Venerdì 27 maggio 2022 ho invitato nell’istituto in cui insegno, il Marie Curie/Piero Sraffa di Milano, Giorgio Bianchi a presentare la sua esperienza di fotoreporter e giornalista nella crisi russo-ucraina. Di seguito presento la sintesi della relazione di Bianchi e successivamente i commenti degli studenti.
Giorgio Bianchi
Faccio il fotoreporter da tanti anni e sono stato molte volte in Ucraina, anche per tre-quattro mesi, dal 2014 ad oggi. Ho assistito alle manifestazioni di Maidan del 2014, che hanno visto il coinvolgimento delle formazioni di estrema destra, come il Pravy Sector (Settore di destra) e l’organizzazione Svoboda (che significa “libertà”), nonché il famoso battaglione Azov. Non dico che tutti gli aderenti a queste organizzazioni facciano parte della “guardia nazionale”, però sono di impronta neonazista. Esse hanno contribuito alla deposizione di Janukovic e alla sua sostituzione con Poroscenko, filo-americano: è stata una sorta di “colpo di stato”, anche se molti in occidente hanno fatto passare questo cambiamento come la conseguenza delle manifestazioni. È un po’ come se Forza Nuova e Casa Pound avessero combattuto contro Draghi e l’avessero costretto ad andarsene!
Il governo dell’Ucraina ha iniziato una guerra, fin dal 2014, contro alcune regioni di lingua russa, Lugansk e Donetsk, che è durata anni. Io ero invitato spesso e ho parlato molte volte su tale argomento, anche all’Università, con platee numerose. Mi hanno invitato anche a RAI 3 e avevo l’impressione che le persone a cui mi rivolgevo non sapessero nulla della situazione in Ucraina. I mezzi di comunicazione hanno “silenziato” la guerra all’interno dell’Ucraina tra l’esercito nazionale e le proclamate repubbliche russofone, per cui nessuno era a conoscenza dei fatti! Solo dopo il 24 febbraio 2022 si è cominciato a parlare di Ucraina, in seguito all’intervento russo, ma prima c’è stato una mancanza pressocché totale delle informazioni sulla reale situazione di “guerra di fatto” tra l’esercito di Kiev e alcune regioni proclamatesi indipendenti. Nella repubblica di Donetsk, la capitale, che aveva due milioni di persone, nel febbraio 2015 era ridotta a 60.000 abitanti, in seguito ai pesanti bombardamenti delle forze armate ucraine.
E che l’intervento degli Stati Uniti d’America sia stato determinante ed esclusivo per il cambiamento politico in Ucraina lo dimostra anche la frase dell’allora segretario di Stato americano, Victoria Nuland, che in una telefonata intercettata, alla domanda su quale potrebbe essere il ruolo dell’Unione europea nella questione ucraina, rispose: “fuck the E.U.” (l’Unione europea vada a farsi fottere).
A Odessa, il 2 maggio 2015, ci fu una manifestazione a favore dell’annessione alla Russia, che fu repressa nel sangue dalle forze armate ucraine; adesso addirittura la voce su Wikipedia è stata modificata, cancellando le responsabilità della strage da parte dell’esercito dell’Ucraina. Così anche nella vicenda Mariupol.
Le regioni di lingua russa non sono solamente “russofile”: sono Russia a tutti gli effetti, facevano parte della Russia totalmente! E la Russia ha deciso di intervenire militarmente dopo la proclamazione dell’indipendenza da parte delle regioni di Lugansk e Donetsk. Ma l’intento russo non era quello di prendere Kiev, che infatti non è stata presa.
Prima c’era stata la questione della Crimea, donata da Krusciov, che era ucraino, nel 1954, all’Ucraina. Tale penisola, tramite un referendum, fu annessa “de facto”, anche se non “de iure” alla Russia. I russi poi hanno riaperto da diga di Cherson, che ha ridato acque alla Crimea in difficoltà per la siccità e poi hanno creato un ponte di terra con la Transnistria, regione russofona della Moldavia, mentre prima bisognava fare un ponte aereo per arrivarci.
I bombardamenti russi si sono concentrati su obiettivi militari e gli ucraini si sono asserragliati a Odessa, Mariupol, Kiev, Kharkiv: è stata presa, con grande spargimento di sangue, Kharkiv.
Domanda. Non le sembra di aver preso le parti dei russi un po’ troppo e quindi di aver giustificato Putin?
La guerra è sempre una brutta cosa; non si tratta di dare un giudizio morale, ma di esporre i fatti e cercare di risalire alle cause che li hanno prodotti. Quando gli Stati Uniti hanno bombardato Belgrado nessuno si è chiesto se fosse giusto e quanti bambini fossero rimasti sotto le macerie; così a Mosul, così a Racca; i bombardamenti sono frutto di scelte politiche e non ha senso chiedersi se siano giusti o no, in quanto sono sempre sbagliati. Quando muoiono delle persone, anche civili, e bambini, non c’è giustificazione che tenga.
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Commenti degli studenti all’incontro con Giorgio Bianchi
Venerdì 27 maggio 2022 è venuto, nell’Aula Magna dell’Istituto del Marie Curie/Piero Sraffa di Milano, il fotoreporter Giorgio Bianchi, invitato da me a parlare della crisi russo-ucraina. Qualche giorno prima del suo intervento, 44 insegnanti, cui si erano aggiunti anche alcuni altri (credo in tutto una cinquantina, su cento settanta docenti della scuola) avevano spedito una lettera alla preside, chiedendo la cancellazione dell’incontro. Tengo a precisare che gli insegnanti avevano chiesto che non venisse Giorgio Bianchi, non che ci fosse un contraddittorio, come erroneamente ha riportato la giornalista Giovanna Maria Fagnani su Corriere della Sera del 28 maggio. Ad ogni modo l’intervento si è tenuto lo stesso, anche se è mancata la corrente (ma tu guarda il caso!) dalle 11.35, momento nel quale Giorgio Bianchi doveva cominciare a parlare, fino alle 13.00, alla fine dell’incontro. Di conseguenza Giorgio Bianchi non ha potuto far vedere le foto e i video che aveva preparato, ma ha dovuto parlare (senza microfono, ovviamente) per un’ora e mezza, dando così un taglio molto più “politico” di quello che avrebbe voluto, lasciando parlare le immagini. Io poi ho scritto il testo del suo discorso e l’ho fotocopiato, utilizzandolo per la verifica di fine anno di educazione civica nelle mie classi. Avevo già parlato dell’articolo 11, ed ho messo una domanda sulla questione. La domanda era: “Sulla base di quanto stabilito dalla Costituzione, commenta quanto deciso dallo Stato italiano in merito al conflitto russo-ucraino”. Volevo infatti stimolare un giudizio personale sulla decisione di inviare armi all’Ucraina e sulle sanzioni economiche alla Russia.
Devo dire che è venuto fuori di tutto: c’è chi appoggia completamente l’operato del governo: “io credo che lo stato abbia preso la scelta giusta perché in queste condizioni non si poteva fare altrimenti” oppure chi ha compreso la differenza da me fatta tra guerra “de iure” (dichiarata ufficialmente) e guerra “de facto” (interventi militari): “il nostro Paese ha deciso momentaneamente di non intervenire nel conflitto Russia-Ucraina e lo farà solo nel caso che la Russia attacchi uno dei paesi all’interno della NATO, credo che questa decisione sia del tutto legittima perché rispetta la Costituzione”. Altri si pongono qualche problema: “Lo stato italiano ha condannato con fermezza la guerra di aggressione della Russia nei confronti dell’Ucraina e concordato il sesto pacchetto di sanzioni. Un’eccezione temporanea per il petrolio greggio fornito mediante oleodotto. Il mio commento riguardo a questi provvedimenti è che hanno fatto bene a punire la Russia perché ha fatto una cosa brutta, però è anche vero che ha ragione per degli episodi passati con l’Ucraina”.
Le risposte variano molto da classe a classe; in alcune la maggioranza giudica negativamente l’invio di armi all’Ucraina, in altre lo giudica positivamente perché è stato deciso “per sostenere l’Ucraina. Penso che l’aiuto sia molto importante, nonostante la situazione di guerra. Si è aiutata una popolazione in difficoltà, con meno difese”. Ben pochi collegano la seconda parte del primo comma dell’articolo 11 alle decisioni del governo “L’Italia ripudia la guerra…. come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali”, e cercano di giustificare la scelta di “co-belligeranza” operata dal governo Draghi, che inoltre non viene mai nominato. Diversi si astengono da ogni commento. “non ho le informazioni necessarie per prendere posizione; so che ha sollevato molte polemiche poiché in contrasto con la Costituzione; mi informerò. Penso anche che non ci troviamo nella situazione e non avendo tutte le conoscenze è difficile commentare”.
Ma forse il commento più riflessivo è quello di una ragazza, che dice: “Non seguo molto il conflitto, ma ripensando alla Costituzione non capisco il mandare le armi, cioè fin dalle elementari ti ritrovavi a sentire non si usano le mani per risolvere la situazione, ma il parlare, può anche sembrare inopportuna come cosa perché la questione è molto più grande”.
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