenere unita la famiglia stringendo attorno a sé i suoi fratelli.

 

Cari amici, siete fuori strada scrivendo che il Papa è tra i vescovi il “primus inter pares”. Mi dispiace.

I Padri della Chiesa e la Storia della Chiesa dicono che la “Sede del Beato Pietro” era di ultimo appello. “Roma locuta causa finita”, scrive Sant’Agostino.

La primazia (della Chiesa di Roma) è primazia nella Carità, una primazia che assicura il vincolo di Comunione nella fede e nella reciproca carità tra fedeli e pastori, dovunque nel mondo. Per cui la Chiesa non è un imperium in cui il vincolo è la legge, uguale per tutti, ma l’universale Carità dello Spirito Santo che pervade la Chiesa.

“La Chiesa (di Roma) che presiede alla Carità”, scrive ai Romani Sant’Ignazio di Antiochia mentre sotto Traiano veniva condotto a Roma per subire il martirio condannato “ad bestias”, ad essere sbranato dai leoni nel Colosseo.

“La Chiesa che presiede nella regione dei Romani con la quale devono convenire tutte le Chiese” (Sant’Ireneo vescovo di Lione, originario dell’Asia Minore).

L’esercizio e il modo erano condizionati da situazioni storiche e politiche e i modi di comunicazioni che erano quelli che potevano essere allora.

Il Papa Benedetto XVI disse bene, facendosi eco anche di San Leone Magno, ricordava che la giurisdizione del Vescovo di Roma sulla Chiesa non fa di dominus ma è quella del primo tra i fratelli che ha il mandato di guidarli e tenerli tutti uniti nell’ubbidienza e confessione della fede a Cristo.

“Ogni giorno il Beato Pietro confessa nella Chiesa: Tu sei il Cristo, il Figlio di Dio vivente” e “Io sono l’erede di Pietro. Indegno ma erede” ripeteva San Leone Magno.

Venivano pellegrini a Roma a vedere Pietro vivente nei suoi successori. “Videre Petrum”.

Nel 449 si tenne a Efeso un Concilio, ma a causa dell’inganno in cui caddero i legati romani il Papa San Leone Magno non riconobbe quel Concilio e lo denominò Latrocinium Ephesinum. Ne volle perciò un altro che si tenne a Calcedonia nel 450.

Questa volta memore dell’amara esperienza, il Papa inviò al patriarca di Costantinopoli San Flaviano la famosa Lettera Dogmatica, Tomus ad Flavianum, con la quale esponeva la fede cattolica e ingiungeva che venisse da tutti sottoscritta senza altre discussioni.

Dopo la lettura i Padri esclamarono: “Questa è la fede cattolica. Pietro ha parlato per bocca di Leone. Haec est fides catholica. Petrus per Leonem locutus est”.Costantinopoli non è affatto Chiesa che risale agli apostoli, ossia non è apostolica, non è stata fondata da un apostolo. E forse non lo è propriamente neppure Alessandria, la quale risale a San Marco.

Tanto meno apostolica è Mosca. Colonne e fondamenti della Chiesa Romana, di essa sola, unica tra tutte, sono due apostoli: Pietro e Paolo.

Ancora Sant’Ignazio di Antiochia nell’accennata sua lettera ai Romani. “Non vi comando come Pietro e Paolo. Essi erano apostoli, io un condannato; essi erano liberi, un prigioniero…”.

E ancora il vescovo di Gerapoli in Frigia Abercio: “Il casto pastore mi mandò a Roma a contemplare la reggia e vedere una regina dalle vesti e calzature d’oro. Io vidi là un popolo che porta un fulgido sigillo (cfr Salmo 45 / 44). Visitai anche la pianura di Ninive. La fede mi portò ovunque, dovunque trovai confratelli là…e la fede mi dette per cibo il pesce di fonte grandissimo, puro, che la vergine casta suole prendere e dare ogni giorno da mangiare ai suoi fedeli amici, avendo un eccellente vino che suole donare col pane. Chiunque comprende quel che dico e pensa come me preghi per Abercio”.

Se il Papa è successore di Pietro perché ne ha ereditata la sua cattedra, ne ha ereditata anche l’autorità di magistero e di governo così come di guida della Chiesa che erano dell’apostolo, altrimenti non avrebbe senso dire che esiste una cattedra di Pietro.

Se Pietro è Cefa lo è a vantaggio della Chiesa, e dal momento che la Chiesa deve durare sino alla fine dei tempi, anche la Roccia, suo saldo fondamento, dura nei secoli mediante la successione apostolica dei Vescovi di Roma.

Ma perché poi Costantinopoli si è chiamata seconda Roma e Mosca terza Roma? Roma, Roma, Roma….ognuna ha cercata la sua legittimità richiamandosi a Roma.

Stranamente ne è prova anche l’islam. Da quando è sorto non sogna che la conquista di Roma. Frattanto ha divorata Costantinopoli, che ha chiamata Istanbul, da Eis-tan-polis, la Città, l’Urbe, la Nuova Roma.

L’infallibilità nell’esercizio del suo magistero circa la fede e la morale, di confermare cioè nella fede i suoi fratelli, è legato all’ufficio del Papa, non alla sua privata persona.

L’assistenza dello Spirito di Dio per cui il Papa non può errare quando insegna solennemente le verità della fede è un dono che il Signore non fa tanto a lui quanto alla Chiesa e a noi, che abbiamo bisogno della certezza e sicurezza nella guida. 

E’ dono che fa a noi, non al Papa in quanto tale o tal’altra persona.

Il carisma quando il Papa esercita in modo solenne il suo insegnamento di supremo pastore garantisce a noi la sua infallibilità, non la sua santità, che rimane un fatto privato della persona.

Esso è un proprium dell’ufficio non della persona.

Se Roma è eterna, a differenza di tante città antiche, centri di imperi, è per essere sede della Roccia, e su di essa Chiesa Sposa di Cristo.

 

 

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