deep state

 

 

 

di Alberto Contri

 

Nel mio libro “La sindrome del criceto” vengono sviluppati temi di attualità sempre più scottante. La sordida lotta a base di dossier falsi tra democratici e repubblicani rivela ogni giorno novità e anche sorprendenti boomerang. Sullo sfondo, il Deep State, secondo alcuni una bufala, secondo altri una realtà. Chi è sinceramente interessato a capirne qualcosa, legga qui. Altrimenti legga come si legge il giallo dell’estate.

 

(Tratto da “La Sindrome del Criceto”, Ed. La Vela, pagg 40-46. Acquistabile su www.edizionilavela.it. Consegna in 1 giorno via corriere senza sovrapprezzo).

Il vituperato e criticabile Trump sta conducendo una dura battaglia con il Deep State, costituito fin dal dopoguerra da un’organizzazione della quale farebbero parte elementi chiave del mondo finanziario, industriale, militare, cioè le lobby intenzionate a dominare il pianeta. Tutto accuratamente monitorato (è un eufemismo) dai Five Eyes, vale a dire il coordinamento dei servizi segreti di Inghilterra, Stati Uniti, Canada, Australia, Nuova Zelanda.  Ultimamente il Washington Post ha liquidato le teorie sul Deep State come mera “spazzatura”. Ma a un occhio attento non può sfuggire che di recente il giornale è passato nelle mani di Jeff Bezos, il fondatore di Amazon, sicuramente intenzionato a non mollare le sue ambizioni egemoni. Secondo alcuni, il tycoon degli acquisti on-line sarebbe addirittura una vera e propria creatura del Deep State, così come Zuckerberg, che, insieme a Page e ai cosiddetti GAFA, mira a controllare chiunque si connetta alla rete tramite l’intelligenza artificiale, mettendo a rischio la privacy degli internauti. Del resto, c’è ben poco da stupirsi, dato che Internet è nato da Arpanet, un progetto di ricerca sviluppato dall’esercito americano per fini militari. È altresì noto che agli inizi alcuni dei GAFA beneficiarono, direttamente o indirettamente, di sostanziosi finanziamenti dell’esercito e dei servizi. Inoltre, oggi operano alla luce del sole società avanzatissime nel trattamento dei big data, sia per fini commerciali, sia per fini di intelligence. Uno degli esempi più clamorosi è la Palantir Technologies, che non fa mistero di annoverare tra i propri azionisti la NSA, il Pentagono e la CIA. Ma appena lo si ricorda, si viene accusati di essere complottisti.

Su questi argomenti ho ritenuto utile fare qualche domanda al professor Marcello Piras, grande conoscitore degli Stati Uniti – dove ha insegnato per anni storia della musica –, che da tempo si sposta per l’intero pianeta tenendo conferenze sulle interferenze culturali tra diversi filoni musicali, in parti- colare sul jazz. A proposito dei musicisti, mi ha raccontato una curiosità interessante: fin da epoche lontane alcuni di loro erano anche spie, perché potevano viaggiare in lungo e in largo e avvicinare re, imperatori e alti funzionari senza destare sospetti. Un caso famoso è quello dell’italiano Davide Riccio, liutista, compositore, politico e segretario privato della regina di Scozia Maria Stuarda, assassinato nel 1566 con l’accusa di essere una spia del papa, come documentano gli storici.

Inevitabilmente, io e il professor Piras siamo finiti a parlare prima della musica americana – anch’io sono un grande appassionato di jazz – e poi dell’inconsueto ruolo che ha ricoperto la CIA nel tentativo di controllare il movimento hippy (v. David McGowan –  Weird Scenes Inside the Canyon – Headpress 2014) Ecco le domande che gli ho rivolto sui servizi segreti americani.

Da tempo si sostiene che nei Servizi segreti americani, o meglio, nella CIA, sia presente anche un livello più segreto che farebbe parte del cosiddetto Deep State. Affermarlo è mero complottismo o esistono evidenze di un suo ruolo dal dopoguerra a oggi?

Innanzitutto, la CIA costituisce il vertice di una quindicina di agenzie che svolgono mansioni segrete. Si occupa dell’estero, mentre altre, come l’FBI e l’NSA si occupano dell’interno. Trattandosi di servizi segreti, si può affermare che le attività all’estero siano per definizione illegali rispetto al Paese che le ospita (colpi di Stato, omicidi, stragi, ecc.), e non di rado sono affidate per motivi territoriali ad altri servizi segreti vicini, come quello britannico o il Mossad. Quando la CIA agisce sul territorio americano lo fa al di fuori di ogni mandato istituzionale, entrando spesso in conflitto con le altre agenzie di intelligence. Queste, oggi, non sono schierate tutte dalla stessa parte, e in alcuni casi sono addirittura frammentate al loro interno.

È risaputo che la CIA fa parte di un gruppo di coordinamento denominato Five Eyes. Questo gruppo, a livello del Deep State, risponde ai potenti del mondo o invece ne determina la politica?

Il Deep State fa quello che vuole… ma quello che vuole coincide in sostanza con gli interessi dei potenti del mondo. Parlare di Deep State evoca subito la parola complotto con tutta l’accezione negativa che gli è stata attribuita. I complotti nella storia sono sempre esistiti, ma sono quelli orditi da chi non ha il potere e vuole prenderlo. Quando sono i governi a gestire questo tipo di operazioni, non è un complotto, ma mero esercizio del potere, che per sua natura è in larga parte segreto.

È noto che i presidenti come Kennedy e Reagan, che hanno cercato di limitare o bloccare le attività del Deep State, hanno fatto una brutta fine o subìto attentati. Anche Trump è impegnato allo stesso modo, sembra con maggiore successo, come mai?

Sono stati proprio i fallimenti di Kennedy e Reagan a suggerire come si può combattere il Deep State. Occorre fare attenzione a non semplificare: si tratta di un progetto vasto, minuzioso, complicatissimo e lento, anche perché il Deep State è una specie di cancro che è stato lasciato proliferare per molti anni espandendo metastasi in ogni dove. Ai tempi di Kennedy la CIA era in fondo un organismo ancora relativamente piccolo, ma comunque in grado di commettere assassini, lasciando però tracce che nel tempo sarebbero state scoperte. Per esempio, nel settembre 2019 Robert Kennedy jr. ha rivelato come fu veramente ucciso suo padre, smentendo la versione ufficiale. Sia Kennedy, sia Reagan avevano sottovalutato il potere della CIA e in realtà non avevano un piano di attacco preciso, pur avendo il primo affermato di volerla distruggere. Oggi, invece, questo piano c’è, e va ben oltre quello che Trump chiama “draining the swamp” (prosciugare la palude). Ciò significa lottare contro la sistematica illegalità con la quale la CIA si è mossa, anche ricattando chiunque, e procurandosi non solo corposi finanziamenti pubblici, ma anche enormi risorse tramite attività che, secondo testimonianze di ex agenti usciti dai servizi, riguarderebbero tre tipi di commercio: armi, droga e prostituzione minorile. In questo senso, porre fine alla guerra in Afghanistan significa tagliare il rifornimento del papavero alla produzione della droga. Costruire il muro tra Stati Uniti e Messico significa sigillare la frontiera “porosa” che permette tutti e tre i traffici. Ma non bisogna credere che Trump stia combattendo questa battaglia da solo: dietro di lui c’è una vasta alleanza trasversale che comprende progressisti e conservatori, con squadre di esperti in tutti i settori che hanno il compito di consigliarlo su questioni specifiche come – ad esempio – i giudici da nominare (da quando è presidente ne ha sostituiti centocinquanta). Questa è la differenza rispetto a Kennedy e Reagan.

Oggi il controllo e il dominio del mondo, oltre che con le armi e il denaro, si fa con l’I.A., gli algoritmi e le connessioni in rete. C’è chi sostiene che i GAFA facciano parte del Deep State o lo appoggino apertamente. Spazzatura o realtà?

C’è anzitutto un aspetto della vita americana che era già ben presente quando gli Stati Uniti erano ancora una colonia: la prassi della diffusione di notizie false. Esempio: al pubblico piace sentirsi raccontare l’epopea di un giovanotto squattrinato che in un garage ha avuto un’idea straordinaria ed è diventato miliardario. È una favola che fa sognare tanta gente, perché è la perfetta metafora del cosiddetto sogno americano. Ma è una favola senza alcun fondamento. Costruire progetti come Internet, Facebook, Google, è possibile solo grazie ad anni di studi, ricerche e grossi finanziamenti, che solo lo Stato o l’esercito possono fornirti. Ma poiché gli Stati Uniti coltivano il mito dell’iniziativa privata, si mascherano in questo modo gli investimenti statali mettendoci poi sopra la faccia di un singolo personaggio di talento, che avrebbe saputo cogliere quelle opportunità di cui l’America è così generosa con gli intraprendenti. Pertanto, non è che il Deep State abbia deciso a un certo punto di mettere le mani su attività utili per i propri fini: la verità è che tali attività sono state create proprio dall’esercito e dai servizi. Semmai, una volta che quel know-how si è consolidato e reso pubblico, lo si è poi immesso sul mercato per farci del buon business [v. Palantir Technologies, N.d.A.]. Mentre i livelli di ricerca più avanzati vengono mantenuti segreti.

Nonostante alleanze così forti e mezzi così avanzati, quali sono i segnali che ci inducono a pensare che il Deep State stia per affrontare una crisi mai vista prima?

Alcuni personaggi riconducibili al Deep State hanno rilasciato dichiarazioni che ne rivelano il panico, perché per la prima volta non si vedono attaccati da sinistra – a questo sono abituati e sanno ben rispondere –, ma da destra. E non sanno come reagire, né possono affermare che Trump sia un terrorista o che non sia un patriota. Questa situazione ha dato un grande vantaggio iniziale agli avversari del Deep State, e sta provocando un terremoto tra congressmen e altri personaggi pubblici che hanno deciso di uscire di scena e chiudere la loro carriera prima di essere processati. Sta anche crescendo il numero di testimoni oculari che cominciano a raccontare verità scomode per evitare di essere ritenuti corresponsabili di alcuni crimini dei quali si cominciano a conoscere i veri colpevoli (ad esempio, la Commissione ufficiale dei Pompieri ammette, dopo 18 anni, che alcuni di loro si erano accorti che l’11 settembre le torri erano state minate, vedi Ted Walter sul sito web Global Research, 27 luglio 2019). In realtà Trump sta conducendo una guerra ancora più ambiziosa contro le banche centrali, che hanno governato l’Occidente e la sua politica dalla fine del 1600. Il suo obiettivo è farle saltare, restituendo al dollaro la parità con l’oro, così da restituire al governo eletto dai cittadini il potere di stampare moneta senza indebitarsi con le banche. Ci avevano provato Lincoln e Kennedy, che non a caso hanno fatto la stessa brutta fine. Oggi il clima è diverso, e vi sono chiari indizi a suggerire che Trump potrebbe riuscirci.

 

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