C’è forse una convergenza tra il Gesù comunista e filantropico e la religione ecologista?

Forse sì. È Marx. È la critica marxista alla religione come oppio dei popoli. Eh già! Proprio i catto-comunisti moderni e gli ambientalisti liceali potrebbero rendere ragione dell’effetto narcotizzante della religione…. 

 

"Day for future" a Milano

“Day for future” a Milano

 

 

di Pierluigi Pavone

 

C’è forse una convergenza tra il Gesù comunista e filantropico e la religione ecologista?

Forse sì. È Marx. È la critica marxista alla religione come oppio dei popoli. Eh già! Proprio i catto-comunisti moderni e gli ambientalisti liceali potrebbero rendere ragione dell’effetto narcotizzante della religione…. 

Tutte le profezie marxiste si sono rivelate false e profondamente erronee. L’attuale vitalità di questa ideologia risiede nell’unico aspetto che ha conosciuto una evoluzione: la critica alla religione. Da un lato, infatti, l’emancipazione religiosa e laicista è stata molto più radicalmente ottenuta all’interno dei sistemi liberali: il liberalismo religioso e l’indifferentismo egualitario hanno ottenuto maggiori risultati, rispetto alla persecuzione diretta dei cristiani. D’altro canto, il capitalismo ha dimostrato una capacità di evolversi, assorbire le proprie contraddizioni, espandere i mercati, educare ad una mentalità di consumo che alimenta il sistema stesso, molto oltre qualsiasi semplicistica, riduttiva e miope profezia marxista. Al contrario, uno dei limiti strutturali del marxismo è stata proprio la rigida staticità e incapacità ideologica di misurarsi con i fenomeni reali della società. Non è un caso che una delle maggiori deficienze economiche del sistema sovietico è infatti rintracciabile proprio in questa caratteristica. A determinare il fallimento assoluto del socialismo reale fu anche l’incapacità e il rifiuto di revisione critica dell’analisi storica, sociale, antropologica, economica che aveva contrassegnato l’ideologia marxista e la rivoluzione bolscevica. Paradossalmente l’unico aspetto che, dalla metà degli anni cinquanta fino alla rivoluzione culturale del 1968 – che amplificò e destinò alle masse ciò che era stato formulato su un piano prettamente intellettuale, accademico e teologico –, fu vero oggetto di revisione fu la religione e il suo ruolo sociale. 

Quanto più il comunismo dei paesi occidentali per un verso e di quelli latino-americani dall’altro ottenevano una misurata autonomia dal bolscevismo russo, tanto più diventava possibile creare i presupposti per un connubio tra la visione marxista della storia e della società e il cristianesimo. Questo connubio che segnò la matrice teologica maggioritaria in America Latina e l’evoluzione partitica della Democrazia Cristiana e del Partito Comunista Italiano fu determinato da canali di compensazione. Filosoficamente era possibile. La critica marxista alla società borghese, ad esempio, era in grado di assorbire linearmente l’analisi freudiana dell’origine della società – come vedremo in un’altra occasione –; ma il marxismo non aveva mai avuto modo di confrontarsi con lo sviluppo della psicanalisi e a sua volta la psicanalisi rileggeva la religione in una verità nevrotica collettiva. In questo senso, l’analisi freudiana dell’origine della società e dello sviluppo del monoteismo erano complementari al marxismo: in entrambi i casi Dio rappresentava l’onnipotenza della oppressione e della repressione e la religione il culto che alimentava questa sudditanza. Al contrario, il connubio col cristianesimo esigeva un revisionismo di notevole levatura teorica, quanto alla critica che Marx aveva fatto alla religione e al senso ultimo che aveva conferito al processo di emancipazione umana. Se Dio restava l’onnipotenza nemica dell’uomo – come nella tradizione gnostica antica – la religione non era più da intendersi come culto nei confronti di Dio, ma in un certo senso come restituzione di una legittima e inconscia speranza umana. 

Intellettuali come Bloch, riconobbero alla religione una verità umana. Non si limitarono a condannare la religione a menzogna o superstizione, ma valorizzarono, sul piano della utopia, i meccanismi di proiezione inconscia dei desideri e delle attese umane di un nuovo mondo, socialmente giusto e fraterno. Il messaggio del Vangelo conteneva, quindi, una verità umana di speranza e questa speranza era di giustizia sociale, di solidarietà, di fratellanza, di pace. Il paradiso non era più illusione o ostacolo; al contrario era una metafora o un mito da valorizzare, come prospettiva efficace da determinare nella storia, fra tutti i popoli. Da oppio, la religione diventava ancella della rivoluzione. 

Chiaramente anche il cattolicesimo avrebbe dovuto fare la sua parte: intenzioni e presupposti erano squisitamente congeniali. Per molte altre vie, vari teologi erano da tempo impegnati – seppur in modo che solo «altri eventi non politici» avrebbero reso omogeneo e allineato – a costruire una matrice dottrinale e pastorale di decostruzione, sovversione e destabilizzazione. Una componente essenziale di questa matrice era «il presupposto dicotomico». Da una parte esisteva l’effettivo e originario messaggio dell’uomo Gesù e dall’altra la sovrastruttura teologica, ecclesiastica, dottrinale. Attraverso questa distinzione sostanziale – che in generale si lasciava cadere nel IV secolo, alla luce della svolta costantiniana (che ora si voleva sacralmente superare e condannare) – era possibile rifiutare in blocco qualsiasi aspetto dottrinale o l’intera formazione filosofia e teologica della Chiesa e determinare a piacimento il messaggio evangelico nella sua presunta purezza. I protestanti avevano già così operato, per condannare il papato a manifestazione dell’Anticristo o gli illuministi tedeschi per salvaguardare, del Vangelo, un messaggio morale di eco socratica. Naturalmente ogni aspetto divino di Cristo, il senso del Sacrificio espiatorio, il fatto della Resurrezione, l’istituzione del sacerdozio e della Chiesa, la presenza del diavolo, l’inferno, il Giudizio erano tutte credenze che venivano meno, relativizzate, misconosciute, oggetto di diretta apostasia. Il dialogo con il mondo doveva partire necessariamente dalla rinuncia a vedere il mondo come il luogo della battaglia satanica. Non c’era più nessun nemico; non c’era in fondo nessuna colpa e nessun peccato, quindi nessuna redenzione e nessun giudizio. Il Vangelo non era più la rivelazione dell’amore di Dio che si incarna per morire in Croce a causa del peccato degli uomini, per permettere nuovamente la possibilità del Paradiso. Il Vangelo era ed è un messaggio di giustizia sociale, di accoglienza e fraternità mondana, di condivisione di spiritualità. Come nello gnosticismo, di auto-coscienza dell’uomo e del suo destino divino. Dall’Incarnazione del Verbo si è passati all’incarnazione dell’utopia sociale.

In questo si coglie l’aspetto paradossale. Da una parte il Cristo viene nuovamente consegnato nelle mani degli uomini, per essere ancora tradito e vilipeso, nella subdola menzogna luciferina di misconoscere la sua divinità per apprezzarne una umanità anarchica, globalista, comunitarista. D’altra parte, proprio questa umanizzazione gnostica della religione produce un doppio effetto narcotizzante. 

Il primo effetto si ripercuote sulla Chiesa: la religione, vale a dire, diviene narcotico proprio dei cristiani, proprio nella misura in cui secolarizzandosi e apostatando non illumina più le coscienze, non è oggetto di contraddizione rispetto al peccato, al Giudizio, all’inferno, al mondo, al principe di questo mondo. Per Marx la religione era oppio della coscienza di classe del proletariato internazionale. È sconcertante notare che la sottile e paradossale verità di questa critica sia resa attuale e concreta proprio da coloro che tradendo dall’interno la religione di Cristo, onnubilano – come falsi profeti e lupi rapaci travestiti da agnelli – le coscienze dei cristiani.         

Il secondo effetto ha una portata globale: le masse sono distratte, stordite, narcotizzate da nuove forme religiose, radicate nell’umanesimo italiano. L’ambientalismo è una di queste e forse la più efficace. Che l’ecologismo sia l’effetto ultimo dell’umanesimo gnostico, che concepisce l’universo come dimora divina, è dimostrabile, per mezzo della cabala e delle sue eredità. Molti si rincorrono nel denunciare il nuovo umanesimo. Sarebbe da denunciare ancora più radicalmente l’umanesimo fiorentino in sé! Altrimenti siamo come coloro che denunciano i pericoli del sinodo per l’Amazzonia – come se fossero fiori del deserto –, senza però risalire alla cause prime (e non seconde o terze o ultime….) di quelle teorie (chi ha orecchi, intenda!). 

È, infatti, nella tradizione filosofica umanista che si radica l’idea moderna dell’uomo divino, che rivendica il potere illimitato di dare la vita e la morte, di plasmare se stesso, la storia, l’identità sessuale, la società e persino la Chiesa di Cristo. A differenza della Gnosi antica, questa rivendicazione di auto-deificazione accade però in un mondo pensato – in virtù della Cabala – come tempio e dimora di Dio. In questo panteismo a volte velato, a volte indiretto, oggi ecologista, si nasconde la strategia satanica e il potere narcotizzante dell’ambientalismo, usato dal potenti del mondo come oppio delle masse, per la conservazione di quella gloria da parte delle nazioni, che Satana concede a chi è disposto ad adorarlo come dio.  

 





 

 

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