E’ grave, è veramente grave quello che è successo qualche giorno fa in un centro estivo per bimbi di età tra i 2 ed i 3 anni a Casalecchio di Reno, un comune alle porte di Bologna. In un centro estivo, gestito in convenzione dalla Cooperativa Dolce, alcune maestre hanno voluto far mimare ai bimbi una sorta di gay pride o far festeggiare il gay pride che si sarebbe tenuto il giorno dopo per le vie di Bologna. Il caso è stato sollevato dal consigliere comunale Andrea Tonelli, eletto con la “Lista civica Casalecchio di Reno”, al quale alcune mamme avevano presentato le loro lamentele. Infatti, alcuni genitori, al ritiro dei bambini dall’istituto, si sono resi conto di quello che era successo, di quello che era stato propinato ai loro bambini senza che loro stessi fossero stati preventivamente informati ed avessero rilasciato il loro consenso.
Repubblica Bologna ci informa che tutto è successo alla vigilia del Bologna Pride, “Venerdì 6 giugno – si legge nel cartellone colorato disegnato dai bambini – ci siamo dipinti la faccia coi colori dell’arcobaleno per festeggiare insieme il gay pride, viva l’amore!“. E dietro, un arcobaleno con un cuore e la scritta: “Abbiamo letto “Buongiorno postino” e “Piccolo Uovo” …(due libri che affrontano il tema delle famiglie arcobaleno ndr) perché esistono tanti tipi di famiglie“, accompagnata dalle immagini dei bambini con la facce colorate che ascoltano l’educatrice e disegnano.
Andrea Tonelli, consigliere comunale, ha lamentato: “Ma come fanno dei bambini così piccoli a capire questo tipo di messaggi?“. Dello stesso parere il Sindaco di Casalecchio Massimo Bosso: “Se le cose sono andate davvero così mi sembra che sia stata un’attività inappropriata: non ha alcun senso parlare di questi argomenti a dei bambini di due anni”.
Il presidente della Cooperativa Dolce, Pietro Segata, prova a smorzare i toni: “Nei nostri servizi noi abbiamo previsto dei percorsi di orientamento alla diversità – spiega – ma li portiamo avanti sempre con grande attenzione e col coinvolgimento dei genitori, senza mai sostituirci alle famiglie. Penso che in questo caso le educatrici abbiano interpretato male il loro ruolo, mettendo un po’ troppa enfasi sulla diversità”.
Troppa enfasi? Qualcuno non è d’accordo, ad esempio la la referente regionale delle famiglie Arcobaleno, Elisa Dal Molin, la quale, sempre secondo Repubblica (di Bologna), afferma: “Non è mai troppo presto per abituare i bambini alla diversità: si tratta soltanto di spiegare loro che esistono tanti tipi di famiglie e che due persone che si amano possono voler avere un bambino, niente di più. Credo che le educatrici abbiano fatto bene a cogliere la palla al balzo e voler introdurre con la scusa del Pride la tematica delle tante famiglie. La libertà delle insegnanti va sempre rispettata. Il problema, ancora una volta, sono i genitori non i bambini. Il tema non è l’omossessualità, ma l’l’omofobia”.
E’ chiara dunque la strategia, utilizzare qualunque occasione come scusa per introdurre l’ideologia gender nelle scuole, a partire addirittura dagli asili nido, quando cioè i bambini sono naturalmente più “malleabili”, possibilmente evitando di informare i genitori, facendoli trovare a fatto compiuto, perché nei loro confronti esiste un pregiudizio ideologico: sono potenzialmente omofobi, e per questo sono visti come un ostacolo.
Gli appartenenti al mondo LGBT+ (cioè Lesbiche, Gay, Bisessuali, Transessuali, ecc.), infatti, vorrebbero cominciare quanto prima ad influenzare i bambini. Qualcuno, addirittura, sta cominciando a provarci con quelli che hanno appena 1 anno, con esperimenti tesi ad influenzare il prelinguaggio del bambino.
Questi “educatori” vorrebbero cominciare a confondere i bambini con domande del tipo: che cosa significa essere un bambino? Che cosa significa essere una femminuccia? Che cosa significa avere un pene? Che cosa significa avere una vagina?
Ma questo è solo l’inizio, essi continuerebbero dicendo ai bimbi che non è vero quello che hanno detto loro i genitori, e cioè che si è maschietti perchè si ha il pene e si è femminucce perchè si ha la vagina. No, insegnerebbero che sono bimbi perché la loro mente dice che sono bimbi, e sono bimbe perché la loro mente dice che sono bimbe. Meglio, tutto dipende dal colore dei vestitini (rosa per le femminucce, azzurro per i bimbi), dal tipo di giocattoli (bambole per le bimbe, le automobili per i maschietti), per cui basterebbe convincerli ad invertire colori e giocattoli ed il mondo assumerebbe un altro gusto. Continuerebbero dicendo che i generi non sono due ma che sono tanti, proprio come sono tanti i colori dell’arcobaleno. Ecco dunque i giochetti che spingono i bimbi a dipingersi la faccia con l’arcobaleno, i racconti delle false storielle degli ovini donati da signorine inevitabilmente gentili, dei semini donati da uomini obbligatoriamente gentili, della esistenza di tanti tipi di famiglie tutte colorate, nascondendo la realtà dell’utero in affitto e del commercio del seme e dell’uovo che avviene per il vile denaro .
L’obiettivo è chiaramente quello di “dissociare” i bambini dalle “credenze antiquate e stereotipate” che i genitori omofobi, consapevoli o meno, hanno inculcato ai loro figli, ovvero che i maschietti hanno il pene e le femminucce hanno la vagina. Invece, ai bambini di due-tre anni si deve dire che si può essere quello che si decide di essere, indipendentemente dalla realtà biologica.
Cari genitori, occorre che si prenda coscienza che la cultura LGBT+ ha come obiettivo un cambiamento radicale del modo di pensare e di essere, un cambiamento radicale dei cuori e delle menti delle prossime generazioni, quelle generazioni che comprendono proprio i nostri figli.
di Sabino Paciolla
Signori, la dimensione psichica va certamente considerata ma ignorare quella biologica ad esclusivo vantaggio della prima puo’ ritenersi secondo voi corretto? Ed in ogni caso, le regole del reciproco rispetto esigono di non imporre le proprie convinzioni a chi non le condivide né per sé né per i figli che la la dimensione biologica della loro persona ha dato ai rispettivi genitori. I quali hanno il sacrosanto diritto di educarli secondo le loro scelte e non secondo quelle di altri.
Concordo pienamente. Grazie del commento.
‘ E’ chiara dunque la strategia, utilizzare qualunque occasione come scusa per introdurre l’ideologia gender nelle scuole, a partire addirittura dagli asili nido, quando cioè i bambini sono naturalmente più “malleabili” ‘
Mi parlate di strategia applicata a bambini malleabili, e poi me li battezzate appena nati. Qualcuno mi spiega la differenza?
C’è differenza, una è questione trascendente (dimensione teologica) e l’altra è sociologica e antropologica.