Esposizione e riflessioni sul Compendio del Catechismo della Chiesa Cattolica
(Alberto Strumia)
Il materiale qui presentato è disponibile nel suo insieme nel volume: A. Strumia, Libere riflessioni a partire dal Compendio del Catechismo, vol. 1 Il Credo, Amazon 2021. E in formato testo e audio sul sito albertostrumia.it/Fides-et-Ratio e sul canale YouTube www.youtube.com/c/AlbertoStrumiaAS.
Puntata n. 22 (nn. 79-83)
- Qual è la Buona Novella per l’uomo? (422-424)
È l’annunzio di Gesù Cristo, «il Figlio del Dio vivente» (Mt 16,16), Morto e Risorto. Al tempo del re Erode e dell’imperatore Cesare Augusto, Dio ha adempiuto le promesse fatte ad Abramo e alla sua discendenza mandando «Suo Figlio, nato da donna, nato sotto la Legge, per riscattare coloro che erano sotto la Legge, perché ricevessimo l’adozione a figli» (Gal 4,4-5).
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In questo secondo capitolo si entra negli articoli del Credo che professano la fede nella Redenzione che Dio ha attuato con l’Incarnazione del Verbo in Gesù Cristo. Questo numero si limita rivelare la notizia del “fatto storico” dell’Incarnazione del Verbo e della Sua Passione e Morte per la Salvezza degli uomini che vogliano accogliere e seguire la Sua Persona divina attraverso la conoscenza della Sua umanità. Una notizia che viene definita “buona” (La parola “Vangelo” altro non è che la traslitterazione del greco eu-angelion: “buona notizia”). Nei numeri successivi si dovrà spiegare ciò che la Chiesa ha creduto e compreso, fino a fissare nella dottrina quanto riguarda questi “Misteri della fede”: l’Incarnazione, la Passione, la Morte e la Risurrezione di Cristo in ordine alla Salvezza dell’uomo. E alla necessità di tale Salvezza per il ristabilimento dell’accesso alla “giustizia originale” perduta dall’umanità intera.
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- Come si diffonde questa Buona Novella? (425-429)
Fin dall’inizio i primi discepoli hanno avuto l’ardente desiderio di annunziare Gesù Cristo, allo scopo di condurre tutti alla fede in Lui. Anche oggi, dall’amorosa conoscenza di Cristo nasce il desiderio di evangelizzare e catechizzare, cioè svelare nella Sua Persona l’intero disegno di Dio e mettere l’umanità in comunione con Lui.
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Questo numero documenta la natura di “fatto”, di “avvenimento”, di “evento” dell’Incarnazione e dell’“incontro” con Gesù Cristo dei i primi “discepoli” e degli “apostoli” che furono da Lui direttamente chiamati a seguirlo. È un primo impatto “esistenziale”, “affascinante”, “attrattivo” che fa riconoscere nella Sua divino-umanità, il senso della vita, della storia e di tutto ciò che esiste. Questo primo impatto:
– inizialmente “emotivo”;
– si farà subito dopo sempre più “esistenziale” e “interiore” (“spirituale”);
– e via via “intellettivo” (“dottrinale”);
– fino a divenire “antropologico” (il modo di concepire se stessi e l’uomo);
– e “morale” (una “regola di comportamento” ).
L’avere incontrato la “risposta” alla “domanda di senso” dell’umana esistenza, attiva in loro quasi per “istinto” (un istinto dello Spirito Santo, secondo un’espressione ricorrente ben ventiquattro volte in san Tommaso d’Aquino: «per istinto dello Spirito Santo»), l’incontenibile esigenza di comunicare la “Buona Notizia”, perché il “Bene” per sua natura tende a comunicarsi (bonum diffusivum sui).
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E IN GESÙ CRISTO, SUO UNICO FIGLIO, NOSTRO SIGNORE
- Che cosa significa il Nome «Gesù»? (430-435; 452)
Dato dall’Angelo al momento dell’Annunciazione, il Nome «Gesù» significa «Dio salva». Esso esprime la Sua identità e la Sua missione, «perché è Lui che salverà il Suo popolo dai suoi peccati» (Mt 1,21). Pietro afferma che «non vi è sotto il cielo altro Nome dato agli uomini nel quale è stabilito che possiamo essere salvati» (At 4,12).
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Come già si è fatto in precedenza parlando del “Nome di Dio” (n. 39), anche parlando di Gesù Cristo, questo numero parla del Suo Nome: “Gesù”. Perché, secondo l’uso biblico il nome è la “definizione”, contiene l’essenza e lo scopo dell’esistenza, della missione di colui che lo porta, avendolo ricevuto da Dio.
– Il dato di fatto che il Nome “Gesù” sia di origine divina è documentato nel Vangelo di Luca: «Ecco concepirai un Figlio, Lo darai alla luce e Lo chiamerai Gesù» (Lc 1,31) che riporta le parole dell’Arcangelo Gabriele a Maria (dato dall’Angelo al momento dell’Annunciazione).
– Il significato del Nome “Gesù” è esplicitato, per noi, nella sua traduzione dall’ebraico, che è “Dio salva” (il Nome «Gesù» significa «Dio salva»). È l’equivalente del nostro “Salvatore”, la cui origine è cristiana ed proprio motivata dal Nome del Signore.
Si dovrà spiegare nel seguito del Compendio “da che cosa” c’è bisogno di essere salvati e “come” Gesù salva. Qui ci si limita semplicemente a dire che il Suo Nome lo afferma. E si aggiunge – si noti bene – con enfasi e senza possibilità di eccezioni che Pietro afferma che «non vi è sotto il Cielo altro Nome dato agli uomini nel quale è stabilito che possiamo essere salvati» (At 4,12). Così che l’unicità di Cristo come via di Salvezza è affermata dalla Sacra Scrittura stessa e non è appena un’ipotesi teologica, o una tradizione umana, sostituibile con altre convinzioni. Qualunque religione che affermi che vi sono più salvatori, o che il fondatore di una religione non cristiana è il salvatore; o che il Verbo si è incarnato in più di un uomo, non è compatibile con la dottrina cattolica.
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- Perché Gesù è chiamato «Cristo »? (436-440; 453)
«Cristo» in greco, «Messia» in ebraico, significa «unto». Gesù è il Cristo perché è consacrato da Dio, unto dello Spirito Santo per la missione redentrice. È il Messia atteso da Israele, mandato nel mondo dal Padre. Gesù ha accettato il titolo di Messia precisandone tuttavia il senso: «Disceso dal cielo» (Gv 3,13), Crocifisso e poi Risuscitato, Egli è il Servo Sofferente «che dà la Sua vita in riscatto per molti» (Mt 20,28). Dal Nome Cristo è venuto a noi il nome di cristiani.
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A partire da questo numero si spiegano gli altri più importanti “appellativi” e “titoli” che la Sacra Scrittura e la Tradizione hanno attribuiti a Gesù di Nazaret come identificativi della Sua missione e della Sua natura divino-umana.
In particolare in questo numero si spiega la ragione per la quale al Nome “Gesù” viene comunemente associato, quasi come una sorta di secondo nome, l’appellativo “Cristo”. Il Compendio dice che «Cristo» in greco, «Messia» in ebraico, significa «unto». Ora per noi questo non ha più il significato di un’unzione “fisica” diretta, ma ormai solo un significato simbolico di consacrato da Dio, unto dello Spirito Santo per la missione redentrice. L’uso dell’olio – che nell’Antico Testamento, troviamo nei riti di consacrazione dei Sacerdoti, dei Profeti e dei Re – è stato conservato nella Chiesa, fino dalle origini, come “materia” impiegata nei Sacramenti con i quali, coloro che li ricevono, vengono consacrati “sacerdoti, profeti e re”, secondo i diversi “gradi” previsti:
– il “Battesimo”, con l’“olio dei catecumeni” e il “crisma”;
– la “Cresima” (o Confermazione), con il “crisma”;
– l’“Ordine sacro”, con il “crisma”;
– l’“Unzione degli infermi”, con “l’olio degli infermi”.
Il numero, alla fine, aggiunge che dal Nome “Cristo” è venuto a noi il nome di “cristiani”, come documentato nel Nuovo Testamento già negli Atti degli Apostoli: «Ad Antiochia per la prima volta i discepoli furono chiamati Cristiani» (At 11,26).
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- In che senso Gesù è il «Figlio Unigenito di Dio»? (441-445; 454)
Egli lo è in senso unico e perfetto. Al momento del Battesimo e della Trasfigurazione, la voce del Padre designa Gesù come Suo «Figlio prediletto». Presentando se stesso come il Figlio che «conosce il Padre» (Mt 11,27), Gesù afferma la Sua relazione unica ed eterna con Dio Suo Padre. Egli è «il Figlio Unigenito (1Gv 4,9)» di Dio, la seconda Persona della Trinità. È il centro della predicazione apostolica: gli Apostoli hanno visto «la Sua gloria, come di Unigenito dal Padre» (Gv 1,14).
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L’appellativo di Gesù come “Figlio di Dio” ha il Suo fondamento nella testimonianza del Nuovo Testamento (e nella profezie dell’Antico Testamento). Questo numero riporta i tre passi più importanti nei quali Egli viene chiamato con questo attributo, o nei quali Egli si riferisce o rivolge a Dio come Suo Padre. L’appellativo di “Figlio” non è mai stato ritenuto, dai cristiani, come solo allusivo o simbolico, ma sempre come “reale”, così da contribuire a formulare una “cristologia” (dottrina sulla “duplice natura” e “una persona” di Cristo) e una “dottrina trinitaria” sulle relazioni tra Dio Padre, Dio Figlio e Spirito Santo.
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