tenebre

 

 

di Pierluigi Pavone

 

Siamo passati dalle “tenebre del peccato” alle “tenebre degli slogan”: il peccato è restato, ma gli slogan (proprio quelli cattolici) hanno contribuito a farne perdere tracce e coscienza, perché sono diventati l’alibi di una contro-informazione e anti-formazione. Di una manciata di sterili idee o aforismi.

Non è stata mai smentita la tesi di J. Habermas, circa il fatto che “il contatto con la cultura affina, mentre il consumo della cultura di massa non lascia traccia: il tipo di esperienza che ne risulta è regressivo, non cumulativo” (Storia e critica dell’opinione pubblica). Ma non possiamo ridurre la militanza cattolica al social-consumismo…

La cosiddetta “cultura di massa” è, fondamentalmente, il miraggio negativo della cultura vera e propria. È l’opinione inconsistente che la moda (per scopi immediati) o poteri occulti (per scopi più duraturi e profondi) hanno reso pubblicamente manifeste e quindi sono divenute, per istinto spesso irrazionale, maggioritarie. Perché la maggioranza democratica è spesso un aereo dirottato da terroristi della menzogna e della sofistica. Il potere  di questo mondo – che è un potere di tenebra – si nutre da sempre di ciò.

Durante gli anni della Guerra Fredda, la società borghese veniva criticata da intellettuali di sinistra come società consumistica che educava l’uomo qualunque a diventare il perfetto fruitore di servizi, l’acquirente illimitato di prodotti, la cavia della manipolazione mediatica e pubblicitaria. Ma lì la questione era ancora sul mero prodotto da scaffale. E quella sinistra è oggi diventata radical chic e totalmente asservita – dove non promotrice – all’ideologia egualitarista dell’indifferenziazione di massa. Si è passati, oggi, al prodotto mentale. La massa è l’acquirente a basso prezzo di opinioni alla moda. E il socialismo ha dato il meglio di sé, parimenti a certo liberalismo anarchico e nichilista.

Il fatto che cantanti o attori si facciano servili promotori di pseudo-diritti e leggi liberticide è sia la dimostrazione della mediocratizzazione di massa (i cui onorevoli rappresentanti sono in diversi seggi parlamentari, democraticamente eletti da suddetta massa informe), sia il bisogno di “servirsi” di mezzi popolari per induzione coatta ad aderire ad opinioni minoritarie ma “pubblicamente note e di moda”.

La risposta cattolica non può ridursi ad un contro-slogan: populismo contro populismo, mediocrità contro mediocrità.  Non può essere una contro-tenebra. Deve essere vera luce di formazione.

La formazione cattolica non è né una iniziazione mistica, né un gulag di ideologie, né una sterile sapienza di vanagloria. La formazione è conoscenza virtuosa di Colui che si dice di amare e a cui si dice di credere. Nessuno può amare ciò che non conosce, anche se può continuare a dire a se stesso ciò che meglio crede e agli altri qualche slogan ad effetto, spacciato come “testimonianza militante”. 

Il cuore del Cristianesimo è la Parola (più correttamente, il Logos) incarnata. E il fine della Incarnazione non è il messaggio. La buona novella non racconta un messaggio, racconta un fatto materiale, un Corpo risuscitato. Il messaggio arriva dopo, arriva perché è Risorto. Ed è l’annuncio di questa realtà: quel Gesù è la seconda Persona della Trinità che è morta contro le tenebre del mondo, a causa delle tenebre, quando il mondo gli ha preferito le tenebre. E questo la dice lunga sul senso delle tenebre.

La Scrittura riconosce da sempre nelle “tenebre” non la sostanza di una energia opposta al bene (come nella complementarietà orientale tra yin e yang). Dio per essenza è Bene e il male esiste, nell’ordine gerarchico della creazione, solo come diversa partecipazione al Bene. La filosofia adotta l’espressione privatio boni. Certo, Dio non ha solo creato una gerarchia di enti. L’ordine creazionistico è stato anche un ordine morale. Alcune creature, cioè, sono esseri viventi, intelligenti  e liberi, come gli angeli e l’uomo. Dalle loro scelte è dipeso il male morale e il male fisico. Ed ecco le tenebre del peccato, il giogo di cui parla Isaia. Per Isaia 9, infatti, quel “popolo che camminava nelle tenebre” gioisce perché il giogo che gli pesava e la sbarra sulle sue spalle, il bastone del suo aguzzino è stato spezzato. E la Rivelazione mostra che è stato spezzato, col sangue della Croce. La Rivelazione mostra perfettamente queste tenebre. Rivela all’uomo il grado delle tenebre di cui lui stesso è responsabile colpevole. E mostra quanto l’uomo non sia così propenso a ripudiarle, pur se ha davanti il medico che gratuitamente offre la cura salvifica. La Luce di Cristo viene rifiutata non perché non capita. Al contrario, proprio perché è Verità evidente, il mondo preferisce la menzogna.

La menzogna si nutre di ambiguità e ombre di sapere. Eppure, la menzogna può essere diagnosticata, ma non può essere diagnosticata dagli slogan e con gli slogan… Come la malattia ha bisogno di vera diagnosi medica e effettiva cura, così è possibile analizzare la menzogna, con la formazione, perché poi liberamente ognuno possa attingere ai Sacramenti della Chiesa (unico strumento di salvezza e redenzione).

 

 

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