mosca-bianca

 

 

 

di Roberto Allieri

 

 

La virulenza con cui la cancel culture cerca di imporsi nel mondo occidentale è sotto gli occhi di tutti. Non solo vuole cancellare il passato, ma pretende anche di censurare, persino nel lessico, ciò che nel presente viene percepito come intralcio ad una ideologia che non ammette la minima deviazione. Tutto ciò che suona sgradito diventa offensivo e va eliminato con qualsiasi pretesto o giustificazione. In una parola: oscurantismo.

Per poter sostenere questo sistema repressivo occorre un controllo sempre più asfissiante dei mezzi di informazione. La strategia dell’oscurantismo però ha un difetto: in una stanza resa completamente buia, bastano pochissimi raggi di luce che trapelano dalla porta o dalla finestra per poter intravedere e cominciare a muoversi nell’oscurità. La verità è luce. Si può coprire la fonte della luce, ma quando il raggio è partito non lo si può fermare. La mastodontica diga delle falsità può sbriciolarsi per effetto di una piccolissima crepa che dà libero sfogo a ciò che è trattenuto.

 

Ebbene, mi piace collegare due recenti indizi che mi fanno ben sperare in possibili cambi di tendenza nella distopica realtà in cui viviamo.

Sto parlando della pubblicazione del libro ‘Mondo al contrario’ del generale Vannacci (che confesso di aver letto interamente, a differenza di chi lo denigra avendo letto solo le stroncature dei giornali) e dell’ormai famoso cortometraggio pubblicitario ‘la pesca – una storia Esselunga.

 

Nei mass media allineati al mainstream ormai vige un tale conformismo che una voce fuori dal coro non può passare inosservata, anzi centuplica l’interesse: è l’effetto mosca bianca. È un’opportunità prorompente, un vantaggio che può mettere in difficoltà l’oscurantismo imperante.

Io penso che un effetto simile possa ripresentarsi se passerà la proposta di legge di iniziativa popolare ‘un cuore che batte’, di cui ho parlato pochi giorni fa.

Avendo già sviscerato in molte occasioni le tematiche affrontate da Vannacci e anche quelle sull’aborto, vorrei qui soffermarmi sull’argomento caldo alla ribalta in questi giorni: gli effetti del divorzio. Perché, per una volta, è stato infranto un tabù: cioè dire che il divorzio fa male.

Per poter guardare in faccia la realtà abbiamo però dovuto inforcare, per una volta, gli occhiali con i quali i nostri figli la vedono. Le prospettive cambiano, eccome! E come cambierebbero se si valutasse la anche realtà dell’aborto con il punto di vita della creatura che viene eliminata! Ma non è questo l’oggetto del mio presente contributo. 

Famiglie più salde bimbi più felici, sembrerebbe una banalità affermarlo. Ma negli ultimi anni non è più così ovvio. Infatti, le ricette che la mentalità dominante offre agli adulti sono: banalizzazione dei tradimenti coniugali, divorzio express, famiglie allargate e liquide, convivenze instabili. Senza dimenticare la contraccezione, l’aborto o la famiglia ‘child free’ che sono considerati il miglior antidoto alla minaccia dei figli che malauguratamente potrebbero nascere.

Ora, è bastato un filmato pubblicitario per smascherare l’inganno e mettere in discussione la banalizzazione (cioè la promozione) di ciò che è un male.

Agli occhi dei bambini il divorzio e le separazioni non sono affatto un male necessario, né un’espressione di libertà. Sono invece un dramma o una tragedia che dovrebbe essere limitata, investendo sulle possibilità di ricomporre anziché di facilitare.

Da qui l’invito che potremmo girare ai giudici a smettere di prendere cantonate; e considerare che l’interesse preminente dei bambini non è quello di essere comprati (o scartati se difettosi) da estranei genitori 1 e 2 ma ad avere un papà e una mamma in una famiglia unita.

 

Sin qui ho parlato della necessità di guardare il mondo con lo sguardo dei bambini, riconoscendo i loro veri diritti ed esigenze naturali. Non vorrei però passare per uno che strumentalizza una situazione per adeguarla ad una sua concezione manichea. No, tra il bianco e il nero esistono infinite sfumature.

Lasciatemi però, en passant, precisare una cosa. Non sempre strumentalizzare o sfruttare una situazione è un comportamento negativo. Anche i poeti, i letterati e gli artisti strumentalizzano un gesto, una sensazione, un fatto per far comprendere meglio concetti più profondi. Si parte da una semplice constatazione per accostarla ad una realtà a volte nascosta o non compresa. Che c’è di male?

Ma torniamo al mondo dei bambini e alla loro innocenza, per la quale nutro profondo rispetto e nostalgia. Voglio però essere realista, sulla base anche dell’esperienza di padre di famiglia con quattro figli. Per compensare il possibile equivoco di difensore a spada tratta, dirò allora che oggi i bambini sono ormai una specie di casta fin troppo protetta (ne conosco alcune altre di queste caste, ma per questa volta non ne voglio parlare).

Sono diventati una categoria curiosissima, costituita da tiranni fragili. Cerco di spiegarmi. Si tratta di una classe di persone che, nel mondo occidentale, sta acquisendo una protezione senza precedenti nella storia dell’umanità. Una categoria viziata che sta proliferando in questa nostra società (che non prolifera) di famiglie prevalentemente con figlio unico.

Ormai i genitori devono stare ben attenti a come correggono i loro principini. Infatti questi sono suscettibili e ben consci dei loro diritti, che i giudici concedono loro in misura sempre più larga.

Ma è proprio così? I bambini sono davvero così ‘pieni di diritti’?

Anche qui, attenti alle sfumature di grigio. Io credo che la tendenza attuale sia quella di strumentalizzarli (qui sì in modo negativo e malevolo) con il pretesto di tutelare l’infanzia, promuovendo ed accrescendo diritti superflui, se non inutili o dannosi. Per poi avere mano libera nella compressione di quelli primari.

Vogliamo fare qualche esempio? 1) Largo accesso ai diritti all’esercizio attivo della sessualità (in un’età nella quale il disinteresse totale si accompagna al profondo disagio) con precoce e traumatico bombardamento ideologico. 2) Promozione del transgenderismo, nella convinzione che mutilazioni fisiche, interventi chirurgici estetici e invadenti terapie ormonali da sostenere per tutta la vita creino maggior equilibrio e benessere psico-fisico. 3) Scimmiottamento dei peggiori modelli stili di vita adulta di carattere edonistico, peraltro anche costosi. 4) Diritto (che diventa dovere) alla connessione smart e all’accesso ai social sin dalla più tenera età. Mi fermo qui, ma l’elenco dei diritti superflui, quelli che tolgono dignità più che aggiungerla, sembra non finire mai.

D’altro canto, abbiamo una compressione delle esigenze e diritti primari. Quali?

In primo luogo, il diritto alla vita. E penso al rischio di aborto e selezione eugenetica, che sono i primi ostacoli che una creatura umana indifesa deve affrontare.

E poi il diritto a non essere insidiati sessualmente: non solo con i bombardamenti di educazione sessuale ma anche con assalti pedofili, che stanno esplodendo, complice una certa connivenza di chi vorrebbe addirittura considerare il sesso con adulti un diritto del bambino (perché ‘love is love’). Mascherare un bieco impulso egoistico con una concessione altruistica però non funziona: non esiste il diritto di un fanciullo alla sessualità precoce e a diventare preda di orchi (che considero equivalente al diritto ad essere stuprati) così come non esiste un diritto del bambino ad essere comprato ed eventualmente scartato.

Di quel dramma che sono le separazioni e divorzi per un fanciullo che li vive sulla propria pelle, ho già parlato prima. Oggi un bambino che festeggia il compleanno in una famiglia unita, non sa se il prossimo lo potrà fare con gli stessi genitori o con qualche altra figura surrogata. Certo, lui o lei non sa se le probabilità avverse per il prossimo anno sono del 5 o del 10 per cento. Ma vede i suoi compagni, può farsene un’idea e questo rischio accresce la sua instabilità emotiva.

Alla fine, scopriamo così che i diritti fasulli o superflui rendono i bambini vittime. L’autentico interesse del minore è quello di essere tutelato in un interesse veramente preminente, non di essere turlupinato, riconoscendogli un diritto farlocco o dannoso.

 

Ciò di cui abbiamo bisogno oggi (al netto di un aiuto divino) per riaffermare i valori morali che una élite ideologica vuole sovvertire è una forte e decisa presa di consapevolezza. I principi di diritto naturale sono profondamente radicati nell’uomo. Possono essere compressi ma prima o poi tornano a galla, come un pallone che si spinge sott’acqua.

Prova ne è che nell’Europa comunista quaranta, cinquanta o addirittura settanta anni di repressione non hanno potuto estirpare nei popoli il senso religioso e l’amore per la famiglia. Che anzi sono riemersi come prima.

Quei valori sono ancora vivi nel nostro occidente decadente e potranno riaffermarsi con una controrivoluzione di velluto, che nasce dal basso, alimentandosi con l’evidenza. Anche la repressione più feroce alla lunga non può nascondere l’inganno e diventa propulsore di opposizione.

Una controrivoluzione di velluto (Cecoslovacchia) (Portogallo, rivoluzione dei garofani) che riaffermi i più sani valori morali con modalità pacifiche, tipiche dei moderati, non ha bisogno di armi e ricorso a violenze, a differenza delle rivoluzioni di stampo giacobino (di destra o sinistra). Basta la verità, che a volte si disvela anche in pochi raggi di luce.

 



Le opinioni espresse in questo articolo sono dell’autore e non riflettono necessariamente le opinioni del responsabile di questo blog. I contributi pubblicati su questo blog hanno il solo scopo di alimentare un civile e amichevole confronto volto ad approfondire la realtà.


 

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