il-padrino

 

 

di Giovanna Ognibeni

 

Nel mio casellario mentale, a distanza di due anni, si sono inserite due notizie accomunate dalle parole “emergenza” e soprattutto “assessore”. La prima riguardava il divieto di “sforare” il lock down anche ai solitari runners, la seconda, di questi giorni, il divieto di innaffiare balconi e giardini. Altro elemento comune, ed assolutamente non trascurabile, i divieti venivano giustificati a posteriori non per delle effettive necessità, solo per tener ben desto nella gente il sentimento dell’urgenza indifferibile e della necessità di rispondere con assunzioni di responsabilità. In qualche modo, la riedizione laica dei mitici “fioretti” di cattolica memoria, vale a dire rinunci a qualcosa non perché costrettovi, ma per libera scelta, per offrire un gesto di rinuncia allora a Dio o alla Vergine, ora alle Istituzioni.

Dal momento che non ho modo (né tempo, né voglia) di controllare nei dettagli le notizie, riportate comunque da più fonti, preferisco svolgere le mie riflessioni in forma di apologo, alla Menenio Agrippa. Per chi come me abbia tradotto troppe versioni dal e in latino, si è instaurato una specie di riflesso pavloviano e alla parola “apologo” scatta inevitabile l’accostamento alla figura di Menenio Agrippa; per i tanti, tipo i miei figli, che non hanno idea di chi fosse, poco importa: basti sapere che era un tizio dell’antica Roma che apologava a tutta randa.

La prenderò a media distanza: generazione su generazione tutti hanno dovuto subire nella loro adolescenza le prediche di mamma e papà, magari dei nonni e per i più sfortunati anche di qualche zia. Naturalmente ciò non riguarda l’ultima generazione, la Generazione Z, quella degli anni 2000, quella i cui genitori, se predicano, sui social preferibilmente, è solo per dire quanto sono commossi e fieri, ancor meglio proud, di avere l’onore di avere figli così unici e speciali.

Ma le generazioni precedenti, tutte, hanno dovuto passare sotto le Forche Caudine delle prediche parentali ed ogni manuale di psichiatria vi dirà che un bambino predicozzato diventerà un adulto predicozzatore; può partecipare quanto vuole alle riunioni dei Predicozzatori Anonimi, prima o poi basterà un momento di allentamento dell’autocontrollo, una provocazione di troppo, e la predica come da una diga rotta si rovescerà incontenibile nella sua violenza a lungo compressa.

Poi, con gli anni, fai pace con i tuoi genitori e con te stesso ma ecco che d’improvviso devi subire le prediche, i fervorini, le ramanzine, le esortazioni delle Istituzioni.  

Quando ero piccola e recitavo l’Angelo di Dio, mi giravo sulla destra perché ben sapevo che la postazione dell’Angelo Custode è rigorosamente a destra del suo assistito. Bambinate. Ma che cosa sono queste Istituzioni, di collocazione incerta, tra Troni e Dominazioni o tra Principati e Potestà?  

Parlano, ammoniscono, sanzionano per bocca di Assessori sciamani, perché, badate bene, non è l’assessore Mario Rossi, perito agrario, commerciante d’auto usate, ingegnere navale o persino professore di lettere in pensione, a sparare delle sesquidiozie ma è l’Istituzione che ci parla e soprattutto ci educa.

Incurante però di quanto dice da almeno cinquant’anni ogni buon manuale di psichiatria (lo stesso di cui sopra) cioè che non bisogna, non serve e non è bello educare i bambini con la paura (arriva l’uomo nero!), l’Istituzione ci mette in corpo una sana paura, se non altro della multa di 500 euro, perché come discoli non sappiamo cos’è il nostro bene. Ci dà degli esempi. Ecché…diamine.

Allora, perché non provare una reazione? Probabilmente non servirà, ma certamente neppure serve il supino accettare ogni ridicola e dissennata imposizione, perciò perché non pensare ad una class action, o visto che non è ancora molto praticata e praticabile nel nostro Paese una serie di cause per danni individuali: perché danni ne procurano questi assessori, presidenti, segretari, ché pare di essere nella burocrazia zarista, a) economici, perché c’è chi ha speso per comprare fiori, e probabilmente la prossima estate non andrà più dal vivaista, b) di salute, c) di benessere esistenziale.

Ed allora, vediamo di indurre in loro l’idea che un giorno o l’altro magari possano essere chiamati a rispondere dei loro atti.

Perché se qualcuno obbliga o proibisce di fare qualcosa senza che vi sia una ragione scientifica valida e cogente o un dato di fatto che giustifichi tali imposizioni, siamo di fronte ad una vessazione; che poi rivesta la forma giuridica di estorsione, concussione, truffa o che altro, lo decidano gli esperti.

Poi c’è anche la dimensione scherzosa onirica che nasce dai confusi, sovreccitati sogni ad occhi aperti di queste febbrili notti di caldo opprimente che inducono a velleità di rivalsa, simili un po’ ai sentimenti che nascono a posteriori verso un sopruso e che prendono forma dell’avrei potuto… avrei dovuto.

Perciò è doverosa la raccomandazione di non farlo a casa ed anche ribadire la natura di apologo di questi pensieri.

Insomma mi piacerebbe vedermi  acquistare una pistola, dirigermi a casa di qualche abbiente, preferibilmente un assessore il cui cane abbia messo da parte dei soldi nella cuccia, mettergli l’arma sul tavolo e chiedergli un’offerta che non possa rifiutare. Poi potrei sempre dire al magistrato di turno, perché ci finirei a razzo, che non avevo alcuna intenzione di commettere una rapina ma che la pistola serviva solo a far capire all’altro tutta l’urgenza che ho di ottenere una generosa sovvenzione.

Perché già Sant’Agostino diceva che “Se non è rispettata la giustizia che cosa sono gli Stati se non delle grandi bande di ladri?” (da De Civitate Dei, Libro IV, 4)

Quanti spunti per le prediche domenicali.

 


 

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