Coena-Domini-giovedi-santo

 

Giovedì Santo (in Coena Domini)

(Es 12,1-8.11-14; Sal 115; 1Cor 11,23-26; Gv 13,1-15)

 

di Alberto Strumia

 

Quest’anno – visti gli eventi che lo hanno caratterizzato finora – il Giovedì Santo è particolarmente segnato da ciò che nell’Ultima Cena – nella quale il Signore ha istituito il Sacramento dell’Eucaristia – ha anticipatamente vissuto: la Sua Passione.

Il “significato conviviale” della Cena del Signore e della celebrazione delle nostre  Messe, sembra essere sopravanzato del “significato sacrificale”. Nell’Eucaristia è il Sacrificio di Cristo, riscatto per la nostra Salvezza, quest’anno a prevalere ai nostri occhi. Come Lui in quel primo Giovedì Santo ha anticipato sacramentalmente la Sua imminente Passione, Morte culminate nella Risurrezione nel giorno di Pasqua, così noi, in ogni Messa, siamo resi posticipatamente contemporanei di quell’unico Sacrificio per la nostra Salvezza. Un Sacrificio, quello di Cristo, che ha “ristabilito” la possibilità dell’accesso alla giustizia nel rapporto tra l’uomo/umanità e Dio Creatore. Giustizia che è stata infranta fino dalle origini per libera, erronea, scelta dell’uomo/umanità, istigato da Satana e dai suoi seguaci, gli Angeli decaduti, i primi che l’hanno respinta, i primi peccatori. E che viene nuovamente infranta dalle nostre libere, ottuse scelte di ogni atto di arbitrario rifiuto dei Comandamenti di Dio, della legge che governa il bene-essere della creatura umana. I risultati si vedono con evidenza nei fatti della storia dei nostri anni.

Tutto questo, e molto di più, è racchiuso, oggi, nell’espressione del Vangelo di Giovanni, che si legge nella Messa in Coena Domini: «Avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine». Non solo alla fine delle Sue forze umane, ma nel senso di impegnare “tutta” la Sua Onnipotenza infinita, in un modo che le nostre parole umane non riescono neppure ad immaginare e a descrivere se non con questa insufficiente, ma efficace e commovente formula: sino alla fine.

In questo sino alla fine si racchiude anche il valore dell’Eucaristia che è, in se stessa, la continuazione, lungo i secoli della storia della Chiesa, della Sua presenza fisica “reale” presso gli uomini: «Egli è qui, è qui come il primo giorno» (C. Péguy, Il mistero di Giovanna D’Arco). Non appena un ricordo, un simbolo, uno scritto, un’immagine, ma Lui in Persona, nella “sostanza” del Suo Corpo e del Suo Sangue: «Sono con voi, tutti i giorni, fino alla fine dei secoli» (Mt 18,20). Fino alla fine…

Solo da Lui, dalla forza soprannaturale (la Grazia) che viene dal Suo Sacrificio riparatore dell’ingiustizia interposta “da” e “tra” l’uomo/umanità e Dio Creatore, viene per gli uomini quella capacità (virtus) dell’amore dell’uomo per se stesso, dell’uomo per gli altri che è ben di più della pure umanamente apprezzabile solidarietà naturale, così fragile e passeggera, dopo il momento dell’emergenza.

La “carità” è la capacità, ricevuta (“infusa”) per Grazia, di guardare se stessi e gli altri con gli occhi che Cristo («Gesù, fissatolo, lo amò», Mc 10,21) ci “presta” – i Suoi occhi – e di trattare se stessi e loro conseguentemente. È lo sguardo di Dio, di Cristo, che dice alla creatura umana e fa dire dal cristiano a se stesso e ad un altro: «Come è bene che tu ci sia!» (T. Styczen).

Tutto questo, e molto di più, si racchiude nella celebrazione di questa sera, come in ogni Giovedì Santo, di ogni anno, e conseguentemente, in ogni celebrazione dell’Eucaristia.

Come agli Apostoli Cristo dice anche a noi, chiedendo di stare attenti a ciò che celebriamo: «Capite quello che ho fatto per voi?». Aveva già detto, in un’altra occasione, dopo avere spiegato loro le parabole: «“Avete capito tutte queste cose?”. Gli risposero: “Sì”». Questa sera chiediamo anche noi la Grazia di rispondere allo stesso modo, con lo stesso coraggio, quasi un po’ incosciente e ingenuo che ebbero loro, perché più grande di noi, “Sì”.

Nella Sua Passione il Signore ha preso su di sé i peccati nostri e dell’umanità intera, le colpe e i danni di tutte le guerre, anche di quest’ultima, nelle quali si scatena la furia di Satana distribuita nelle varie parti del mondo, invidiosa degli uomini perché lui ha perso tutto e noi ancora no, invidiosa perché il Verbo si è fatto uomo e non angelo. Una furia che ha preso possesso di quegli uomini, com’era avvenuto già a Giuda («Dopo quel boccone, Satana entrò in lui», Gv 13,27) che hanno finito per scendere a patti con lui per avere parte ad un potere sovrumano da esercitare sopra tutti e contro tutti, fino a far loro perdere il controllo di se stessi. Ma Dio dà anche a loro la possibilità di riprendersi fino all’ultimo istante.

A nostri giorni questo entrare di Satana in non pochi uomini e donne, per loro libera scelta, si ripete sempre più frequentemente a tutti i livelli (non a caso le vessazioni e le possessioni diaboliche sono in aumento da tempo), quasi ad indicarci che il tempo della storia è prossimo a compiersi e il ritorno di Cristo glorioso si avvicina.

L’Eucaristia è il sostegno della Sua Presenza reale con noi qui, dove siamo ora, giorno dopo giorno, che ci è data per nutrirci nella fede, nella speranza e nella carità, e introdurci in quell’Esodo finale della storia dell’umanità che ci introdurrà nella “Terra promessa” del Cielo, nell’Eternità dove la visione della Gloria di Dio finalmente ci sazierà di consolazione.

«Vieni, Signore, Gesù!». «Sì, verrò presto!» (Ap 22,20)

 

Bologna, 14 aprile 2022

 


 

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