Esposizione e riflessioni sul Compendio del Catechismo della Chiesa Cattolica

(Alberto Strumia)

 

Il materiale qui presentato è disponibile nel suo insieme nel volume: A. Strumia, Libere riflessioni a partire dal Compendio del Catechismo, vol. 1 Il Credo, Amazon 2021. E in formato testo e audio sul sito albertostrumia.it/Fides-et-Ratio e sul canale YouTube www.youtube.com/c/AlbertoStrumiaAS.

 

tentazione

 

Puntata n. 21 (nn. 75-78)

  1. In che cosa consiste il primo peccato dell’uomo? (396-403; 415-417)

L’uomo, tentato dal diavolo, ha lasciato spegnere nel suo cuore la fiducia nei confronti del suo Creatore e, disobbedendogli, ha voluto diventare «come Dio» senza Dio, e non secondo Dio (Gen 3,5). Così Adamo ed Eva hanno perduto immediatamente, per sé e per tutti i loro discendenti, la Grazia originale della santità e della giustizia.

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Questo numero descrive in maniera sintetica ciò che, nella sua essenza, è il “peccato originale” al di là del dettaglio storico contingente, secondo cui esso è avvenuto. Non potrebbe fare diversamente dal momento che la Scrittura ce ne offre un raconto di genere mitico-simbolico piuttosto che cronachistico-storico. La stessa Rivelazione intende comunicare un “dato di fatto” che spiega la condizione umana. E motiva, di conseguenza, la necessità di una “riparazione” (Redenzione) della condizione danneggiata dell’umanità intera.

Questo “stato” che è il peccato originale è ben definito da san Tommaso come “perdita della giustizia originale”. Ovvero perdita responsabile, colpevole in quanto volontaria da parte dei progenitori, ed ereditata da tutto il genere umano che da essi discende; e indotta dalla tentazione del demonio, volontariamente assecondata dai progenitori. Dove per “giustizia originale” si intende il “giusto modo” di rapportarsi dell’uomo con Dio Creatore. Il non rispetto delle leggi naturali da Dio impresse nella natura delle cose e nella natura umana, per il suo “buon funzionamento”.

La presunzione di darsi, da soli e a proprio arbitrio, le leggi della propria natura, da parte del genere umano, in sostituzione di quelle date dal Creatore, non può che portare a conseguenze negative per l’uomo, oltre ad offendere con un rifiuto la dignità stessa del Creatore.

Ciò che risulta “più ingiusto” nei nostri confronti, di discendenti dei progenitori, è il fatto di dover subire gli effetti e l’eredità di una colpa commessa da chi ci ha preceduto, ma della quale non ci sentiamo responsabili. Ma anche questa ingiustizia fa parte, nei nostri riguardi, della perdita della giustizia originale. E anche da questa abbiamo bisogno di essere riscattati.

Come conseguenza l’umanità ha perduto lo stato di Grazia (partecipazione alla vita stessa di Dio nella comunione con la Trinità) e i doni preternaturali che dispensavano l’uomo dalla sofferenza e dalla morte.

Per rendersi conto della inevitabilità di questa dolorosa e insopportabile situazione occorre tenere conto di alcuni elementi.

(a) Il genere umano, nel suo inizio, era interamente coincidente con i progenitori, come in un unico individuo. Dunque ogni loro azione era azione dell’intero genere umano e lo coinvolgeva interamente, in tutta la sua estensione spaziale e temporale.

(b) Noi, membri del genere umano che veniamo dopo i progenitori, con i nostri peccati attuali presenti, non facciamo altro che rinnovare lo stesso errore di giudizio che è stato alla base del peccato dei progenitori. Ed è come una sorta di nostra conferma volontaria della stessa scelta di rottura della giustizia originale. In questo modo ci rendiamo noi stessi colpevoli del nostro male.

(c) Il fatto che avvertiamo come un’ingiustizia questa pesante eredità non è altro che la conferma che la “giustizia originale” non c’è più neppure per noi.

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  1. Che cos’è il peccato originale? (404; 419)

Il peccato originale nel quale tutti gli uomini nascono è lo stato di privazione della santità e della giustizia originali. È un peccato da noi «contratto», non «commesso»; è una condizione di nascita, e non un atto personale. A motivo dell’unità di origine di tutti gli uomini, esso si trasmette ai discendenti di Adamo con la natura umana, «non per imitazione, ma per propagazione». Questa trasmissione rimane un mistero che non possiamo comprendere appieno.

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Questo numero descrive in maggiore dettaglio quanto abbiamo già visto nel numero precedente, in merito all’essenza del peccato originale.

In più qui si parla esplicitamente di privazione della santità e della giustizia originali. Abbiamo richiamato frequentemente il concetto di “perdita” o “privazione” della “giustizia originale”, spiegandola come “rottura del giusto modo di rapporto dell’uomo con Dio Creatore”, da parte dell’intero genere umano, unificato nei progenitori, per le conseguenze antropologiche, culturali, individuali e sociali che esso comporta: segnaliamo qui, in particolare i precedenti nn. 1d, 4, 6, 7, 7a, 40, 42, 48, 51, 56, 58, 64, 68, 72.

Viene anche detto che il modo della “propagazione/tramissione” del peccato di origine, dai progenitori al resto dell’umanità rimane un mistero e non ci è dato di sapere di più da parte della Rivelazione, in quanto le Scritture non ce lo spiegano. Su questo si possono fare delle “ipotesi” teologiche ma non avere delle certezze assolute. Tradizionalmente, come fa lo stesso san Tommaso, si pensa al modello della “trasmissione per generazione”.

Questo modello della “trasmissione per generazione” è stato accolto dal Magistero nell’enciclica Humani generis di Pio XII («il peccato originale, che proviene da un peccato veramente commesso da Adamo individualmente e personalmente, e che, trasmesso a tutti per generazione, è inerente in ciascun uomo come suo proprio», IV). Nell’attuale Catechismo si parla, con maggiore ampiezza, di “propagazione” anziché di “generazione”, lasciando aperto un maggiore spazio alla ricerca teologica.

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  1. Quali altre conseguenze provoca il peccato originale? (405-409; 418)

In conseguenza del peccato originale la natura umana, senza essere interamente corrotta, è ferita nelle sue forze naturali, è sottoposta all’ignoranza, alla sofferenza, al potere della morte, ed è incline al peccato. Tale inclinazione è chiamata concupiscenza.

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Questo numero parla delle conseguenze del peccato originale sulla natura umana e precisa che:

(a) la natura umana senza essere interamente corrotta, è ferita nelle sue forze naturali. Questa dichiarazione prende posizione contro la tesi protestante che ritiene la natura umana “interamente” compromessa, al punto tale di togliere all’uomo la capacità della “sola ragione” di avere una qualche conoscenza di Dio; e alla libertà umana di potere esercitare delle scelte pienamente responsabili;

(b) la natura umana, oltre allo stato di Grazia, perdendo anche i “doni preternaturali”, è soggetta all’ignoranza, alla sofferenza e alla morte;

(c) la natura umana, nella “volontà” è maggiormente inclinata al peccato, essendo più instabile di fronte alla tentazione da parte del demonio, e nei sensi è maggiormente soggetta alla concupiscenza, dal momento che si è venuta a creare una disarmonia tra l’anima e il corpo, per cui le passioni non obbediscono più spontaneamente alla ragione, ma tendono facilmente ad opporsi ad essa («Infatti acconsento nel mio intimo alla legge di Dio, ma nelle mie membra vedo un’altra legge, che muove guerra alla legge della mia mente e mi rende schiavo della legge del peccato che è nelle mie membra», Rm 7,22-23).

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  1. Dopo il primo peccato, che cosa ha fatto Dio? (410-412; 420)

Dopo il primo peccato, il mondo è stato inondato di peccati, ma Dio non ha abbandonato l’uomo in potere della morte, ma, al contrario, gli ha predetto in modo misterioso – nel «Protovangelo» (Gen 3,15) – che il male sarebbe stato vinto e l’uomo sollevato dalla caduta. È il primo annuncio del Messia Redentore. Perciò la caduta sarà perfino chiamata felice colpa, perché «ha meritato un tale e così grande Redentore» (Liturgia della Veglia pasquale).

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Qui si anticipa il fatto che Dio, fino da subito dopo il peccato originale, ha annunciato il piano della Redenzione in Cristo, nel «Protovangelo» (Gen 3,15). Tutto era previsto, essendoci la libertà delle creature intelligenti di opporsi alla “giustizia originale”: Dio ha preferito creare degli esseri liberi di rifiutarlo come Creatore, per poter poi perdonare loro offrendo la possibilità del ritorno alla “giustizia originale” e ad uno stato di sovrabbondanza di Grazia, piuttosto che realizzare una creazione diversa da quella attuale.

Per quanto tutto questo rimanga per noi misterioso, questa scelta compete alla libertà di Dio e a Lui solo. A questo proposito così si esprimeva sant’Ambrogio: «Dio ha preferito che ci fossero più uomini da salvare e ai quali poter perdonare il peccato, che avere soltanto l’unico Adamo, il quale restasse libero dalla colpa» (De Paradiso, 47).

 

 

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