
di Aurelio Porfiri
Da padre a figlio
Noi, figli della civiltà occidentale, civiltà sicuramente di matrice cristiano-giudaica, spesso ci dimentichiamo quali sono i nostri padri culturali. Non possiamo certo rinunciare al nostro specifico cristiano, ma questo, nella sua assolutezza, si è dovuto “far piccolo” ed accettare un medium culturale in modo che potesse essere fruito da noi, uomini di ogni tempo ed epoca. Ora, noi ben sappiamo come un influenza potente, che va al di là della sola civiltà cristiana in verità, l’abbia avuta la civiltà greca. Siamo, in fondo in fondo, anche figli dei greci. Abbiamo ricevuto molti degli schemi di pensiero che ancora oggi utilizziamo proprio da loro, come il dono di un a padre ad un figlio.
Attraverso il pensiero di questi buoni pagani ci siamo fatti cristiani. Ci si deve scandalizzare di questo? Manco per sogno. Mi permetto di citare san Paolo (che scriveva in greco, manco a farlo apposta) nella sua prima lettera ai cristiani di Tessalonica (5, 19-21): “Non spegnete lo Spirito, non disprezzate le profezie; esaminate ogni cosa, tenete ciò che è buono”. Questo sommo principio paolino fu ascoltato e praticato abbondantemente dai primi cristiani che dovettero affrontare la non semplice sfida di inculturare la propria fede. E il logos greco fece al caso loro. Nel cristianesimo si unirono civiltà ebraica e civiltà greca, in modo mirabile.
Cultura greca e cristianesimo
Questo ha a che fare anche con il nostro tema della bellezza? Eccome! Vedremo come la visione cristiana della bellezza sarà filtrata attraverso il pensiero greco e come molti dei nostri teologi si sono abbeverati agli schemi di pensiero forniti dai grandi filosofi greci per travasarci la Buona Novella. Quindi, non si potrà pienamente comprendere il rapporto tra teologia ed estetica se non ci si chiarisce prima sulla fonte comune, anche se con gradazioni diverse: la civiltà greca, la culla della civiltà occidentale. Attraverso questo capiremo più e meglio in seguito.
Bello?
Ora, oggi noi usiamo dire di una musica, pittura, ragazza o idea che è proprio bella. Bene, questo non ci fa problema. Ognuno di noi, secondo una certa visione estetica, da giudizi e dice che alcune cose sono proprio belle. Ma questo “bello”, come lo concepiamo? Cosa vogliamo dire quando diciamo che qualcosa “è proprio bello”? La domanda non sembri peregrina. In effetti, anche per i nostri amici greci, almeno fino a circa 25 secoli fa, anno più, anno meno, la bellezza era un poco una cosa misteriosa. Essa non aveva uno statuto autonomo. Cosa significa? Significa che essa veniva sempre associata con altre caratteristiche, come ordine, simmetria, armonia, ma un essere in sé non gli veniva ancora riconosciuto. Umberto Eco dice che questa bellezza era “legata con le varie arti che la rappresentavano” (History of Beauty, p. 41). Ma anche qui dobbiamo un attimo soffermarci. In effetti i greci non avevano neanche una parola autonoma per “arte”: “Il fatto che i greci non hanno un termine equivalente ad “arte” nel suo senso estetico, riflette il fatto che l’attività artistica non era considerata come qualcosa di “autonomo”, qualcosa valido “per se stesso”. Musica e scultura, per esempio, avevano tipicamente una funzione religiosa, cerimoniale o civica, mentre la poesia e il teatro avevano un ruolo importante sia nell’educazione della gioventù che nel disseminare informazioni. È essenziale avere in mente questi ruoli delle arti che allora erano comuni per capire la nota ostilità di Platone verso le arti, specialmente verso la letteratura. Per esempio, una ragione per cui l’epica, come quella di Omero, doveva essere “bandita” dalla società che la Repubblica Platonica rappresentava, è che la “impersonificazione” da parte dei ragazzi ateniesi di eroi e dei immorali o deplorevoli, non doveva avere posto in una educazione il cui fine principale era la formazione del carattere” (Key Writers on Art: From Antiquity to the Nineteen Century, a cura di Chris Murray, 2003 Londra – Routledge, 3). Come vediamo arte e bellezza condividevano lo stesso destino “etimologico” ma con una ragione che penso ora sia ben chiara. Quindi fino a circa il V secolo A.C., l’età di Pericle (che sembra fu patrono esimio di artisti e pensatori), la situazione era quella sopra esposta.
(Qui i precedenti articoli: n.1 – 2 – 3– 4)
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