Rilancio un articolo pubblicato su feministpost.it che riporta una importante notizia. Speriamo che anche in Italia si arrivi a qualcosa del genere.
Mentre la Spagna sta per approvare l’orribile Ley Trans che consente la transizione di bambine-i dai 12 anni anche se i genitori si oppongono, il servizio sanitario inglese chiude definitivamente con il cosiddetto “approccio affermativo” farmacologico (bloccanti della pubertà) praticato per anni e indica il trattamento psicologico come strada prioritaria. E in Italia? Per la Società Italiana di Pediatria questi farmaci non causano problemi e i loro effetti sono completamente “reversibili”, dato smentito da svariati studi
Il servizio sanitario inglese (NHS) ha pubblicato una nuova bozza di linee guida per le cure ai minori con disforia di genere (qui il testo integrale), in attesa dei risultati della Cass Review, inchiesta indipendente commissionata dal ministro della salute britannico e guidata dalla pediatra Hilary Cass (vedere qui), che porteranno a una completa ristrutturazione dei servizi dedicati ai minori gender non-conforming.
Dopo la chiusura della clinica Tavistock -di cui vi abbiamo raccontato qui-, NHS mette definitivamente fine alla cosiddetta “affermazione” dell’identità di genere, in favore di un “supporto olistico” basato sulla psico-educazione e psicoterapia.
Le nuove linee guida riconoscono la transizione sociale come una forma di intervento psicosociale e non come un atto neutro. La scoraggiano fortemente nei bambini e raccomandano grande cautela anche in caso di adolescenti.
La determinazione dell’idoneità agli interventi medici sarà effettuata da un servizio centralizzato e i bloccanti della pubertà saranno somministrati solo in contesti di protocollo di ricerca, a causa degli effetti sconosciuti e del potenziale di danno. Le prescrizioni di questi farmaci sperimentali diminuiranno dunque drasticamente. Le linee guida non menzionano l’intervento chirurgico, che non è mai stato una prestazione coperta dal sistema sanitario nazionale inglese per i minori.
Il documento ribadisce inoltre l’importanza del “sesso biologico”, facendo riferimento alla “necessità di tracciare il sesso biologico per scopi di ricerca e misure di esito”. Inoltre, riafferma la preminenza della diagnosi di “disforia di genere” del DSM-5 per le decisioni sul trattamento, e non di una generica “incongruenza di genere”, che non è necessariamente associata a disagio.
Infine, la nuova bozza afferma che i minori con disforia di genere dovranno essere affidati a un “team multidisciplinare”, il cui significato è chiarito come “composto da un’ampia gamma di clinici con competenze rilevanti (per esempio in pediatria, autismo, neurodisabilità, salute mentale, etc.), piuttosto che solo da specialisti di ‘disforia di genere’”.
Le linee guida inglesi si discostano fortemente dall’approccio gender-affirming, sostenuto dal WPATH (l’organizzazione professionale della “medicina transgender”, vedere qui) e caratterizzato dalla definizione dei minori non conformi agli stereotipi di genere come “bambini transgender”, e lo sostituiscono con una visione olistica dello sviluppo dell’identità nei bambini e negli adolescenti.
Si riconosce anche che molti adolescenti disforici soffrono di malattie mentali e difficoltà neurocognitive che “rendono difficile prevedere il corso dello sviluppo della loro identità di genere”.
Articolo integrale qui.
Traduzione di Maria Celeste.
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