Esposizione e riflessioni sul Compendio del Catechismo della Chiesa Cattolica

(Alberto Strumia)

 

Il materiale qui presentato è disponibile nel suo insieme nel volume: A. Strumia, Libere riflessioni a partire dal Compendio del Catechismo, vol. 1 Il Credo, Amazon 2021. E in formato testo e audio sul sito albertostrumia.it/Fides-et-Ratio e sul canale YouTube www.youtube.com/c/AlbertoStrumiaAS.

 

La caduta di Adamo ed Eva - Michelangelo - Cappella Sistina
La caduta di Adamo ed Eva – Michelangelo – Cappella Sistina

 

Puntata n. 18 (nn. 63-66)

  1. Qual è il posto dell’uomo nella creazione? (343-344; 353)

L’uomo è il vertice della creazione visibile, in quanto è creato a immagine e somiglianza di Dio.

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L’ultima creatura che Dio pone in atto è l’uomo, che la Scrittura presenta come il vertice della creazione visibile (per natura gli Angeli sono superiori all’uomo, ma non fanno parte della creazione visibile, in quanto entità incorporee). Nel mondo “fisico”, “corporeo”, “materiale” tutto è creato in funzione dell’uomo e non ci sono ulteriori nuovi generi di creature da porre in atto («Così furono portati a compimento il cielo e la terra e tutte le loro schiere. Allora Dio, nel settimo giorno portò a termine il lavoro che aveva fatto e cessò nel settimo giorno da ogni Suo lavoro», Gen 2,1-2).

Dopo la creazione dell’uomo l’attività creatrice di Dio consisterà nella “conservazione nell’essere” e nel “governo mediante le leggi” di quanto è stato posto in atto dal nulla e nella creazione delle anime dei nuovi esseri umani generati nel corpo dalle coppie uomo-donna esistenti.

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  1. Che tipo di legame esiste tra le cose create? (342; 354)

Esiste tra le creature un’interdipendenza e una gerarchia, volute da Dio. Nello stesso tempo, esiste un’unità e solidarietà fra le creature, poiché tutte hanno il medesimo Creatore, sono da Lui amate e sono ordinate alla Sua gloria. Rispettare le leggi iscritte nella creazione e i rapporti derivanti dalla natura delle cose, è quindi un principio di saggezza e un fondamento della morale.

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Questo numero ci dice che, attraverso la Scrittura – confermata dalla Rivelazione compiuta da Cristo Redentore («non son venuto per abolire, ma per dare compimento», Mt 5,17) – viene rivelato all’umanità un “criterio di saggezza” (un “principio” di saggezza) e di conseguenza un “criterio di comportamento” (un “fondamento” della morale) per il “buon funzionamento” della vita dell’uomo e di tutta la creazione. Non rispettarlo comporta dei danni per la vita del singolo essere umano, della vita di coppia e di famiglia, per la convivenza sociale, per i rapporti tra i popoli, per la natura e l’ambiente. Si tratta di un principio di interdipendenza tra le cose create che devono vivere in simbiosi per sopravvivere e soprattutto vivere bene. Una interdipendenza che il Creatore ha previsto sotto forma di gerarchia. Per cui le creature sono subordinate, le une in funzione di altre, e tutte in relazione all’uomo, e insieme all’uomo sono ordinate alla Gloria di Dio. Contrastare questo ordinamento porta ad una “perdita” di bene-essere, fino all’autodistruzione. Sarà il “peccato originale”, del quale si parlerà in seguito.

Se la preoccupazione per l’ambiente, oggi tanto enfatizzata, è importante, essa ha senso compiuto e positivo solo nella misura in cui l“ambiente” e la “natura” sono conosciute e trattate come riferite a Dio Creatore. L’“ambientalismo”, il “naturalismo”, senza il Creatore, finiscono per diventare un’ideologia politico-economica che i detentori dei grandi poteri umani utilizzano per schiavizzare l’umanità. O addirittura una religione neo-pagana di matrice gnostica o panteista. Una simile visione della realtà, con l’etica che ne consegue, non è saggia e prima o poi si si rivolge contro l’uomo.

«Deve nascere, quindi, un interrogativo: per quale ragione questo potere, dato sin dall’inizio all’uomo, potere per il quale egli doveva dominare la terra, si rivolge contro lui stesso, provocando un comprensibile stato d’inquietudine, di cosciente o incosciente paura, di minaccia, che in vari modi si comunica a tutta la famiglia umana contemporanea e si manifesta sotto vari aspetti?» (Redemptor hominis, n. 15).

La risposta cristiana che il Compendio qui, implicitamente, anticipa in forma positiva, è che solo riconoscendo Dio Creatore e le Sue leggi c’è saggezza e benessere per l’umanità. Se si dimentica e/o ci si contrappone a Dio Creatore, cercando di mettere l’uomo al Suo posto, le cose non funzionano e finiscono per rivolgersi contro l’uomo.

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  1. Che relazione c’è fra l’opera della Creazione e quella della Redenzione? (345-349)

L’opera della creazione culmina nell’opera ancora più grande della redenzione. Infatti questa dà inizio alla nuova creazione, nella quale tutto ritroverà il suo pieno senso e il suo compimento.

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In questo numero si anticipa il tema della Redenzione, e quindi, per senza citarlo ancora esplicitamente, del Redentore, di Cristo, Verbo che ha assunto una natura umana. Qui si lascia intendere, che in Cristo risiede la “pienezza della Creazione” e che il Verbo unito alla natura umana creata è il “modello”, l’“esemplare” di tutta la Creazione. Questa è la base della dottrina e della conseguente teologia delle “esemplarità”, particolarmente recepita dai cristiani dell’Oriente europeo.

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L’UOMO

  1. In che senso l’uomo è creato a «immagine di Dio»? (355-357)

L’uomo è creato a immagine di Dio nel senso che è capace di conoscere e di amare, nella libertà, il proprio Creatore. È la sola creatura, su questa terra, che Dio ha voluto per se stessa e che ha chiamato a condividere, nella conoscenza e nell’amore, la Sua vita divina. Egli, in quanto creato a immagine di Dio, ha la dignità di persona: non è qualcosa, ma qualcuno, capace di conoscersi, di donarsi liberamente e di entrare in comunione con Dio e con le altre persone.

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Tra tutte le entità create campeggia l’uomo. Stiamo ancora affrontando le prime parole del Credo: «Credo in un solo Dio Padre onnipotente, creatore del cielo e della terra, di tutte le cose visibili ed invisibili». L’uomo non è neppure citato, per ora. Se ne parlerà poi come creatura bisognosa della Salvezza di Cristo («Per noi uomini e per la nostra Salvezza…»). Ma qui il Compendio sente il bisogno di introdurre l’“antropologia” cristiana, come capitolo della saggezza della quale si è parlato nel numero precedente.

Fa di nuovo la sua comparsa, qui, il termine “persona” (egli, in quanto creato a immagine di Dio, ha la dignità di “persona”), ma secondo una “modalità diversa”, pur nell’“immagine e somiglianza” (cfr., Gen 1,26) con le Persone divine nell’interiorità della Trinità.

Se “entro” la Trinità le “Persone” sono “relazioni” nell’unica “sostanza” divina, con la creazione dell’uomo e della donna (come già con la creazione degli Angeli), il termine “persona” è associato a ciascuna “sostanza”, “individua” per ciascun essere umano. L’uomo e la donna sono “due persone” in “due sostanze” individue distinte. Pur essendo unite nella loro reciproca “relazione” di complementarietà («Per questo l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due saranno una carne sola», Mt 19,5. “Una sola carne”, in forza di una relazione di complementarietà, forte, ma non tale da renderle “una sola sostanza”), non lo sono al punto di essere una sola sostanza come avviene nella Trinità. Essi sono “creature”, non sono Dio.

Qui il termine “persona” è detto secondo l’“analogia”, con due significati diversi (per la Trinità e per l’uomo e la donna), pur accomunati da una “similitudine”, che è data dall’“intelligenza” e dalla “libera volontà” che l’uomo e la donna (come già gli Angeli) hanno in comune con le Persone divine, fatte le debite proporzioni.

Opportunamente Boezio (vissuto a cavallo tra il V e il VI secolo) definì la “persona creata” (umana o angelica) come: «sostanza individuale di natura razionale (rationalis natuarae individua substantia)» (De duabus naturis et una persona Christi, cap. 3, P.L. 64, 1343).

 

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