Esposizione e riflessioni sul Compendio del Catechismo della Chiesa Cattolica
(Alberto Strumia)
Il materiale qui presentato è disponibile nel suo insieme nel volume: A. Strumia, Libere riflessioni a partire dal Compendio del Catechismo, vol. 1 – Il Credo, Amazon 2021. E in formato testo e audio sul sito albertostrumia.it/Fides-et-Ratio e sul canale YouTube www.youtube.com/c/AlbertoStrumiaAS.
Puntata n. 3 (nn. 9-10)
- Qual è la tappa piena e definitiva della Rivelazione di Dio? (65-66; 73)
È quella attuata nel suo Verbo incarnato, Gesù Cristo, mediatore e pienezza della Rivelazione. Egli, essendo l’Unigenito Figlio di Dio fatto uomo, è la Parola perfetta e definitiva del Padre. Con l’invio del Figlio e il dono dello Spirito la Rivelazione è ormai pienamente compiuta, anche se nel corso dei secoli la fede della Chiesa dovrà coglierne gradualmente tutta la portata.
«Dal momento in cui ci ha donato il Figlio suo, che è la sua unica e definitiva Parola, Dio ci ha detto tutto in una sola volta in questa Sua Parola e non ha più nulla da dire» (san Giovanni della Croce).
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Il n. 9 completa il quadro del percorso fondamentale della Rivelazione. Occorre fare attenzione alle parole che sono “pesate”, una per una, e mai messe giù a caso. Oggi non siamo più abituati a tanta precisione che è rimasta forse solo nelle “scienze dure” (logica, matematica, fisica, ecc.). Vediamole almeno per accenno queste parole fondamentali che troviamo in questo numero del Compendio del Catechismo.
(a) «Verbo». Questa parola parla di Dio “che rivela” (stiamo parlando della Rivelazione che Dio fa all’uomo), di Gesù Cristo che è «Verbo». Il termine indica Dio stesso che si comunica (Verbo = Parola, in latino e italiano; Logos = Ragione, Contenuto, Principio, nel testo greco del Vangelo di san Giovanni)
(b) «incarnato». Questa seconda parola ci dice che il Verbo, Dio, in «Gesù Cristo» è anche un uomo in carne e ossa, e non in modo apparente. La Chiesa, nei secoli, ha meditato sopra a queste parole e le ha setacciate una per una prendendole sul serio, fino alla definizione dei dogmi trinitari e cristologici (nel IV secolo a Nicea e Costantinopoli e successivi concili). Dice, in proposito, il n. 9: «nel corso dei secoli la fede della Chiesa dovrà coglierne gradualmente tutta la portata».
- i) Dio è “Uno” = “unico”: per così dire dall’“esterno” è un unico principio da cui trae origine (“creazione”) tutto ciò che esiste distinto da Lui, il “creato” che non è Dio, perché non ha in sé, “per natura”, la pienezza dell’Essere, ma solo una “partecipazione” dell’essere, dipendendo (“causalità”) da Dio che lo sostiene nell’“esistenza” e nel “mutamento” («In Lui infatti viviamo, ci muoviamo ed esistiamo», At 17,28).
- ii) Dio è “Trino” = “in tre Persone”: per così dire “all’interno”. Persone che, con il nostro linguaggio umano, usato da Gesù, ci sono state rivelate come “il Padre”, “il Figlio”, e “lo Spirito Santo”.
iii) Gesù Cristo è il “Verbo incarnato”. Formula che significa, secondo la comprensione che la Chiesa, guidata dallo Spirito Santo, ha formulato nei dogmi, che “la Persona divina del Figlio” = “il Verbo”, che è Dio “per natura”, ha unito a sé anche “la natura” umana dell’uomo individuo Gesù di Nazaret. Così che Gesù Cristo è vero Dio e vero uomo, avendo “due nature” che si sono unite nell’“unica Persona” del Verbo.
Sono cose difficili da formulare con precisione, ancora di più di un teorema di matematica, nella formulazione del quale ogni parola deve essere precisa e nessuna parola è di troppo o di meno di quelle necessarie e sufficienti a formularlo. Il paragone non è fuori luogo, tanto è vero che lo stesso san Tommaso d’Aquino paragonava la Teologia alla Fisica-Matematica.
(c) «Mediatore». Ecco la terza parola chiave di questo n. 9. Essendo nel contempo “vero Dio” e “vero uomo”, possedendo in modo “inconfuso” le due nature, Cristo realizza in sé il “collegamento fisico” tra Dio e l’uomo e come tale, a differenza di chiunque altro, è in grado di compiere una duplice opera.
La prima è quella di “Rivelare”, parlando come uomo il nostro linguaggio umano, agli uomini, quanto è bene per noi conoscere su Dio, su noi stessi su tutta la creazione. E questa è la Rivelazione che, in Lui ha la sua «pienezza» (ecco un’altra parola chiave di questo n. 9)
La seconda è quella di “Salvare” l’umanità. Dove salvare significa “restituire”, e anzi addirittura “potenziare”, la “giustizia originale”, cioè il “giusto modo” del rapporto tra l’uomo e Dio Creatore (“il Padre”). In una situazione assurdamente contraddittoria come quella che si vive nel mondo di oggi la parola “salvezza” riacquista un significato molto concreto, addirittura fisico, materiale, che la toglie da quell’aura fasulla che l’ha sempre fatta apparire agli occhi dei non credenti come qualcosa di inutile o almeno facoltativo, e a non pochi credenti, come una faccenda che riguarda solo l’aldilà e ben poco ha a che fare con la vita quotidiana sulla terra. Per “riparare” la rottura della “giustizia originale” ci vuole una “natura divina” onnipotente, perché il dono di essa viene da Dio (e l’offeso dal rifiuto del dono è Dio), e anche una “natura umana” (perché il torto a Dio è stato fatto dall’uomo). Qui il diritto romano ha giocato la sua parte per aiutare anche la teologia! A “riparare” l’offesa fatta doveva essere un uomo, perché l’uomo aveva offeso, e doveva essere Dio, perché solo uno di pari dignità con Dio, che è l’offeso, poteva essere in grado di farlo “da pari a pari”.
(d) «Pienezza della Rivelazione». Poi c’è la parola «pienezza» che si accompagna a precisare la parola «Rivelazione». In Cristo la «Rivelazione» trova sia
- i) il suo “compimento” nel tempo, («la Rivelazione è ormai pienamente compiuta») e non c’è nient’altro che Dio abbia ritenuto di dover aggiungere dopo di Lui (Giovanni Battista gli farà domandare dai suoi discepoli: «Sei tu colui che deve venire o dobbiamo attenderne un altro?», Mt 11,3). Per questo sono incompatibili con il cristianesimo tutte le religioni non cristiane che aggiungono un nuovo profeta e una nuova rivelazione che aggiunga delle nuove verità, o neghi quelle già rivelate, in nome di qualche presunto “nuovo paradigma”.
La Chiesa ritiene da sempre che la “Rivelazione storica” si è conclusa con la morte dell’ultimo degli Apostoli, i quali, avendo vissuto con Gesù, hanno riferito il Suo insegnamento.
- ii) E il suo “culmine”, il suo “massimo livello” («è la Parola perfetta e definitiva del Padre»), negli insegnamenti, nelle spiegazioni che della Scrittura che Gesù ci ha lasciato («E cominciando da Mosè e da tutti i profeti spiegò loro in tutte le Scritture ciò che si riferiva a Lui», Lc 24,27).
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- Quale valore hanno le rivelazioni private? (67)
Pur non appartenendo al deposito della fede, esse possono aiutare a vivere la stessa fede, purché mantengano il loro stretto orientamento a Cristo. Il Magistero della Chiesa, cui spetta il discernimento di tali rivelazioni private, non può pertanto accettare quelle che pretendono di superare o correggere la Rivelazione definitiva che è Cristo.
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Il n. 10 aggiunge una precisazione in merito a quelle che vengono dette, in senso analogico, “rivelazioni private”, per distinguerle dalla “Rivelazione” nel senso proprio del termine, della quale hanno parlato i numeri precedenti (nn. 6-9) che viene detta “pubblica” o “storica”. A queste oggi si aggiunge, da tempo, anche la dizione “rivelazione cosmica”, per indicare la creazione stessa, il creato, che esso pure è una forma di “rivelazione” implicita del Creatore che ne è l’Autore («Difatti dalla grandezza e bellezza delle creature per analogia si conosce l’Autore», Sap 13,5).
Questo numero è autoesplicativo per la sua chiarezza. I criteri per ritenere accettabili le “rivelazioni private”, alle quali non è obbligatorio credere per essere cattolici, ma che «possono aiutare a vivere la stessa fede», sono i seguenti.
(a) Richiamano a Cristo e non ad altri che prendano il Suo posto. I cosiddetti “veggenti” non sono più importanti di Cristo e non vanno considerati tali, degenerando in forme di culto della personalità e di fanatismo. Gli stessi santi e la Vergine Maria non possono sostituirlo, ma sono una via per arrivare a Lui, che è il solo ad essere Dio e, quindi degno di essere “adorato”.
(b) Sono coerenti con la “Rivelazione ufficiale” e con il “deposito della fede” custodito nella Tradizione trasmessa dalla Chiesa attraverso i dogmi e il Magistero, non aggiungendo nuove pretese verità, né contraddicendo o modificando quelle già definite o consolidate.
(c) Sono state confermate, o almeno non smentite o esplicitamente condannate, dall’autorità della Chiesa.
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