Rilancio alcuni stralci da un articolo del prof. Leonardo Lugaresi ripreso dal suo blog.
Tra i mali che affliggono la nostra società uno dei più gravi, a mio avviso, è il tradimento dei vecchi, con il genitivo soggettivo, non oggettivo. Non parlo del fatto che i vecchi sono stati traditi (come tutti, del resto), ma del fatto che hanno tradito. (Abbiamo tradito: tutto quanto segue vale anche per me).
Cosa hanno tradito? Il loro compito, la loro missione più alta, la ragione precipua per cui stanno ancora al mondo. Quale? Essere liberi, e difendere la causa della libertà in un mondo che la odia a morte e cerca di soffocarla in tutti i modi. Dunque criticare il potere.
(…)
In questo dunque consiste il nostro tradimento: a quel dovere che ci spettava di essere una coscienza critica per il bene dei nostri figli e nipoti, siamo in gran parte venuti meno. Sono tre i peccati che ce lo hanno fatto commettere, ma la loro radice è una sola:
- Alcuni, per la paura di morire, si sono attaccati morbosamente al potere che avevano. Identificandosi con esso, perdono ovviamente la possibilità di dire anche solo una parola di verità, quindi di liberazione, dalla sua intrinseca violenza. Invece di essere la coscienza critica della società, ne sono ancora i dominatori, disposti a tutto pur di non farsi scalzare dal trono. (Guardatevi attorno: dappertutto è pieno di vecchi che non mollano e non si schiodano dalle loro poltrone. Del resto, non stiamo tutti qui a celebrare trionfalmente un presidente della repubblica che, a più di ottanta anni, ci teneva molto ad essere rieletto per altri sette, ci è riuscito e dunque sarà capo dello stato fin quasi a ottantotto?)
- Molti altri, per paura di essere umiliati ed emarginati (che poi è sempre una versione della paura della morte) si sono lasciati espropriare della diversità culturale costituita dalla loro stessa vecchiaia. Invece di difendere fieramente il loro sguardo senile sulla realtà, invece di rivendicare la maggiore saggezza che deriva dall’aver molto vissuto, si sono supinamente accodati, in fila come gli altri, a ripetere le stesse stupide cose “moderne“ che dicono tutti, quando non addirittura a fingersi, pateticamente, giovani.
- Quasi tutti si sono semplicemente lasciati travolgere dalla paura della morte in quanto tale e vivono di paura. Ora, è naturale che il senso della propria crescente fragilità generi in ognuno una crescente apprensione (di dimenticarsi le cose, di non saperne fare di nuove, di ammalarsi, di cadere, di restare senza soldi, di essere aggrediti o ingannati, di restare soli, e chi più ne ha più ne metta), ma quella è una paura carnale; è il corpo che si allarma perché non funziona più bene come prima. La paura da cui ci siamo fatti dominare noi è invece una paura spirituale. È il frutto dell’incapacità di traguardare l’eterno. Da questo punto di vista la pandemia è stata davvero devastante: toccava a noi testimoniare che si può non essere schiacciati dalla paura della morte, a noi che comunque le siamo così prossimi.
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