Rilancio una ricerca a firma di S. V. Subramanian e Akhil Kumar, pubblicata su European Journal of Epidemiology, una rivista medica mensile sottoposta a revisione paritaria che copre l’epidemiologia delle malattie trasmissibili e non trasmissibili e il loro controllo. La ricerca ha analizzato 68 nazioni e 2947 contee negli Stati Uniti. Ve la propongo nella mia traduzione. Ho omesso il paragrafo sul “METODO” perché non aggiunge nulla al pubblico ampio rispetto al risultato finale. Il neretto e l’evidenziato in giallo è mio.
I vaccini sono attualmente la principale strategia di mitigazione per combattere la COVID-19 in tutto il mondo. Ad esempio, si sostiene che l’ondata di nuovi casi negli Stati Uniti sia dovuta a zone con bassi tassi di vaccinazione [1]. Una narrazione simile è stata osservata anche in Paesi come la Germania e il Regno Unito [2]. Allo stesso tempo, anche Israele, che è stato acclamato per i suoi rapidi ed elevati tassi di vaccinazione, ha visto una sostanziale recrudescenza dei casi di COVID-19 [3]. Abbiamo analizzato la relazione tra la percentuale di popolazione completamente vaccinata e i nuovi casi di COVID-19 in 68 Paesi e in 2947 contee degli Stati Uniti.
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RISULTATI
A livello nazionale, non sembra esserci una relazione evidente tra la percentuale di popolazione completamente vaccinata e i nuovi casi di COVID-19 negli ultimi 7 giorni (Fig. 1). In realtà, la linea di tendenza suggerisce un’associazione marginalmente positiva, per cui i Paesi con una percentuale più alta di popolazione completamente vaccinata presentano un numero maggiore di casi di COVID-19 per 1 milione di persone. In particolare, Israele, con oltre il 60% della popolazione completamente vaccinata, ha registrato i più alti casi di COVID-19 per 1 milione di persone negli ultimi 7 giorni. La mancanza di un’associazione significativa tra percentuale di popolazione completamente vaccinata e nuovi casi di COVID-19 è ulteriormente esemplificata, ad esempio, dal confronto tra Islanda e Portogallo. Entrambi i Paesi hanno oltre il 75% della popolazione completamente vaccinata e hanno più casi di COVID-19 per 1 milione di persone rispetto a Paesi come il Vietnam e il Sudafrica che hanno circa il 10% della popolazione completamente vaccinata.

Anche tra le contee statunitensi, la mediana dei nuovi casi di COVID-19 per 100.000 persone negli ultimi 7 giorni è in gran parte simile tra le categorie di percentuale di popolazione completamente vaccinata (Fig. 2). In particolare, vi è anche una sostanziale variazione a livello di contea dei nuovi casi di COVID-19 all’interno delle categorie di percentuale di popolazione completamente vaccinata. Inoltre, non sembra esserci un segnale significativo di diminuzione dei casi di COVID-19 con percentuali più alte di popolazione completamente vaccinata (Fig. 3).


Tra le prime 5 contee con la più alta percentuale di popolazione completamente vaccinata (99,9-84,3%), i Centri statunitensi per il controllo e la prevenzione delle malattie (CDC) ne identificano 4 come contee a trasmissione “alta”. Le contee di Chattahoochee (Georgia), McKinley (Nuovo Messico) e Arecibo (Porto Rico) hanno oltre il 90% della popolazione completamente vaccinata e tutte e tre sono state classificate come a trasmissione “alta”. Al contrario, delle 57 contee che sono state classificate come contee a “bassa” trasmissione dal CDC, il 26,3% (15) ha una percentuale di popolazione completamente vaccinata inferiore al 20%.
Poiché si ritiene che la piena immunità dal vaccino richieda circa 2 settimane dopo la seconda dose, abbiamo condotto analisi di sensibilità utilizzando un ritardo di 1 mese sulla percentuale di popolazione completamente vaccinata per i Paesi e le contee statunitensi. I risultati di cui sopra, ovvero l’assenza di associazione tra i casi di COVID-19 e i livelli di vaccinazione completa, sono stati osservati anche quando abbiamo considerato un ritardo di un mese sui livelli di vaccinazione completa (Figura supplementare 1, Figura supplementare 2).
Va notato che i dati sui casi COVID-19 riguardano i casi confermati, che sono una funzione di fattori sia dal lato dell’offerta (ad esempio, variazione delle capacità di analisi o delle pratiche di segnalazione) sia dal lato della domanda (ad esempio, variazione della decisione delle persone su quando sottoporsi al test).
INTERPRETAZIONE
L’affidamento esclusivo alla vaccinazione come strategia primaria per mitigare la COVID-19 e le sue conseguenze avverse deve essere riesaminato, soprattutto considerando la variante Delta (B.1.617.2) e la probabilità di varianti future. Potrebbe essere necessario mettere in atto altri interventi farmacologici e non farmacologici insieme all’aumento dei tassi di vaccinazione. Questa correzione di rotta, soprattutto per quanto riguarda la narrativa politica, diventa fondamentale con l’emergere di prove scientifiche sull’efficacia dei vaccini nel mondo reale.
Ad esempio, in un rapporto pubblicato dal Ministero della Salute in Israele, l’efficacia di 2 dosi del vaccino BNT162b2 (Pfizer-BioNTech) nella prevenzione dell’infezione da COVID-19 è stata riportata al 39% [6], sostanzialmente inferiore all’efficacia sperimentale del 96% [7]. Sta inoltre emergendo che l’immunità derivata dal vaccino Pfizer-BioNTech potrebbe non essere così forte come quella acquisita attraverso la guarigione del virus COVID-19 [8]. È stato inoltre riportato un sostanziale declino dell’immunità derivante dai vaccini a mRNA 6 mesi dopo l’immunizzazione [9]. Anche se la vaccinazione offre una protezione contro l’ospedalizzazione grave e la morte, il CDC ha riportato un aumento dallo 0,01 al 9% e dallo 0 al 15,1% (tra gennaio e maggio 2021) dei tassi di ospedalizzazione e morte, rispettivamente, tra le persone completamente vaccinate [10].
In sintesi, anche se gli sforzi per incoraggiare le popolazioni a vaccinarsi devono essere fatti, questi devono essere fatti con umiltà e rispetto. Stigmatizzare le popolazioni può fare più male che bene. È importante che altri sforzi di prevenzione non farmacologica (ad esempio, l’importanza dell’igiene pubblica di base per quanto riguarda il mantenimento di una distanza di sicurezza o il lavaggio delle mani, la promozione di forme di analisi più frequenti e meno costose) siano rinnovati per raggiungere l’equilibrio di imparare a convivere con la COVID-19 nello stesso modo in cui continuiamo a convivere, 100 anni dopo, con varie alterazioni stagionali del virus dell’influenza del 1918.
References
Tutto ciò non è altro che quanto vanno ripetendo ormai dalla notte dei tempi i medici liberi e i canali informativi non mainstream, i c.d. “complottisti” e “negazionisti”. Le dittature moderne non hanno più bisogno del carro armato e il gulag: usano metodi di persuasione più “puliti” ma non meno efficaci. E poi ci vengono a dire che siccome possiamo scrivere qui, non sarebbe una dittatura: la cosa che mi ha deluso maggiormente in questo ormai triennio è l’involuzione palese di alcune menti apparentemente brillanti ma evidentemente non abbastanza da dribblare tali meccanismi manipolatori.