Romano Guardini, teologo

 

 

di Alberto Strumia

 

Quando si vive in un tempo di smarrimento della fede – anzi di vera e propria “apostasia” – e di perdita della ragione, come quello attuale, al punto che non si è più capaci di “vedere” e “giudicare”, al di là della superficie “sociologica” e “materiale”, quanto sta accadendo, occorre farsi aiutare da coloro che immediatamente prima di noi hanno “visto lontano”, come dei “profeti” a noi quasi contemporanei. Profeta di Cristo è chi giudica con il “criterio di giudizio” di Dio e parla per Suo mandato, per insegnare al popolo ad imparare a fare altrettanto. E oggi, più che mai, in questi anni dal colore apocalittico, abbiamo bisogno di un tale magistero.

In questi ultimi mesi abbiamo toccato con mano che cosa sia il “potere” esercitato sulla società, e negli ultimi anni anche nella Chiesa. Quando il “potere” che pure è necessario, se usato secondo ragione e nel rispetto della fede, finisce per autogiustificarsi rivestendosi di “ideologia” – culturale-politica, o religiosa che sia – esso finisce per distruggere la democrazia nella vita civile tramutandola in dittatura, e distruggere la comunione ecclesiale tramutandola in rivalità travestita ipocritamente di una carità apparente e quindi falsa.

Romano Guardini, in un testo del 1950 descrive la degenerazione del “potere” alla quale si sarebbe arrivati. E oggi siamo arrivati a ciò che egli presentiva.

Nel saggio intitolato proprio Il potere, del quale riporto un passo, egli ci aiuta a capire il nostro momento storico. In un secondo testo, tratto dalla nona delle Lettere dal lago di Como (pubblicate ancor prima nel 1927) ci dice come, in positivo, si possa e si debba vivere con preservata fede e ragione, oggi, la speranza cristiana. Fede, speranza e carità si rinsaldano nell’unità della persona di ciascuno di noi, quando ci poniamo dinanzi a Cristo assumendolo, come l’autore ha saputo fare, come “criterio di giudizio” di ogni cosa («Esaminate ogni cosa, tenete ciò che vale», 2Tess, 5,21) e come “centro affettivo” della nostra esistenza («Abbiate in voi gli stessi sentimenti di Cristo Gesù», Fil2,5).

Ho inserito in parentesi quadra, di tanto in tanto, qualche mia breve annotazione per aiutare l’applicazione del testo ai nostri giorni.

Primo testo – Una “diagnosi” della situazione alla luce della ragione e della fede

«Ogni epoca storica si svolge entro tutta l’ampiezza della vita umana e può quindi definirsi a partire da ogni settore di essa. Tuttavia, lungo il corso della storia, ora l’uno ora l’altro elemento dell’esistenza acquista un particolare significato.

– L’Antichità si è sforzata di scoprire l’immagine dell’uomo armonico e dell’opera nobile e ne è risultato ciò che esprimiamo con il concetto di classicità.

– Il Medio Evo ha un acuto sentimento del rapporto con Dio trascendente, ed è di qui, che si desta lo slancio vigoroso dei giovani popoli occidentali. Dall’altezza conquistata al di sopra del mondo, la volontà cerca di riplasmare interamente quello stesso mondo e ne risulta quel particolare incontro di fervore e di precisione architettonica che caratterizza la rappresentazione medioevale dell’esistenza.

– L’Età moderna, infine, si volge verso il mondo con un realismo intellettuale e tecnico sinora sconosciuto. L’immagine che essa si fa del mondo si esprime nel potere sulla natura. Con l’indagine, la programmazione, l’efficienza tecnica, in un processo sempre più accelerato l’uomo si fa padrone delle cose.

L’epoca moderna è sostanzialmente giunta al proprio termine [dopo diversi decenni dal tempo nel quale visse l’autore, oggi siamo ormai anche alla fine dell’epoca postmoderna e stiamo entrando nel tempo del “regime globale” del Nuovo ordine mondiale massonico-finanziario]. La catena di reazioni che essa ha provocato si prolunga ancora, poiché evidentemente le epoche storiche non si contraddistinguono così come le singole fasi di una indagine scientifica; mentre un’epoca domina, già si prepara la successiva, e quella che l’ha preceduta esercita ancora a lungo il suo influsso [oggi, però, l’influsso del cristianesimo cattolico è praticamente finito perché, ormai, anche nei vertici della Chiesa cattolica, è entrata un’ideologia del potere che ne snatura le “parole” e le “opere”. Rimane un residuo del popolo cristiano, un “resto” nel quale la “sana” fede in Cristo è ancora custodita come in un tabernacolo, tra gli squilibri degli eccessi che alterano tutto, da un lato, nell’illusione di “migliorare”, e degli eccessi opposti che imbalsamano tutto, dall’altro, nell’illusione di “preservare”].

Nel Sud dell’Europa si trovano ancora oggi vitali elementi classici, e in molti luoghi si incontrano forti correnti medioevali [ormai sempre meno visibili se non come “reperti” negli edifici antichi e nell’arte ancora custodita nei musei]. E nell’epoca che sentiamo avanzare da ogni parte e a cui non possiamo ancora dare un nome, l’età moderna giunge alle sue ultime conseguenze, sebbene ciò che di questa età moderna rappresenta l’essenza, non determini più l’autentico carattere della pagina della storia che sta per aprirsi.

La potenza dell’uomo è andata aumentando irresistibilmente e si può dire che solo ora essa entra nella sua fase critica [fase che nel nostro tempo è molto avanzata]. Eppure, nel nostro tempo, non si aspira più in modo essenziale ad un aumento del potere in se stesso. L’età moderna aveva accolto come assoluta vittoria ogni aumento della potenza scientifica e tecnica; le sue conquiste le erano senz’altro apparse, come un progresso verso realizzazioni più decise e verso una ricchezza di più elevati valori dell’esistenza. Ma la certezza di questa convinzione è scossa: proprio qui si rivela l’inizio dell’epoca nuova. Non pensiamo più che aumento di potere sia sinonimo di elevazione dei valori della vita. Il potere ci appare problematico nella sua essenza e non soltanto nel senso della critica culturale che si è esercitata lungo tutto il secolo XIX contro l’imperante ottimismo e si è accentuata verso la fine del secolo. Nella coscienza comune si fa strada il sentimento che il nostro rapporto con il potere è errato; anzi che questo potere in aumento è una minaccia per noi [«L’uomo, pertanto, vive sempre più nella paura. Egli teme che i suoi prodotti, naturalmente non tutti e non nella maggior parte, ma alcuni e proprio quelli che contengono una speciale porzione della sua genialità e della sua iniziativa, possano essere rivolti in modo radicale contro lui stesso; teme che possano diventare mezzi e strumenti di una inimmaginabile autodistruzione»,Giovanni Paolo II, Rdemptor hominis, n. 15].

E la minaccia ha trovato nella bomba atomica [oggi siamo andati ancora più in là con le manipolazioni genetiche, biologiche, psicologiche e spirituali delle persone e delle culture, con la dittatura del potere della paura da virus, e la manipolazione del cristianesimo stesso] quella espressione che colpisce la fantasia e il sentimento di tutti, divenendo simbolo di un qualche cosa di estremamente importante.

L’epoca futura, in definitiva, non dovrà affrontare il problema dell’aumento del potere, anche se esso aumenta continuamente e a ritmo sempre più accelerato, ma quello del suo dominio. Il senso centrale di questa epoca sarà il dovere di ordinare il potere in modo che l’uomo, facendone uso, possa rimanere uomo [«questo progresso, il cui autore e fautore è l’uomo, rende la vita umana sulla terra, in ogni suo aspetto, «più umana»?, Ibidem].

L’uomo dovrà risolversi ad essere forte come uomo, quanto il suo potere è grande come potere, ovvero soccomberà al suo stesso potere, e rovinerà [e oggi, dobbiamo dolorosamente constatare che sta prevalendo la seconda alternativa: quella che porta alla rovina dell’uomo e della civiltà]. L’avanzare della nuova epoca si rivela già nel fatto che si possa parlare di una tale risoluzione, senza avere l’aria di costruire utopie o di moralizzare; nel fatto che ciò esprime un sentimento che in tutti, più o meno, chiaramente si annuncia [come disorientamento, come paura, come senso di impotenza; o come ottusa indifferenza e peggio ancora come opportunistica complicità. E oggi ci sentiamo abbandonati anche dalla Chiesa… «Deserto e vuoto. Deserto e vuoto. E le tenebre sopra la faccia dell’abisso. È la Chiesa che ha abbandonato l’umanità o è l’umanità che ha abbandonato la Chiesa? Quando la Chiesa non è più considerata, e neanche contrastata, e gli uomini hanno dimenticato tutti gli dèi, salvo l’Usura, la Lussuria e il Potere», T.S. Eliot, I cori della rocca, Rizzoli, Milano, 1994]».

(R. Guardini, “Il Potere” in La fine dell’epoca moderna. Il potere, Morcelliana, Brescia 1954/1999, pp. 113-115)

Secondo testo – Una “terapia” per vivere con speranza la fede oggi

«Sento che avverrà una penetrazione in profondità. L’uomo d’oggi non è più quello del diciannovesimo secolo [e neppure quello del ventesimo]; quell’uomo che, sicuro di sé, si muoveva con arroganza nella sfera della realtà fisica e di quella psichica. Si ha l’impressione che si sia aperta [per chi non accetta la situazione con superficiale e ottuso opportunismo, o disperato senso di rinuncia] una dimensione interiore che attiri a sé l’uomo. C’è una nostalgia che ci sospinge verso l’interiore, verso la quiete; una volontà di trarsi dalla mischia e di entrare nel raccoglimento [qualcuno parla anche di un’“opzione Benedetto” come possibile via d’uscita]. Ma in un raccoglimento che non neghi l’essere e l’agire della vita che ci attornia, ma sia nel cuore di questa. Noi intuiamo delle possibilità di questa. Noi intuiamo delle possibilità di concentrarci, di interiorizzarci nel quotidiano, nella vita tale e quale è oggi. Credo che riconosceremo che la tecnica, l’industria, la politica stessa hanno bisogno di quiete e di fervore per adempiere al loro compito. Chi vive in questo modo ha bisogno dell’arte di trovare in se stesso e in qualcosa  di più profondo di se stesso un punto d’appoggio da dove partire per afferrare questo mondo. E per quanto poco sicuro il nostro tempo possa essere, per quanto scettico, inquieto, orfano, credo che vi siano oggi uomini, e non pochi [un “resto” invisibile e comunque non moltissimi, dal momento che Dio lavora attraverso piccoli gruppi perché gli uomini non credano di essere loro, da soli, i salvatori del mondo: «Il Signore disse a Gedeone: “La gente che è con te è troppo numerosa, perché io metta Madian nelle sue mani; Israele potrebbe vantarsi dinanzi a me e dire: La mia mano mi ha salvato”», Gdc 7,2)], che stanno immediatamente davanti a Dio. Un’onda proveniente da Dio si frange contro il limite che è nel più profondo di noi stessi, limite al di là del quale è tutto ciò che è “altro”. È possibile che uomini parlino e commercino tra loro, che si compiano destini, senza che di Dio sia stata detta una sola parola: eppure tutto è ripieno di Lui [e Dio lo fa vedere, quasi ironicamente, proprio nel mondo e nella Chiesa di oggi, con la santità dei bambini, dei ragazzi giovanissimi, come il Beato Carlo Acutis, proclamato sabato 10 ottobre]. Là si deciderà in ultima istanza la questione che ci è stata posta. Se ci sia possibile elevarci fino a Dio col più profondo del nostro essere, giungere fino a Lui e, appoggiandoci a Lui, alla Sua libertà e alla Sua potenza, renderci padroni del caos; questa sarà la decisione: e anche se si trovino degli uomini che si mettano interamente a disposizione di Dio e, in solitudine, con Lui e davanti a Lui prendano le decisioni che veramente contano…

Ho l’impressione di sentire tutte queste forze in azione. Una prodigiosa ascesa… un intimo “aprirsi”… un urgere di forme dovunque.

Mio caro, ciò che ho scritto in questa lettera è scialbo rispetto alla questione posta nelle altre. In fondo, non ho più altro da dire, se non che credo, dal più profondo del cuore, che Dio è all’opera. La storia, partita dalle sue profondità, è in marcia e noi dobbiamo essere pronti, confidando in ciò che Egli fa, nelle forze che Egli ha immesse in noi e di cui sentiamo il fremito».

(R. Guardini, Lettere dal Lago di Como. La tecnica e l’uomo, Morcelliana, Brescia 1993, pp. 110-111)

 

Alberto Strumia, sacerdote, teologo, già docente ordinario di fisica-matematica presso le università di Bologna e Bari. Responsabile del sito albertostrumia.it.

 

 

 

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