di Gianni Silvestri
Il METODO DEDUTTIVO è quello usato quando si ragiona partendo da un principio generale traendone, via via, le logiche e coerenti conseguenze.
(è in genere il metodo di gran parte della filosofia e del pensiero speculativo quello di individuare/sviluppare principi e coerenti deduzioni).
Ma con questo metodo spesso non ci si intende sui principi generali di partenza (assiomi) o sulle esatte deduzioni (con le diversità di posizioni delle varie scuole di pensiero)
In alternativa c’è il metodo INDUTTIVO che – al contrario – parte dalla analisi dei dati per poter estrapolare delle costanti, dei principi (è il metodo oggi usato dalle scienze informatiche e dai gestori di “big Data”); assemblando numerosissimi dati si cerca di comprendere le loro aggregazioni e le relative cause, logiche o concrete che siano.
Orbene, oggi cercherò induttivamente di estrapolare delle riflessioni partendo da alcune evidenze reali per verificare se questo procedere “laico ed asettico”, senza principi predefiniti da dimostrare, possa aiutarci nella comprensione della realtà umana (nel suo sviluppo sociale o individuale).
Senza scomodare la sociologia, con una buona approssimazione appare chiaro che il conflitto sia la modalità prevalente di approccio alle principali attività umane ; sempre più spesso lo scontro (sociale, economico, politico, ecc.), è la prassi normale di comportamento, sia pur giustificato per migliorare la propria posizione (si parte dalla lecita concorrenza per arrivare a protezionismi, sopraffazioni e guerre di vario genere).
Storicamente da una analisi sommaria potremmo facilmente verificare che in ogni secolo, in ogni nazione della terra, in ogni sistema politico ed economico, con ogni tipo di esperienza religiosa, o di livello culturale e scientifico, non sono mai mancate le guerre e le lotte (tra popoli e stati) per conquistare posizioni di vantaggio.
Attualmente, nonostante l’evolversi del pensiero umano, delle concezioni politico-giuridiche dello Stato, delle forme di cooperazione internazionali ecc. gli scontri di interesse non sembrano diminuiti, ma anzi aumentati estendedosi a vari livelli (pensiamo ai sofisticati conflitti finanziari, e da ultimo informatici).
Purtroppo l’esiguo spazio a disposizione non mi consente di analizzare ogni aspetto della crescente conflittualità, ma basti pensare che il secolo appena trascorso è stato il peggiore della storia umana per la brutalità delle guerre e delle ideologie sottostanti (dal nazifascismo al comunismo), nonostante sia stato quello del maggior progresso socio-economico e culturale. Su tutto regna incontrastato l’ingiustificato, miliardario, crudele, disumano, mercato degli armamenti che sottrae alla povertà, alla salute, allo sviluppo risorse ingenti, per circa 5MILIARDI DI DOLLARI AL GIORNO (qui) (qui)
Ora c’è da chiedersi: la stessa tendenza conflittuale è ravvisabile a livello personale?
Non c’è dubbio che nei secoli l’essere umano abbia ampliato le sue conoscenze, arrivando a comprendere le principali leggi naturali, da quelle del cosmo (es. la forza gravitazionale) a quelle dell’infinitamente piccolo (il misterioso mondo della fisica quantistica). Alla conoscenza scientifica l’uomo ha – soprattutto di recente – aggiunto una grande capacità di applicazione delle relative tecniche, come attesta ad esempio il recente settore dell’informatica e del web (ben presto divenuto indispensabile).
Ma a ben riflettere, nonostante tali incredibili successi, il fondamentale settore individuale, che tutto dovrebbe guidare, ha invece registrato il minor progresso: quello morale. Nonostante l’essere umano sia divenuto capace “di gestire il mondo”, forti dubbi esistono sulla capacità di gestire sé stesso ed il suo comportamento nel mondo: i segni e gli episodi generalizzati di egoismo, di sopraffazione, di violenza sembrano immutati nonostante lo scorrere dei secoli ed il raggiungimento di ogni genere di progresso scientifico e tecnico, la funzione informativa dei media, quella formativa delle scuole ed educativa delle famiglia. Senza entrare nel merito etico, basti pensare che la prima causa di morte del mondo è l’aborto, cioè un comportamento volontario non accidentale, che porta alla soppressione di un essere indifeso, che non è certo un nemico estraneo, essendo il frutto di un rapporto umano consenziente. La cifra di 40-50 milioni di aborti annui supera le stesse vittime della II guerra mondiale (solo che qui si ripetono terribilmente ogni anno) (qui). Ed a queste terribili cifre ci sono da aggiungere gli “aborti chimici”, frutto delle varie pillole “dei giorni dopo”, liberamente vendibili in ogni farmacia.
Ma anche a voler cercare altre conferme (di un comportamento umano non certo altruistico o pro-positivo) è indispensabile rilevare un crescente fenomeno altrettanto preoccupante: quello dei suicidi il cui numero appare in crescita soprattutto nel mondo ricco (il suicidio che è la seconda causa di morte tra i 15 e i 29 anni).(qui)
In questi decenni si stanno sviluppando altri fenomeni di “debolezza” umana inimmaginabili sino a pochi anni fa: l’abuso di alcool, ma soprattutto di ogni genere di droga all’interno di una preoccupante “cultura dello sballo” che teorizza la necessità di “lasciarsi andare ” periodicamente per trovare soddisfazione. (qui)
Per non parlare delle crescenti ludopatie che stanno impoverendo gran parte delle fasce sociali, o il recente fenomeno degli Hikikomori (solo in Italia circa 30-50.000 giovani chiusi in casa nei loro videogiochi o nel profondo web) (qui).
Questi fenomeni evidenziano una costante “debolezza intrinseca dell’uomo”, che si esprime differentemente nelle varie epoche, ma che appare insita nella stessa natura umana. Diventa decisiva, a questo punto, la domanda fondamentale:
come mai l’essere umano sembra essere in grave difficoltà nella realizzazione del bene che pur riconosce necessario?
Come mai egli riesce meglio in ogni altra attività (scientifica, tecnica, economica, ecc.), ben più complessa, ma non in quella di crescita morale e di umana solidarietà?
Questa contraddizione è talmente evidente che meraviglia il sostanziale silenzio sulla questione morale e sull’etica socio-economica (temi abbandonati dai più e riservati ai soliti specialisti…).
Orbene se questa contraddizione per il mondo risulta ben difficilmente spiegabile, per i cristiani è una delle conferme della Rivelazione ricevuta: essi sanno che l’essere umano è segnato originariamente da una mancanza di pienezza, dalla incapacità di seguire il bene come stile di vita (e non solo in alcuni sporadici momenti, di “trasporto etico”).
E’ la realtà del “peccato originario”, dell’allontanamento da DIO, che ha segnato questo umano declino. La rottura di un rapporto costruttivo con Dio-Creatore ha lasciato l’uomo solo con i suoi difetti ed i suoi fantasmi. Questa nuova condizione di “precarietà ” umana ha determinato la sua insita debolezza, cioè la Concupiscenza umana che è un termine che definisce “uno smodato, eccessivo desiderio dell’uomo che svia la libertà, verso un bene parziale, sino ad arrivare alla “tendenziale attitudine a fare il male”.
La Concupiscenza è il desiderio umano che può essere positivo come spirito di ricerca-miglioramento, ma diviene spesso poco controllabile, e genera disordine nelle facoltà morali dell’uomo e, lo inclina commettere il peccato.
A questo proposito il Catechismo della Chesa Cattolica (CCC) precisa: « L’uomo tentato dal maligno, fin dagli inizi della storia abusò della sua libertà ». Egli cedette alla tentazione e commise il male. Conserva il desiderio del bene, ma la sua natura porta la ferita del peccato originale. È diventato incline al male e soggetto all’errore:
« Così l’uomo si trova in se stesso diviso. Per questo tutta la vita umana, sia individuale che collettiva, presenta i caratteri di una lotta drammatica tra il bene e il male, tra la luce e le tenebre». ( 1707)
Come si vede una “lettura teologicamente orientata” non solo inserisce l’uomo in una visione più vasta e non limitata, ma sembra l’unica idonea a spiegare la condizione umana di debolezza morale che sopra abbiamo constatato (a partire da una serie di dati, di evidenze e considerazioni di realtà) e che risulta poco spiegabile razionalmente. Grazie a questo approccio spirituale e religioso di “umana fragilità creaturale” diviene più chiaro questo profondo mistero dell’essere umano che progredisce nelle conoscenze (scientifiche, tecniche, economiche, ecc.), ma non nella capacità morale di utilizzarle. Questo peccato originale, cioè questa condizione umana di imperfezione ontologica, rende imperfette, da sempre, anche le varie realizzazioni sociali a causa del prevalere del male (che teoricamente nessuno vuole, ma che sempre riemerge).
Nel nostro ragionare induttivo vi è un’ultima prova determinante, quasi di carattere sperimentale, che può assicurare la bontà delle presenti constatazioni: ognuno di noi può rendersi conto, analizzando i tanti episodi di vita personale, della propria condizione umana di fragilità morale, nonostante i desideri e gli sforzi di realizzare il bene. Lo stesso S. Paolo nella lettera ai Romani osservava questa generalissima e comune contraddizione: “Io so infatti che in me, cioè nella mia carne, non abita il bene; c’è in me il desiderio del bene, ma non la capacità di attuarlo; infatti io non compio il bene che voglio, ma il male che non voglio”.
Concludendo appare evidente (sia dalla nostra esperienza personale che da quella sociale) che l’essere umano è pervaso da una “tendenza al male” che pur non vuole intimamente, ma che non è in grado di sconfiggere da sé in maniera duratura, sembra non averne gli anticorpi. Egli ha bisogno di Altro da sé, di una Energia nuova che lo conduca al bene profondo di cui ha nostalgia e desiderio; un Altro che lo accompagni nel suo cammino terreno che nessuno desidera sia fine a se stesso: abbiamo tutti un’aspirazione all’eternità. Dopo secoli di insuccessi e distruzioni, è giunto il tempo in cui prendere atto di questa debolezza innata e ricostruire questo rapporto con il Creatore, da cui abbiamo avuto origine e Vita. E’ necessario accedere ad “una maggiore energia di bene” che non è nostra, ad una Grazia che non abbiamo, ma che ci è stata promessa: “Bussate e Vi sarà aperto, cercate e troverete”. Una Grazia che è l’unica nostra vera Risorsa in quanto estranea alle nostre “debolezze genetiche”, una grazia che è l’Amore di Chi ci conosce meglio di noi stessi, perché ci ha voluti e creati; la Grazia di un Dio che ci attende da sempre e che è l’Unica nostra Risposta: “…ci hai fatti per te, e il nostro cuore non ha pace finché non riposa in te” riconoscerà, dopo la sua conversione, il “viveur” Agostino nelle sue confessioni (1.1.5).
“Induttivamente”: In pace.
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