Benedetto XVI visitato da Papa Francesco Concistoro Basilica di San Pietro 2018.06.28 CPF- Vatican Media

Benedetto XVI visitato da Papa Francesco Concistoro Basilica di San Pietro 2018.06.28 CPF – Vatican Media

 

 

di Giuliano Di Renzo

 

Da una prima considerazione della biografia appena uscita del Papa Emerito Benedetto XVI appare chiaro la violenza morale che subì e accettò per il bene della Chiesa. Sembra trovarsi lo snodo dell’umiliazione dolorosa con la quale s’intese infliggere al Papa e affliggere la Chiesa.

Seguendo Gesù Buon Pastore, al fine di parare la Chiesa dai gravi danni che Le si minacciavano, preferì offrire al Signore il sacrificio di se stesso, e con eroismo liberamente accettato scelse di ritirarsi nel silenzio e curare le piaghe dello spirito nella preghiera.

Forse se riflettessimo ora un poco su tutto questo capiremmo meglio le parole con le quali diede le dimissioni e manifestò in pari tempo il proposito di continuare in qualche modo, senza esercitarlo attivamente, nel ministero di Pietro al quale il Signore l’aveva chiamato.

Invece di arzigogolare ancora di quello che non c’è, inutilmente, ci troveremmo davanti a una situazione molto chiara del mistero e del modo di quella rinuncia che si manifesta in modo chiaro e più drammatico, e scopriremmo il mistero della Croce con la quale il Signore sta assistendo la sua Chiesa.

Un dramma semplice e immane, che nella sconfitta di un pastore messo in catene è Chiesa odierna, vinta e vincitrice nel momento stesso del suo sacrificio.

Come in Gesù, che fu morto ed è vivo (Ap 1,17-18), anche la Chiesa lo è, e continua nel mondo il mistero della salvezza a opera dell’amore. La salvezza del mondo e di tutti non è l’odio, la divisione, la sottomissione becera e violenta che tende a umiliare, ma è l’Amore.

Troveremmo qui quello che quel grande maestro, filosofo tomista, studioso di Soeren Kirkegaard, il sacerdote stimmatino friulano Padre Cornelio Fabro, preside della Facoltà di Filosofia dell’Università di Perugia, diceva di aver notato nella vita di ogni Papa, in chi più e in chi meno, una quasi trasformazione nel Christus Patiens man mano che procedeva nel ministero della sua missione. La grazia del pontificato, chiamava questo processo spirituale di dissolvenza della propria immagine in immagine del Cristo.

Processo di impressionante evidenza in San Giovanni Paolo II.

Per cui è vero che una volta che si è Pietro lo spirito rimarrà segnato da quella speciale chiamata a seguire Cristo.

“Simone di Giovanni, mi ami tu più di questi? Certo, Signore, tu lo sai che ti amo. Seguimi” (Gv 21,15-19).

I doni di Dio sono per sempre, sono irrevocabili e senza pentimento (cfr Rom 11,29).

Infatti il “carattere”, la sfraghìs, con il quale la nostra anima viene segnata dai sacramenti del battesimo, della cresima e dell’ordine sacro è indelebile e permane anche in chi disgraziatamente scegliesse come suo definitivo ultimo destino l’inferno.

Un Papa che rimette il suo ministero non sarà mai più il semplice vescovo che fu prima.

Pare che ne fosse consapevole anche Dante. Incontrando in Purgatorio il genovese Papa Adriano V, Fieschi, gli fa dire: “…scias quod ego fui successor Petri («sappi che fui successore di Pietro»)” (Purg. XIX,98-99).

E’ la grazia del Pontificato, il seguimi detto da Gesù a Pietro dopo aver ottenuto da lui la triplice dichiarazione di amore stando sulla rive del lago di Tiberiade dopo la Resurrezione (Gv 21,15-19).

Capiremmo allora la preziosità nascosta di un Papa non più Papa che continua a vigilare per la Chiesa nel sacrificio suo intimo del cuore, nella preghiera e nel silenzio in un monastero, ponendosi come a sostegno del suo immediato successore.

A me pare così. Nessuna contraddizione dunque nel Papa emerito Benedetto e il suo dovere non solo come cattolico, come teologo e come vescovo ma pure come ex Papa.

E forse la sua longevità e vivacità della mente è un segno che il Signore ci dà che il ministero del Papa emerito in soccorso della Chiesa continua.

Per fortuna della Chiesa in tempesta. Il fatto che la sua presenza illumina e rincuora tanti smarriti cattolici e sostiene moralmente il Papa che gli è succeduto è speranza per noi e ammirazione per il modo sottile, delicato e forte della Sapienza divina nel guidare la sua Chiesa, e nel sostenere questa umanità sempre più alla deriva e perduta.

La Sapienza e lo Spirito del Signore percorrono tutte le cose e le conducono fortiter et suaviter (Sap 8,1).

La forza della debolezza e morte di Cristo è la Resurrezione, non futura ma sempre in atto. “Io sono il Vivente e fui morto” (Ap 1,17-18).

Nella Santa Messa c’è il mistero della “Beata Passio” di Cristo, che è morte e resurrezione insieme, Cristo morto e mai morto, che vive “tamquam occisum”, gloria di Dio e fonte per tutti di perdono e di grazia (Ap 5,1-14).

 

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