Certo il card. Marx è rimasto molto sorpreso, e contrariato, dalla lettera ricevuta dal (prossimo) card. Ladaria, prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede (CDF), con la quale gli veniva comunicato che il progetto della realizzazione del sussidio per consentire, in certe situazioni e sotto determinate condizioni, ai coniugi protestanti la Comunione, in sostanza la cosiddetta intercomunione, era bocciato.
I sette vescovi tedeschi dissenzienti, comprendenti il cardinale Woelki, che si erano opposti all’intercomunione avevano chiesto l’intervento chiarificatore del Vaticano. Per questo, una loro rappresentanza, insieme a quella dei favorevoli, rappresentati dal card. Marx, furono convocati a Roma il 3 maggio scorso. Il comunicato finale di quell’incontro sorprese moltissimi osservatori e personalità importanti della Chiesa. Infatti, esso diceva che papa Francesco «apprezza l’impegno ecumenico dei vescovi tedeschi e chiede loro di trovare, in spirito di comunione ecclesiale, un risultato possibilmente unanime».
Il card. Müller, già prefetto della CDF, (qui) espresse tutto il suo disappunto per il risultato, dicendo che la dichiarazione era “molto povera” perché non conteneva “alcuna risposta alla domanda centrale, essenziale”. Non è possibile, sottolineò, essere in “comunione sacramentale senza comunione ecclesiale”.
Per il bene della Chiesa, aggiunse, è necessaria una “chiara espressione della fede cattolica“, perché il Papa “affermi la fede“, in particolare il “pilastro della nostra fede, l’Eucaristia”. Il Papa e la CDF, proseguì, dovrebbero “dare un orientamento molto chiaro” non attraverso “l’opinione personale ma secondo la fede rivelata“.
A sua volta il cardinale olandese Willem Jacobus Eijk così (qui) si espresse: “La risposta del Santo Padre, data attraverso il prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede alla delegazione della Conferenza tedesca, cioè che la Conferenza dovrebbe discutere di nuovo le bozze e cercare di raggiungere un risultato unanime, se possibile, è completamente incomprensibile. La dottrina e la prassi della Chiesa riguardo all’amministrazione del sacramento dell’Eucaristia ai protestanti è perfettamente chiara”.
Lo scrittore e giornalista (qui) Phil Lawler scrisse: “Il ruolo del Romano Pontefice è quello di risolvere le dispute tra i vescovi del mondo. Qui c’è una controversia. Il Papa non l’ha risolta, ha detto ai vescovi coinvolti di cercare di risolverla da soli”.
E poi: “non ha molto senso mandare a casa i vescovi tedeschi con il mandato di trovare l’unanimità; questi non possono conciliare l’inconciliabile. D’altro canto, se si tratta solo di una questione di prudenza, il compromesso ha senso. Così il Papa, rifiutandosi di prendere una decisione, ha effettivamente preso una decisione?”
Come si vede, il “decidere-di non decidere” ha certamente creato un certo sconcerto. Per questo, e molto probabilmente, in Vaticano ci si è resi conto che quella decisione presa non era una strada praticabile, proprio perché avrebbe potuto creare una possibile spaccatura insanabile nella Chiesa.
La rilevanza della questione la mise bene in evidenza proprio il l’arcivescovo (qui) di Filadelfia, mons. Charles Chaput, quando scrisse: “Le differenze interne sono comuni in ogni conferenza episcopale, e sono gestite – senza sorprese – internamente. Ma due cose distinguono la situazione tedesca: la rilevanza globale della polemica e la sostanza dottrinale del dibattito. Chi può ricevere l’Eucaristia, e quando, e perché, non sono solo domande tedesche. Se, come ha detto il Vaticano II, l’Eucaristia è la fonte e il culmine della nostra vita di cristiani e il sigillo della nostra unità cattolica, allora le risposte a queste domande hanno implicazioni per tutta la Chiesa. Riguardano tutti noi”.
E sarà stato proprio questo punto che, probabilmente, avrà convinto il Vaticano a fare marcia indietro ed a pubblicare la lettera (qui) inviata al card. Marx, presidente della Conferenza Episcopale Tedesca, e per conoscenza al card Woelki (qui).
Una lettera (qui) che se da una parte boccia la proposta della stragrande maggioranza dei vescovi tedeschi, dall’altra contiene una frase che ha sollevato notevoli perplessità. Si legge infatti: “Il Santo Padre è perciò giunto alla conclusione che il documento non è maturo per essere pubblicato”.
È una frase che a sua volta ha portato molti a chiedersi: ma la questione è chiusa definitivamente o è semplicemente rinviata? Ed è proprio questa apertura a più interpretazioni che si può rilevare nel comunicato sotto riportato del card. Marx.
Non sappiamo cosa in futuro succederà, il tempo lo dirà. Quello che è certo è che i sette vescovi che caparbiamente si sono opposti, sostenuti da tante autorevoli personalità, al momento hanno avuto ragione.
Ed è proprio questo che ha sorpreso il card. Marx che pensava di poter mettersi a lavoro per trovare un punto di accordo su qualcosa che era però chiaramente inconciliabile.
Il card. Marx ha dunque emesso il seguente comunicato (qui la versione tedesca) che riprendiamo da Il Sismografo (qui):
“La lettera del prefetto della congregazione per la dottrina della fede del 25 maggio 2018 è pervenuta stasera, 4 giugno 2018, al presidente della conferenza episcopale tedesca, il cardinale Reinhard Marx. Nel colloquio del 3 maggio 2018 a Roma fu detto ai vescovi partecipanti che essi dovevano trovare ‘un risultato possibilmente unanime, in spirito di comunione ecclesiale’. Il presidente è perciò sorpreso che sia arrivata da Roma questa lettera ancor prima di aver trovato tale concorde soluzione. Il presidente vede espressa nella lettera la necessità di ulteriori colloqui all’interno della conferenza episcopale tedesca, prima di tutto nel consiglio permanente e nell’assemblea plenaria d’autunno, ma anche con i rispettivi dicasteri romani e con lo stesso Santo Padre”.
In conclusione, il card. Marx se ne dovrà fare una ragione perché le questioni che lui e la maggioranza dei vescovi tedeschi hanno sollevato vanno al cuore della fede cattolica. Seppur tra tentennamenti e indecisioni quello che è stato ribadito è che quel sussidio (e l’intercomunione (qui)) “non s’ha da fare”.
di Sabino Paciolla
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