Come si può vedere dal rapporto riportato in fondo a questo post, il 2,9% dei morti con covid non riportava alcuna patologia. Questo significa che il 2,9% dei decessi con covid ha riguardato soggetti sani, mentre il restante 97,1% dei deceduti con covid era già affetto da almeno una patologia grave e i 2/3 erano già affetti da 3 o più patologie gravi. Il virus in quel 97,1% è presumibile che abbia accelerato o aggravato un quadro già compromesso. Questo significa che il virus ha interessato soprattutto soggetti anziani e, ancor di più, con patologie o pluripatologie. I giovani (sotto i 30 anni) sono interessati solamente per lo 0,08%. Poichè però ha imperversato il protocollo “tachipirina e vigile attesa”, ci si può chiedere quante persone di quel 2,9% avrebbero potuto essere salvate? Quanto quel 2,9%, comunque notevole, avrebbe potuto essere ridotto? Tale ragionamento vale ancora di più per il restante 97,1% affetto da patologie e pluripatologie. Queste ultime persone avrebbero dovuto essere tutelate da subito e curate il prima possibile. Il protocollo “tachipirina e vigile attesa”, invece, ha dilatato i tempi, fatto perdere una occasione importante per aiuto e aumentato il rischio. I dati dell’Istituto Superiore della Sanità chiamano dunque in causa la gestione della pandemia da parte delle competenti autorità.
Di seguito riporto anche la riflessionedi Eugenio Capozzi, docente di Storia contemporanea:
Non c’è nulla di nuovo o di sconvolgente nel nuovo rapporto ISS sulle caratteristiche dei pazienti deceduti di (o meglio con) Covid.
Non è una novità il fatto che la quasi totalità dei morti classificati come Covid fossero già ammalati di altre gravi patologie (nel 67% dei casi almeno tre) e che la loro età media sia di più di 80 anni. Nei rapporti dei mesi scorsi questi dati erano già chiaramente evidenziati. Come pure era evidenziato il fatto che al di sotto dei 50 anni di età i decessi sono stati quasi inesistenti, e quei pochissimi quasi sempre di persone dalla salute già irrimediabilmente pregiudicata.
E allora perché oggi questo rapporto fa tanto scalpore? Forse perché siamo talmente stati inghiottiti dal meccanismo infernale della paranoia covidista, abilmente attizzato di continuo da politica e media monomaniaci, da rimanere quasi increduli quando una notizia ci riporta improvvisamente alla realtà, diradando per un attimo i fumi densi della disinformazione e della propaganda.
In un attimo, come un lampo, a molti appare chiaro cosa è successo in questi quasi due anni: ma lo dimenticheranno subito, sommersi dallo tsunami delle fake news ufficiali, della colpevolizzazione, del terrorismo pandemico, della demonizzazione del libero dibattito. Continueremo a ricordarlo solo noi che questa realtà la abbiamo chiara in mente da parecchio tempo e gridiamo inutilmente nel deserto.
Come si è trasformato un brutto virus influenzale rischioso per anziani e cagionevoli nella presunta peste nera del XXI secolo, pretesto per ogni sorta di restrizioni delle libertà a tempo praticamente indefinito?
Non curando gli anziani, non facendoli visitare dai medici di base, abbandonandoli a casa alla Tachipirina e alla vigile attesa, ospedalizzandoli disordinatamente. Segregando intere popolazioni nelle case, dove familiari e conviventi si sono contagiati a vicenda e hanno contagiato i fragili.
A quel punto il gioco era fatto: il circolo vizioso tra psicosi e richiesta di protezione da una parte, straripamento biopolitico del potere dall’altra si era innescato, e ha consentito, consente di perpetrare impunemente qualsiasi abuso che fino a due anni fa nei paesi occidentali sarebbe stato respinto con sdegno.
Il potere governativo reso ormai insindacabile e sottratto cronicamente ai limiti e controlli delle democrazie costituzionali, invece di promuovere le molte cure efficaci esistenti, integrabili con vaccini come si fa per l’influenza, alle minoranze a rischio, ha “drogato” l’immaginazione delle masse con la promessa illusoria di vaccini salvifici per tutti che avrebbero cancellato il virus (cosa mai successa in passato con agenti patogeni della stessa specie), e ha spinto con ogni mezzo – in Italia con la minaccia, la forza, il ricatto – alla vaccinazione totale e indiscriminata.
In tal modo esso ha impedito la formazione di una duratura e salda immunità naturale attraverso la circolazione del virus nelle fasce giovani, sostituendola con una immunità artificiale parziale, incerta e temporanea, ed esponendo inutilmente quei giovani a effetti avversi anche gravi, statisticamente molto più probabili di forme gravi del virus praticamente assenti.
E così lo spauracchio dell’apocalisse pandemica è diventato una profezia che si auto-avvera, una domanda con risposta incorporata, che rimanda sempre allo stesso esito: l’emergenza che diventa stato di eccezione permanente, la pandemia come stato mentale, alieno da qualsiasi ragionamento, tutto concentrato sulla ricerca di capri espiatori.
Si continua a seminare il terrore per ogni crescita di “contagi”, anche se nel 95% e più dei casi sono clinicamente irrilevanti; e le morti fisiologiche in ogni società, in particolare nelle molto anziane società dei paesi industrializzati, per complicazioni respiratorie, pur essendo da quasi un anno ovunque sotto la media, vengono regolarmente addebitate al Covid per tenere alto il livello di allarme diffuso.
I nuovi virus stagionali vengono additati come terribili “varianti”, contro cui i vaccini sono al tempo stesso necessari e insufficienti: in questo modo aprendo la porta alla costante spada di Damocle di nuovi lockdown, alla ventilata necessità di richiami vaccinali senza fine, a misure come l’obbrobbrioso lasciapassare sanitario, che trasforma i diritti fondamentali dei cittadini in concessioni arbitrariamente regolabili e revocabili da parte del governo.
Come si torna indietro da questa mistificazione? Solo risalendo alla sua origine, smontandola dalle fondamenta marce, rifiutando ogni compromesso con la narrazione del terrore, della colpevolizzazione, del ricatto sociale. Solo ribadendo che il problema sono quei soggetti fragili, che su di essi bisogna concentrare l’azione di terapie e vaccini; e che il resto della società non può rimanere prigioniera, non può essere tenuta in ostaggio. Che l’emergenza, come i popoli più avveduti hanno già deciso, è finita da tempo, e non ci devono essere scuse per imporla a vantaggio di chi ci specula.
È un dovere per chi continua, nonostante tutto, a ragionare freddamente non cedere mai di fronte all’aggressione continua degli indemoniati o degli imbroglioni contro le verità evidenti, e riproporle sempre alla pubblica attenzione, cocciutamente. È logorante, è sfiancante, ma qualcuno deve farlo.
Sabino Paciolla è nato a Noicattaro (Ba) nel 1963. Si è laureato con lode presso la Facoltà di Economia e Commercio dell'Università degli studi di Bari, corso di laurea in Scienze statistiche ed economiche. Ha conseguito un Master in Corporate and Investment Banking presso la SDA Bocconi. Attualmente lavora presso …... Cultore di materie economiche e finanziarie, segue con attenzione l’andamento dell’economia, dei mercati finanziari e delle politiche monetarie delle Banche centrali. Segue anche il panorama culturale e politico attuale. Sposato, con quattro figli.
Alfredo+Grande 26 Ottobre 2021 al 20:18 - Rispondi
Comunicato Stampa N°55/2021 – Precisazioni sul report decessi
In relazione a quanto riportato da diversi media riguardo ai dati contenuti nel report sulle caratteristiche dei pazienti deceduti positivi a SARS-CoV-2 in Italia pubblicato lo scorso 19 ottobre, ed al fine di promuovere una loro appropriata interpretazione si ritiene utile precisare che: • Nel rapporto non è affermato che solo il 2,9% dei decessi attribuiti al Covid-19 è dovuto al virus. La percentuale del 2.9%, peraltro riportata anche nelle edizioni precedenti, si riferisce alla percentuale di pazienti deceduti con positività per SARS-CoV-2 che non avevano altre patologie diagnosticate prima dell’infezione. La cifra peraltro è confermata dall’osservazione fatta fin dalle prime fasi della pandemia e ampiamente riportata in diversi studi nazionali e internazionali e rapporti anche dall’Iss, che avere patologie preesistenti (? Concomitanti) costituisce un fattore di rischio. • I rapporti congiunti ISTAT-ISS stilati sulla base dei certificati di morte riportano come COVID-19 sia la causa direttamente responsabile della morte nell’89% dei decessi di persone positive al test SARS-CoV-2 • Indipendentemente dal COVID 19, si sottolinea che la presenza di patologie croniche nella popolazione anziana è molto comune. Un recente rapporto dell’Istat indica che solo il 15% della popolazione anziana non soffrirebbe di patologie croniche e che circa il 52% soffrirebbe di 3 o più patologie croniche. In considerazione del fatto che le patologie croniche rappresentano un fattore di rischio per decesso da COVID-19 e che queste sono molto comuni nella popolazione generale, non deve sorprendere l’alta frequenza di queste condizioni nella popolazione deceduta SARS-CoV-2 positiva. • Non è inoltre corretto, altresì, affermare che le patologie riscontrate nei deceduti SARS-CoV-2 positivi avrebbero comunque portato a decesso “in tempi brevi”. La concomitanza di più patologie croniche nella stessa persona costituisce di per sé elemento di fragilità in genere compensato con appropriate terapie: il contrarre una infezione come SARS-CoV-2 si traduce in un aumentato rischio di complicanze e di morte. Sin dall’inizio della pandemia infatti, è stato censito un eccesso di mortalità nella popolazione, cioè un numero di deceduti superiore a quello degli anni precedenti, le cui stime sono periodicamente riportate nel rapporto congiunto Iss-Istat. Si precisa che le patologie pre-esistenti riportate nel report, finalizzato alla caratterizzazione delle caratteristiche dei deceduti, vengono valutate da un gruppo di medici dell’ISS attraverso la revisione di un campione di cartelle cliniche ospedaliere inviate ad ISS dalle regioni e Province Autonome, e le patologie preesistenti riscontrate più frequentemente nei deceduti SARS-CoV-2 positivi sono riportate nella tabella 1 del report. Le più rappresentate sono ipertensione, diabete di tipo 2 e demenza, patologie molto frequenti nella popolazione.
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Comunicato Stampa N°55/2021 – Precisazioni sul report decessi
In relazione a quanto riportato da diversi media riguardo ai dati contenuti nel report sulle caratteristiche dei pazienti deceduti positivi a SARS-CoV-2 in Italia pubblicato lo scorso 19 ottobre, ed al fine di promuovere una loro appropriata interpretazione si ritiene utile precisare che:
• Nel rapporto non è affermato che solo il 2,9% dei decessi attribuiti al Covid-19 è dovuto al virus. La percentuale del 2.9%, peraltro riportata anche nelle edizioni precedenti, si riferisce alla percentuale di pazienti deceduti con positività per SARS-CoV-2 che non avevano altre patologie diagnosticate prima dell’infezione. La cifra peraltro è confermata dall’osservazione fatta fin dalle prime fasi della pandemia e ampiamente riportata in diversi studi nazionali e internazionali e rapporti anche dall’Iss, che avere patologie preesistenti (? Concomitanti) costituisce un fattore di rischio.
• I rapporti congiunti ISTAT-ISS stilati sulla base dei certificati di morte riportano come COVID-19 sia la causa direttamente responsabile della morte nell’89% dei decessi di persone positive al test SARS-CoV-2
• Indipendentemente dal COVID 19, si sottolinea che la presenza di patologie croniche nella popolazione anziana è molto comune. Un recente rapporto dell’Istat indica che solo il 15% della popolazione anziana non soffrirebbe di patologie croniche e che circa il 52% soffrirebbe di 3 o più patologie croniche. In considerazione del fatto che le patologie croniche rappresentano un fattore di rischio per decesso da COVID-19 e che queste sono molto comuni nella popolazione generale, non deve sorprendere l’alta frequenza di queste condizioni nella popolazione deceduta SARS-CoV-2 positiva.
• Non è inoltre corretto, altresì, affermare che le patologie riscontrate nei deceduti SARS-CoV-2 positivi avrebbero comunque portato a decesso “in tempi brevi”. La concomitanza di più patologie croniche nella stessa persona costituisce di per sé elemento di fragilità in genere compensato con appropriate terapie: il contrarre una infezione come SARS-CoV-2 si traduce in un aumentato rischio di complicanze e di morte. Sin dall’inizio della pandemia infatti, è stato censito un eccesso di mortalità nella popolazione, cioè un numero di deceduti superiore a quello degli anni precedenti, le cui stime sono periodicamente riportate nel rapporto congiunto Iss-Istat. Si precisa che le patologie pre-esistenti riportate nel report, finalizzato alla caratterizzazione delle caratteristiche dei deceduti, vengono valutate da un gruppo di medici dell’ISS attraverso la revisione di un campione di cartelle cliniche ospedaliere inviate ad ISS dalle regioni e Province Autonome, e le patologie preesistenti riscontrate più frequentemente nei deceduti SARS-CoV-2 positivi sono riportate nella tabella 1 del report. Le più rappresentate sono ipertensione, diabete di tipo 2 e demenza, patologie molto frequenti nella popolazione.
https://www.iss.it/comunicati-stampa/-/asset_publisher/fjTKmjJgSgdK/content/id/5868665