di Sabino Paciolla
Molto chiaro l’articolo di Ambrose Evans-Pritchard, pubblicato sul The Telegraph, sulla questione della guerra in Ucraina e del fronte anti russo. Ambrose Evans-Pritchard scrive da Davos, in Svizzera, dove si sta svolgendo il World Economic Forum, organizzato da Klaus Schwab. Ambrose Evans-Pritchard riporta gli umori, le sensazioni e le posizioni dei partecipanti che, come noto, rappresentano il gotha delle élite mondiali.
Si comincia subito con la posizione dello statista statunitense Henry Kissinger il quale “‘ha esortato l’Occidente a smettere di cercare di infliggere una schiacciante sconfitta alle forze russe in Ucraina, avvertendo che ciò avrebbe conseguenze disastrose per la stabilità a lungo termine dell’Europa’.
L’ex segretario di Stato americano e architetto del riavvicinamento della Guerra Fredda tra Stati Uniti e Cina ha dichiarato a Davos che sarebbe fatale per l’Occidente farsi travolgere dall’umore del momento e dimenticare il giusto posto della Russia nell’equilibrio di potere europeo.
Kissinger ha affermato che non si deve permettere che la guerra si trascini ancora a lungo e si è avvicinato a chiedere all’Occidente di costringere l’Ucraina ad accettare negoziati a condizioni molto lontane dai suoi attuali obiettivi bellici.
‘I negoziati devono iniziare nei prossimi due mesi prima che si creino sconvolgimenti e tensioni che non saranno facilmente superati. Idealmente, la linea di demarcazione dovrebbe essere il ritorno allo status quo ante. Proseguire la guerra oltre quel punto non significherebbe difendere la libertà dell’Ucraina, ma una nuova guerra contro la Russia stessa’, ha dichiarato.
Al World Economic Forum ha dichiarato che la Russia è stata una parte essenziale dell’Europa per 400 anni e ha garantito la struttura dell’equilibrio di potere europeo in momenti critici. I leader europei non dovrebbero perdere di vista la relazione a lungo termine, né rischiare di spingere la Russia a un’alleanza permanente con la Cina.
‘Spero che gli ucraini sappiano abbinare l’eroismo che hanno dimostrato con la saggezza’, ha detto, aggiungendo con il suo famoso senso della realpolitik che il ruolo giusto per il Paese è quello di essere uno Stato cuscinetto neutrale piuttosto che la frontiera dell’Europa.”
I commenti di Kissinger sono arrivati nel mezzo di crescenti e sempre più evidenti tensioni tra i componenti il fronte anti Russia. La questione, naturalmente, riguarda l’energia e la dipendenza energetica dell’Europa dalla Russia. Non meno importante è l’albeggiare di una crisi alimentare mondiale che riguarderebbe centinaia di milioni di persone, soprattutto del Terzo mondo, che sono poi coloro che sopporterebbero il peso maggiore. Sono paesi con un reddito basso, il cui fabbisogno alimentare è basato essenzialmente sul consumo di grano. E poiché la Russia e l’Ucraina costituiscono i granai del mondo, i guai sono dietro l’angolo. Ricordiamo che l’Ucraina da sola rappresenta rispettivamente il 12% e il 16% delle esportazioni mondiali di grano e mais. Inoltre, prima della guerra, Kiev contribuiva da sola alla metà della produzione mondiale di olio di semi di girasole a cui, aggiungendo Mosca, si arriva a superare l’80%. Accenniamo qui anche alla carenza di fertilizzanti e minerali importanti, di cui la Russia è attore principale sulla scena mondia.
La guerra, è bene precisarlo, sta semplicemente accentuando un trend di crescita dei prezzi di questi beni essenziali, un incremento che si è dispiegato negli ultimi due anni a causa dei lockdown che hanno interrotto la catena di approvigionamento. I danni, come detto, non si sono ancora del tutto materializzati, ma i primi segni sono comunque evidenti. Gli esiti negativi di questa carenza e del conseguente incremento dei prezzi sulla stabilità di paesi popolosi del terzo mondo potrebbero essere notevoli con ricadute notevoli sui paesi del primo mondo, Italia compresa.
Alla crisi alimentare si deve aggiungere quella energetica, che non è di poco conto, visto che alcuni paesi europei, ad esempio l’Ungheria, sono a tal proposito completamente dipendenti dalla Russia. Pertanto, anche i programmi più bellicosi di tagli alla importazione di gas e petrolio dalla Russia devono fare i conti con la dura realtà. Senza gas e senza petrolio non si produce, non ci si riscalda, non si cucina, ecc., con grossi e problematici risvolti occupazionali.
Perciò, se da una parte stiamo assistendo ad un incremento dei prezzi, anche a doppia cifra (vedi la Turchia), incremento che non vedevamo da decenni, dovuto all’interruzione della catena di rifornimento, dall’altra si fa sentire il rallentamento economico che porterà inevitabilmente ad una crisi occupazionale. Lo spettro della stagflazione, ovvero l’aumento dei prezzi abbinato al rallentamento economico, la bestia nera degli economisti, comincia a materializzarsi. E questo, prima o poi, spaventerà la popolazione quando comincerà a sperimentare gli effetti sulla propria pelle. La gente già oggi è preoccupata per l’incremento del costo della benzina e dei generi alimentari, ma quando a tutto questo si aggiungerà la carenza fisica della disponibilità vera e propria del cibo, la preoccupazione si trasformerà in incubo.
Eppure, nonostante questi brutti scenari, sembra che i politici vivano una vita separata dalla realtà, almeno da quella che vive la gente ordinaria, il cittadino medio. Un esempio viene dal vicecancelliere tedesco Robert Habeck, il quale, seondo Ambrose Evans-Pritchard, in un rabbioso sfogo a Davos, ha accusato l’Ungheria e altri Stati recalcitranti di paralizzare i tentativi del resto dell’UE di creare un vero e proprio embargo sul petrolio russo.
Habeck, che ricopre anche la carica di ministro dell’Economia, ha dichiarato che la Germania è più o meno pronta a sopportare lo shock di un taglio totale delle importazioni di petrolio russo, ma altri vogliono continuare come se nulla fosse cambiato. “Mi aspetto che tutti si impegnino per trovare una soluzione, e non che rimangano seduti a lavorare per costruire la loro partnership con Putin”, ha detto.
E già, la Germania, un paese forte economicamente, può permettersi di fare la voce grossa. Noi, invece, che, ad esempio, non siamo mai riusciti a recuperare il livello del PIL che avevamo prima della crisi del 2009, e che abbiamo un fardello del debito molto pesante da gestire, come potremmo gridare allo stesso modo se l’esito di certe rampanti (e a mio parere prive di senso) politiche potrebbero ulteriormene danneggiare la nostra già precaria struttura economica? E’ inutile che Draghi faccia il “draghetto sputafuoco” o la mosca cocchiera. La realtà della debolezza del nostro paese la conosce molto bene, se non altro perché è un esperto di cose economiche ed è stato banchiere della Banca Centrale Europea.
Ambrose Evans-Pritchard ci dice anche che la compattezza della classe politica USA nei confronti della Russia comincia a mostrare le prime crepe.
“Negli Stati Uniti, undici senatori repubblicani e 57 membri del Congresso hanno votato contro il colossale pacchetto di aiuti da 40 miliardi di dollari per l’Ucraina, un primo segno di frammentazione della coesione a Washington. ‘Non sono sicuro che l’unità durerà. Potremmo non ottenere il prossimo voto’, ha dichiarato Eric Cantor, ex capogruppo alla Camera e figura chiave nella politica delle sanzioni contro l’Iran”.
Visto il giro dei parlamenti del mondo che già ha fatto, al World Economic Forum non poteva mancare il Presidente Volodymyr Zelensky. Egli ha pronunciato il suo solito discorso video teso a stimolare emozioni e solidarietà a pelle. Egli ha affermato: “questo è l’anno in cui impareremo se la forza bruta governerà il mondo”. Se così fosse, ha aggiunto con il suo tocco inconfondibile, non ci saranno più Forum economici mondiali a Davos.
Zelensky, comprensibilmente, portando l’acqua al suo mulino, chiede la Luna, insensibile o incosciente, questo non è dato saperlo, delle conseguenze di quello che reclama. Egli ha, tra l’altro, detto che la Russia dovrebbe essere completamente esclusa dal mondo civilizzato e che tutti gli scambi commerciali dovrebbero essere interrotti finché le forze russe non saranno cacciate dall’Ucraina. “Le sanzioni dovrebbero essere massime, in modo che la Russia e ogni altro potenziale aggressore che voglia intraprendere una guerra brutale contro il suo vicino conoscano chiaramente le conseguenze immediate delle loro azioni”.
Il presidente ucraino sembra fuori dal mondo, sembra non avere contezza delle conseguenze sulla stabilità mondiale delle sue richieste. Sembra non capire che il mondo non è fatto dall’Occidente e dall’Oriente costituito solamente dalla Russia. Occorre che comprenda che il mondo è più complesso, fatto da tante nazioni e fra queste ci sono la Cina, l’India e quasi 60 Stati che si sono rifiutati di appoggiare una risoluzione delle Nazioni Unite che denunciava l’invasione russa. Non solo, tra questi stessi paesi vi sono alcuni che non sono disponibili neanche a seguire la ricetta USA di appoggiare indirettamente un embargo economico sul petrolio della Russia. Gli incontri che gli esponenti dell’amministrazione USA hanno fatto presso i paesi produttori di petrolio non sono riusciti a portare alcun risultato tangibile.
Un esempio di questa ritrosia viene dal ministro indiano dell’Energia, Shri Hardeep Puri, il quale ha respinto i suggerimenti secondo cui il suo Paese dovrebbe smettere di acquistare il petrolio russo. “Gli europei comprano più energia russa in un pomeriggio che noi in un trimestre”, ha dichiarato a Davos.
L’Arabia Saudita e gli Stati dell’Opec hanno poi chiarito che non attingeranno alla loro capacità di riserva per coprire le mancate forniture russe di petrolio. Se mai gli europei dovessero attuare l’embargo del petrolio russo, presso quale pozzo o pompa dovrebbero poi rifornirsi? Quale petrolio rimpiazzerà quello russo? Il rischio di un aumento stratosferico e insostenibile del prezzo del petrolio, ed a catena di tutto ciò che ad esso è collegato, sarebbe inevitabile e molto doloroso. Si badi bene, doloroso soprattutto per il cittadino medio.
Francisco Blanch di Bank of America ha affermato che il mercato del petrolio è ora estremamente ristretto. “La riserva di energia si sta avvicinando a un punto di fuga. Le scorte di greggio sono scese a un punto pericolosamente basso in Europa, Nord America e Asia OCSE. Le scorte sono scese a livelli precari anche per i distillati medi e persino per la benzina, mentre il mercato si avvia verso il picco della stagione di guida negli Stati Uniti”, ha affermato.
A meno che non si verifichi una recessione globale e una violenta distruzione della domanda, i prezzi del greggio potrebbero presto salire a spirale. “Non viviamo nel mondo dei sogni: dobbiamo sostituire il petrolio perso con altro petrolio”, ha dichiarato Fatih Birol, capo dell’Agenzia Internazionale dell’Energia. “Questo inverno in Europa sarà duro”, ha detto
Duro? Per chi? Bella domanda.
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