Card. Joseph Zen Ze-kiun
Card. Joseph Zen Ze-kiun

 

 

di Mattia Spanò

 

La notizia dell’arresto del cardinal Joseph Zen Ze-kiun, vescovo emerito di Hong Kong, ha ormai fatto il giro del mondo. Leggerla nella sezione “legge e crimine”  del South China Morning Post mi ha fatto una certa indicibile impressione. Secondo la Televisione della Svizzera Italiana, è stato rilasciato su cauzione intorno alle 23 locali. La Catholic News Agency americana scrive che il cardinale è accusato di “collusione con forze straniere”, e nel riportare la preoccupazione con cui la Santa Sede segue gli sviluppi della triste vicenda, ricorda che il cardinale Zen agisce come fiduciario del 612 Humanitarian Relief Fund, che offre assistenza legale agli attivisti democratici perseguitati dal regime cinese.

Nel tempo, abbiamo seguito con grande simpatia ed attenzione gli interventi e le attività del cardinale, come ad esempio il suo accorato appello affinché Dio non permetta la morte della vera fede in Cina. Un testo che seguì i suoi dubia espressi al Santo Padre circa la ratifica dell’accordo sino-vaticano, un accordo molto discusso tenuto estremamente riservato, tuttavia è trapelato che la rosa dei nomi per la nomina dei vescovi competa allo Stato cinese, mentre al papa spetta la nomina vera e propria. Alle domande di Zen, il papa non ha mai risposto, né ha voluto riceverlo in udienza privata.

La segretezza dell’accordo sino-vaticano ha fatto da apripista ad altri accordi segreti, come i contratti d’acquisto stipulati dall’Unione Europea con i produttori di vaccini contro il Covid-19 (problema che ha toccato anche l’extracomunitaria Svizzera), o l’accordo segreto firmato da Felix Tshisekedi, presidente del Congo Democratico, e l’omologo rwandese Paul Kagame, che potrebbe scatenare una guerra non meno cruenta ed economicamente disastrosa di quella fra Russia e Ucraina. Parimenti l’Ema, l’agenzia del farmaco europea, si rifiuta di pubblicare i dati sulla sicurezza dei vaccini in quanto sarebbero segreto militare. Così come è segreto militare ciò che è successo ad Alzano e Nembro. Come già accadde col famigerato Patto di Londra che gettò l’Italia a capofitto nella Prima Guerra Mondiale, una minima preoccupazione circa le reali intenzioni di Stati tanto deboli da dover secretare anche gli scontrini del supermercato, con particolare riguardo all’effettiva capacità dei governanti di calcolare le conseguenze delle proprie azioni, è legittimo tenersela stretta.

La digressione sui segreti in un mondo che al contrario pretende trasparenza in qualsiasi aspetto della vita non è capziosa, specie riferita al cardinal Zen. Il quale ha sempre parlato con chiarezza e limpida parresia. Fine conoscitore della propria cultura, padroneggia quella forza gentile tipicamente orientale che scaturisce da una conoscenza profonda delle cose dello spirito. La vastissima eco avuta dalla notizia del suo arresto – ne hanno scritto Washington Post, Wall Street Journal, New York Times, Guardian e BBC, perfino Al Jazeera – deve far riflettere. Che un alto prelato novantenne ritirato a vita privata, esponente di una confessione religiosa ampiamente minoritaria nell’egida di una superpotenza come la Cina venga arrestato con accuse tanto gravi, per di più in posizione di obiettivo vantaggio nei confronti della controparte, la Chiesa Cattolica, potrebbe rappresentare uno di quei turning point di cui la storia è piena – come l’assassinio dell’Arciduca Francesco Ferdinando a Sarajevo, per intenderci. Il tempo dirà.

In modo molto miope e inopportuno, dopo due anni di infopolio pandemico, siamo verticalmente focalizzati sul conflitto ucro-russo. Nel resto del mondo – diciamo nel 90% del mondo – accadono altre cose. Mentre lo stolto guarda il dito, la luna sono i movimenti tellurici che sconvolgono la nostra epoca prendendo abbrivio, come le frane, da fatti apparentemente piccoli. Come l’accordo fra Gran Bretagna e Rwanda che trasferirà 150.000 immigrati nel paese africano, che verosimilmente li riverserà nel vicino Congo andando a ingrossare le fila dei 120 gruppi ribelli fra i quali Al Shabaab, affiliato all’Isis, e il risorto M23, il che potrebbe scatenare una guerra in un paese ricchissimo di materie prime come il coltan, indispensabile a produrre semiconduttori, tra i maggiori produttori al mondo anche di litio e cobalto necessari a produrre batterie.

Come “piccola” è l’assoluta improntitudine con la quale riforniamo di armi gli ucraini, armi che finiscono in mano anche a milizie cecene (oltre ai ben noti lettori di Kant che lanciano caramelle ai bambini del Donbass) che combattono al fianco degli ucraini contro i russi e i loro stessi compatrioti. Le quali milizie salafite, opposte ai ceceni sufi di Ramzan Kadyrov (considerati eretici nel mondo islamico, come l’alawita Assad in Siria), auspicano niente meno che una guerra santa fra crociati russi e occidentali, i quali si annienterebbero a vicenda.

Un accidente come l’arresto di Joseph Zen, in una società dimentica della storia e refrattaria a tutto ciò che non sia materialmente misurabile (libbre, litri o dollari fate voi), all’opinione pubblica occidentale ignorante come una scarpa e buzzurra da gelare il sangue non dice, com’è ovvio, nulla. Eppure che uno Stato che sta piegando la sua città finanziariamente più importante, Shangai, con un lockdown feroce e bloccandone il porto con migliaia di miliardi di danni – a carico prevalentemente nostro, scanso equivoci -, ovvero una superpotenza che si appresta a prendere possesso di Taiwan manu militari si prenda il disturbo di arrestare un cardinale di Santa Romana Chiesa (nemmeno dei più vicini a papa Francesco) dovrebbe dare una vaga idea di quale sia il piano sul quale si gioca la partita. Che non è materiale, ma spirituale.

Il potere sta forse sferrando ovunque l’attacco decisivo, disperato, agli ultimi legami fra l’uomo e la trascendenza. Capisco che a molti, probabilmente la maggior parte, questa lettura “mistica” sembrerà fantasiosa. Tuttavia il mite, anziano, indifeso cardinale Zen non è un uomo come gli altri: è un uomo di Dio. Attraverso la testimonianza, il martirio dei suoi, Dio riprende il controllo delle cose umane in preda al caos. Proprio l’insondabile sperequazione fra la potentissima Cina e il minuscolo Zen attesta, a mio parere, la profondissima crisi che il potere umano attraversa: fatalmente sfocia nella violenza e nella repressione da un lato, ma dall’altro vede il suo crollo imminente e moltiplica gli sforzi. Perché a Dio nulla è impossibile, mentre agli uomini tutto lo è.

 


 

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