J.D. Flynn, editor-in-chief della rivista Catholic News Agency, ci offre delle interessanti riflessioni su quanto proposto da padre Martin alla riunione dei presidenti dell’Associazione dei College e delle Università Cattoliche degli Stati Uniti d’America.
Ecco il suo articolo che è stato pubblicato sulla rivista First Thing, nella mia traduzione.
Padre James Martin, S.J., sostiene che la sua difesa (della cultura LGNT, ndr) non mette in discussione la dottrina cattolica sull’omosessualità. Egli si è impegnato a pubblicare un saggio che delinei l’insegnamento della Chiesa sull’argomento. Sono felice di considerare padre Martin per quello che dice: Se afferma di non voler mettere in discussione l’insegnamento della Chiesa sull’omosessualità, anche se ci sono prove che questo potrebbe non essere vero, sono disposto a credergli.
Ma c’è una differenza tra la scelta di non sfidare la dottrina cattolica e la scelta di insegnarla nella sua pienezza. E la dottrina della Chiesa si estende ben oltre le questioni della sessualità. Anche se Martin potrebbe non stare ad insegnare un errore su questo argomento, il suo lavoro non esprime, o addirittura non tiene conto, dell’insegnamento cattolico su una questione fondamentale: cosa significa essere una persona. La conseguenza di questo fallimento è la confusione.
Consideriamo le recenti osservazioni di padre Martin ai presidenti dei college in una riunione dell’Associazione dei College e delle Università Cattoliche. Il suo discorso non afferma che l’attività omosessuale dovrebbe essere tollerata, o che l’insegnamento della Chiesa in materia dovrebbe cambiare. Ma presenta una visione della persona umana in contrasto con l’insegnamento cattolico, e sollecita una serie di pratiche pastorali che porteranno ad un dolore straziante e alla delusione, non alla libertà di Gesù Cristo.
Padre Martin inizia paragondando gli studenti universitari che sono rifugiati agli studenti universitari che si identificano come omosessuali. Così come dovremmo trattare i rifugiati con compassione e sensibilità alla luce delle esperienze strazianti del passato, così i college cattolici dovrebbero trattare con rispetto e cura pastorale coloro che hanno affrontato stigmatizzazioni, dolore o rifiuto a causa delle loro inclinazioni omosessuali. Questo sembra vero, e degno di considerazione.
Qui finiscono le similitudini. I rifugiati di un campus universitario sono usciti dalla prigionia e sono arrivati in un luogo di libertà. Ma padre Martin non continua a sostenere che gli studenti che si identificano come omosessuali debbano essere condotti alla libertà. Piuttosto, egli propone un piano che mescola una schiavitù della confusione sulla vera identità umana – su chi siamo, e su chi Dio ci ha fatto essere.
Ogni iniziativa che padre Martin raccomanda nel suo discorso – dalle “lauree alla lavanda” all’”L.G.B.T. – che afferma spiritualità, teologie, liturgie e spazi sicuri” – è strutturata per affermare la menzogna che l’inclinazione o l’orientamento sessuale sia, di per sé, identità. Padre Martin sembra sostenere che, per essere compassionevole, la Chiesa deve incoraggiare i giovani a vedere se stessi come li vede il mondo: come la somma dei loro desideri, piuttosto che come figli di Dio, amati figli e figlie del Padre.
La confusione contemporanea sull’orientamento sessuale oggi deriva dal conflitto tra l’appetito e l’identità. Noi siamo più della somma dei nostri appetiti. E i nostri appetiti – per quanto fortemente li sentiamo, per quanto ci abbiano modellati, per quanto abbiamo sofferto per loro – non sono spesso ordinati, in assenza di grazia, alla nostra realizzazione. Questa confusione va al di là della sessualità; è la causa di un consumismo insaziabile, di una dipendenza dalla tecnologia, e persino della nostra nuda e disfunzionale arena politica.
La Chiesa crede che la conoscenza della nostra vera identità di figli di Dio possa liberarci dalla schiavitù di definirci sulla base dei nostri appetiti, dalla confusione su chi siamo e su cosa ci porterà la felicità. Per questo la Chiesa dice che i college cattolici dovrebbero insegnare che gli studenti sono fatti a immagine di Dio, e che per grazia di Dio possono vivere nella libertà della loro creazione e rinascere in questa vita e nella prossima. Questo messaggio sfida il determinismo biologico o psicologico; sfida le tendenze postmoderne a definire la realtà secondo l’esperienza; sfida una cultura tecnocratica che dice che siamo ciò che facciamo.
Invece di insegnare agli studenti universitari che la loro identità si trova nei loro appetiti, e invece di affermare questa visione sbagliata della persona umana nell’ “L.G.B.T.-affermando le spiritualità”, i college cattolici dovrebbero confortare gli studenti con la consapevolezza che siamo fatti per la libertà, e che la Chiesa offre sia la via della libertà che la grazia per arrivarci.
Questo non significa che i college cattolici dovrebbero ignorare le sfide affrontate dagli studenti che si identificano come gay, transgender o queer. Significa prendere in considerazione il loro trauma. Ma significa anche insegnare la verità che porta alla felicità, proclamare la fonte di quella verità e proporre modi significativi per viverla. Significa offrire risorse come Courage (*), insieme a confessori compassionevoli, consulenti competenti e la testimonianza di uomini e donne che hanno scoperto la pienezza dell’identità umana in Gesù Cristo. Tutti gli studenti, indipendentemente da ciò con cui stanno lottando, hanno effettivamente bisogno di queste cose.
Padre Martin ha ragione sul fatto che gli studenti che si identificano come omosessuali hanno sofferto molto a causa di tale identificazione. Hanno affrontato la confusione e il rifiuto. E spesso si sentono isolati e soli. Ma la risposta non è affermare le menzogne del mondo su chi sono. Piuttosto, è mostrare loro come Dio Padre li vede, e quanto li ama.
(*) Courage offre accompagnamento spirituale alle persone con attrazione per lo stesso sesso ed ai loro cari secondo l’insegnamento di sempre della Chiesa.
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