Vaccino covid in Austria
Vienna

 

 

di Elena Mancini

 

 

In Austria soffiano venti di tempesta. Il paese che nello scorso anno ha fatto a gara con l’Italia per accaparrarsi il titolo di nazione con il più alto e restrittivo numero di misure anti-Covid in Europa, con l’inizio del 2022 vede vacillare le certezze sbandierate finora dal governo. L’ultima pesantissima picconata è stata inflitta al Ministero della Salute dalla Corte Costituzionale (VfGH), la quale da mercoledì 26 gennaio ha aperto un procedimento di revisione delle ordinanze speciali emanate finora dal governo nella lotta contro la pandemia, nell‘ambito del quale ha fatto recapitare al ministro Wolfgang Mückstein (Verdi) dieci domande sull‘operato suo e del governo: i giudici vogliono chiarimenti su tutti quei temi che “finora erano rimasti un tabù“, come afferma l‘ex politico, guarda caso anche lui dei Verdi, Chris Vaber, che è stato il primo a dare la notizia del procedimento sul suo blog di informazione tedesca Tichys Einblick. Vaber, commentando l‘azione della Corte Costituzionale. Le domande sarebbero quelle che tutti gli scettici si sono posti da sempre e la risposta ad esse, afferma sempre Vaber, potrebbe “cambiare la pandemia in una endemia” e “far cadere il governo. “

Ciò che i giudici dell’Alta Corte, infatti, hanno chiesto al ministro, non sono cose di piccolo conto: si richiede un chiarimento sui numeri dei casi di positività per covid, sul metodo in cui sono stati conteggiati e se fra le morti attribuite al Covid siano stati presi in considerazione solo i “morti per Covid” o anche quelli “con covid”; si richiedono i dati sull’effettiva efficienza dell’uso delle mascherine ffp2 (in uso obbligatorio al chiuso fin dalla metà del 2020, mentre tutti gli altri tipi di dispositivi di protezione di naso e bocca sono stati permessi solo all’aperto), sull‘efficacia dei vari lockdown, sia quelli generali che quelli “per i soli vaccinati” e “di quanti punti percentuale il lockdown dei non vaccinati abbia abbassato la possibilità di questi stessi di infettarsi”. I giudici vogliono anche conoscere l‘efficacia dei vaccini e chiedono una spiegazione sul perché il numero di morti complessivo nel 2021 sia stato sensibilmente più alto del solito, mentre i deceduti per il covid sono stati meno di quelli dell’anno precedente. Il tono e i contenuti delle domande sono questi: roba da mettere in difficoltà anche l’esperto più preparato. Anche perché il ministro è tenuto a presentare entro il 18 di febbraio tutti gli incartamenti, i dati e le prove a supporto delle risposte a ciascuna delle domande poste: non c’è così tanto tempo. I giudici vogliono capire se le misure prese, soprattutto quelle ancora in atto, siano veramente giustificate o se debbano essere annullate.

I liberali nazionalisti di Herbert Kickl (FPÖ), fin dall‘inizio della pandemia contrario a quasi tutte le misure di contenimento del virus, dall’opposizione hanno espresso la richiesta di agire con un procedimento d‘urgenza, visti i tempi della Corte Costituzionale, la quale di solito impiega fra i tre e i quattro mesi per esaminare le carte e pronunciarsi; la sentenza potrebbe quindi arrivare quando tali provvedimenti avranno raggiunto già la propria scadenza naturale e non rappresenterebbe alcun aiuto per i cittadini. Ci sarebbe quindi bisogno, secondo l’FPÖ, di un procedimento particolarmente veloce. Contraria a fare le cose di fretta è, guarda caso, la ministra per gli affari costituzionali, Karoline Edtstadler, la quale sostiene che la Corte Costituzionale austriaca sarebbe già molto veloce nei suoi processi, al confronto di quelle di tanti altri stati, e che quindi non ci sarebbe motivo per ricorrere ad ulteriori abbreviamenti. Ma sono molte le voci di costituzionalisti ed esperti, che invece richiedono da tempo un procedimento d‘urgenza, come l’ex presidente della Corte suprema di giustizia, Irmgard Griss, già candidata alla presidenza della repubblica ed esponente del partito liberale “Neos“, partito che è stato spesso a favore di misure draconiane contro il covid e soprattutto a favore dell’obbligo vaccinale generale. Sembra quindi che quella sorta di scudo di protezione di cui il governo turchese-verde (Partito Popolare Austriaco e Verdi) ha goduto nel periodo di crisi pandemica da parte di alcuni partiti di minoranza e dei media di stato, si stia non troppo lentamente sgretolando.

La situazione, quindi, attualmente è decisamente caotica. I residenti in Austria, che già stavano aspettando l‘entrata in vigore dell’obbligo vaccinale generale per tutti i maggiorenni, previsto per martedì 1° febbraio, sono rimasti decisamente sorpresi, soprattutto per la tempistica dei vari ultimi annunci. Su questa vicenda, infatti, si sono accese subito alcune polemiche. Un’osservazione del già citato Chris Veber e di altri analisti è la seguente: perché ORF, la radiotelevisione di stato austriaca, non ha riportato la notizia dell’interrogazione (sicuramente già in suo possesso dal 26 gennaio) fino a quando il blog tedesco Tichys Einblick non ha scoperto il vaso di Pandora? Non ci stupisce, in realtà, che le cose siano andate così, perché l’informazione in Austria si sta impoverendo e appiattendo, per diventare quell’organo governativo, che ormai conosciamo fin troppo bene. È proprio di questi ultimissimi giorni la notizia dell’incasso record da parte della tv di stato, per assicurare al governo una campagna vaccinale adeguata alle richieste ministeriali. Cosa non nuova per noi italiani, ma che in Austria ancora suscita clamore.

Il secondo aspetto che ha lasciato tutti inizialmente a bocca aperta, è stato il fatto sicuramente non casuale, che l’annuncio ufficiale dell’apertura della revisione sia arrivato al governo lo stesso giorno in cui il cancelliere Nehammer ha preannunciato la fine del lock down per non vaccinati, annuncio di sola propaganda, perché nei fatti i non vaccinati continueranno a non poter andare quasi da nessuna parte, a meno di nuovi “allentamenti”. Ma adesso che conosciamo la data della “lettera” inviata al ministero della salute, capiamo che quasi sicuramente quello stranissimo annuncio del cancelliere, così improvviso, è stato un modo maldestro per pararsi le spalle, di fronte alla minaccia di un’interrogazione che potrebbe mettere in luce tutte le mancanze del governo e dei suoi collaboratori. Adesso tutto torna. Aspettiamo di vedere come andrà a finire la partita fra Mückstein e la Corte Costituzionale, partita che si spera sia leale, ovvero che il ministero fornisca dati certi, non rimaneggiati e oggettivi e che i giudici analizzino il tutto con occhio critico e super partes. Potrebbe essere un esempio per tanti altri paesi, Italia compresa.

 

 

 

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