Gesù e la samaritana

 

III Domenica di Quaresima (Anno A)

(Es 17,3-7; Sal 94; Rm 5,1-2.5-8; Gv 4,5-42)

 

di Alberto Strumia

 

Abbiamo sottolineato, fino dall’inizio del Tempo di Quaresima di quest’anno, il dato di fatto che “Cristo ha vinto” su tutto il male del mondo e su quanti ne sono i principali autori, Satana e i suoi seguaci, angeli ed esseri umani ribelli. Per coloro che hanno seguito il Creatore e Signore dell’universo creato, la Sua vittoria restituisce la “giustizia originale” nel loro modo di rapportarsi con tutti gli esseri viventi e con tutte le cose: con Dio, e di conseguenza con il prossimo, con il creato e con sé stessi.

Nelle letture di oggi il tema principale sembra essere proprio quello della “vittoria di Cristo” che restituisce l’io di chi lo segue, restituendogli il “giusto modo” di concepirsi, di trattarsi e di decidere per la verità e il bene della propria vita, come singola persona.

Il Vangelo di questa terza domenica di Quaresima descrive, in tutti i suoi passaggi, la restituzione della vita – anima e corpo, mente e lucidità di giudizio, volontà e decisione, affettività e amore verso il prossimo, vita quotidiana e missione – al “giusto modo” di stare dinanzi a Dio, che fa ritrovare interamente il “giusto modo” di guardare a sé stessi e agli altri, come avviene nell’esperienza di questa donna samaritana. Cristo ha dimostrato di essere “Colui che vince” nella mente e nel cuore dell’essere umano, ricostruendo in lei il “giusto modo” di rapportarsi con Dio Creatore e con Lui Redentore.

– Non si aspettava che Gesù potesse essere il centro del cosmo e della storia, divenire il suo “centro affettivo”, Colui che la restituiva a sé stessa, vincendo su tutto ciò che non poteva neppure amare di sé stessa, restituendole il senso anche delle fatiche quotidiane, come quella di andare al pozzo ad attingere l’acqua per bere e lavare. Per questo rimane “sorpresa”, per essere stata presa in considerazione («Come mai tu, che sei giudeo, chiedi da bere a me, che sono una donna samaritana?»). Questa donna è il simbolo della nostra umanità contemporanea che da Cristo non si aspetta che possa essere rilevante per le cose del mondo, dell’umanità di oggi.

– Lo giudica incapace, non sufficientemente potente e attrezzato, privo dei mezzi, per rispondere alla sua necessità di attingere l’acqua che soddisfa la sua sete («Signore, non hai un secchio e il pozzo è profondo; da dove prendi dunque quest’acqua viva?»). Gli uomini e le donne di oggi considerano irrilevante Dio e Gesù Cristo come possibile Salvatore, come uno dotato dei mezzi per rispondere ai problemi “reali” dell’esistenza dell’umanità, della pace nel mondo, della giustizia sociale, della gestione dell’ambiente e della natura. E non si accorgono che senza o contro Dio e Cristo, stanno provocando solo divisioni e facendo più disastri che trovare soluzioni.

– Lo giudica privo del potere necessario, meno potente di Giacobbe che ha costruito il pozzo («Sei tu forse più grande del nostro padre Giacobbe, che ci diede il pozzo e ne bevve lui con i suoi figli e il suo bestiame?»). L’umanità di oggi considera Cristo certamente meno potente dei grandi uomini che stanno gestendo il mondo con il loro potere, e quindi irrilevante. Tanto più che il potere che un tempo ha avuto la Sua Chiesa, anche agli occhi del mondo, sta svanendo di giorno in giorno, a causa degli errori e dei peccati di non pochi tra coloro che la gestiscono.

– Ma Gesù dimostra di essere capace dell’unico giudizio realistico sulla situazione nel momento in cui dice alla donna che: «Chiunque beve di quest’acqua [del pozzo al quale lei sta attingendo] avrà di nuovo sete». Ciò significa, alla luce dei nostri giorni, che le soluzioni che gli uomini cercano di mettere a punto con le loro mani, senza Dio e senza Cristo, non possono essere veramente risolutive, perché i problemi riaffioreranno dopo poco tempo, come la sete che ritorna puntualmente dopo aver bevuto l’acqua. Anzi, le cose peggioreranno di giorno in giorno perché l’acqua sarà sempre meno potabile e sempre più inquinata.

È la sfida che san Giovanni Paolo II e Benedetto XVI hanno lanciato al mondo. Quella della “perdita di vivibilità” di un mondo costruito come se Dio non esistesse, come se Cristo fosse irrilevante e non fosse l’unico Salvatore. Ancora più grave è vivere nella Chiesa accettando, alla fine dei conti, la stessa logica culturale del mondo.

– Con il passo successivo passa dal giudizio ai fatti. Egli promette alla donna che «chi berrà dell’acqua che io gli darò, non avrà più sete in eterno. Anzi, l’acqua che io gli darò diventerà in lui una sorgente d’acqua che zampilla per la Vita Eterna».

Per l’oggi questo significa che chi costruisce la propria vita e la vita sociale, come se Dio esistesse, fondandola su Cristo, sulla concezione cristiana della realtà, dell’essere umano, del mondo intero, ha già la possibilità di un recupero di un “giusto modo” di vivere, anche già in questa vita terrena, in vista di quella eterna. Il “creato” non è solo un ambiente che l’uomo distrugge, ma è opera di Dio Creatore, nella quale anche l’uomo ha un posto e un compito!

 – A questo punto la donna capisce di dover prendere seriamente Gesù, riconoscendolo per quello che è, dimostrando di volerlo prendere a fondamento della propria vita, perché ha compreso che stare con Lui “conviene”, anche in vista della vita normale, di tutti i giorni («Signore – gli dice la donna – dammi quest’acqua, perché io non abbia più sete e non continui a venire qui ad attingere acqua»). Cristo “ha vinto” nella vita di quella donna.

Questo passaggio l’umanità di oggi si ostina a non volerlo fare e ne pagherà inevitabilmente le conseguenze.

– Con i passaggi successivi Gesù offre alla donna i “motivi di credibilità” della Sua Vittoria sul potere del mondo, che è alla sua radice, quello di Satana. Lui dimostra di sapere “leggere” nella vita e nel cuore, nell’anima della donna («Vedo che tu sei un profeta!»). E di ogni essere umano. Quando l’uomo di oggi si rende conto che solo Cristo «svela anche pienamente l’uomo all’uomo» (Redemptor hominis, n. 8), allora incomincia ad avere la fede e a fare esperienza della Salvezza, della “giustizia con Dio Creatore”. Attraverso coloro che vivono una tale esperienza passa la possibilità del riscatto del nostro mondo contemporaneo.

Questo cambiamento dell’uomo solo Dio può farlo ed è a Lui che noi, oggi, come Mosè della prima lettura («Che cosa farò io per questo popolo? Ancora un poco e mi lapideranno!») lo domandiamo, attraverso il suo manifestarsi diretto ed esplicito, fosse anche l’estremo apparire della Sua seconda e ultima venuta. E Lui lo farà come allora («Ecco, io starò davanti a te là sulla roccia, sull’Oreb; tu batterai sulla roccia: ne uscirà acqua e il popolo berrà»).

Maria, Madre di Dio, abbrevia i tempi della nostra attesa!

 

Bologna, 12 marzo 2023

 

Alberto Strumia, sacerdote, teologo, già docente ordinario di fisica-matematica presso le università di Bologna e Bari.

 

 

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