di Lucia Comelli
Questo il titolo complessivo della due giorni organizzata dall’associazione: Non si tocca la Famiglia, nella scenografica cornice del lago di Albano (hotel Miralago), a conclusione dell’Incontro mondiale delle famiglie voluto dal Santo Padre[1].
Sabato 2 luglio – Come ha precisato Nicola Di Matteo, aprendo verso le ore 16.00 i lavori, gli incontri in programma intendono sostenere il compito educativo dei genitori, nonché di altre importanti figure, quali nonni, insegnanti, catechisti … Giusy D’Amico, presidente con Di Matteo dell’Associazione, ha ricordato come quest’ultima sia nata nel 2014, principalmente per contrastare i progetti ispirati alla Teoria Gender, che proprio allora iniziavano a circolare nelle scuole. Con la collaborazione di tanti genitori sono stati quindi denunciati e bloccati molti progetti che rappresentavano veri e propri abusi didattico educativi, ma soprattutto si è ottenuto nel 2018, con una Nota del MIUR, il riconoscimento del diritto delle famiglie al consenso informato per le attività scolastiche extracurricolari che trattano temi eticamente sensibili.
Il primo relatore, dottor Roberto Piermarini, già direttore di Radio Vaticana, ha parlato della famiglia odierna, tra crisi e speranza. Partendo dalla propria trentennale esperienza a fianco di tre papi che hanno sempre voluto nei loro viaggi incontrare le famiglie, egli si è interrogato su una recente affermazione di Papa Francesco: La famiglia è il primo luogo in cui si impara ad amare, chiedendosi fino a che punto essa sia ancora valida. Se solidarietà e condivisione caratterizzavano infatti ampiamente le società contadine del passato, i fenomeni dell’industrializzazione e della scristianizzazione hanno profondamente cambiato in tutto il mondo il tessuto sociale. Dalle smisurate baraccopoli delle maggiori città dell’America Latina, in cui la promiscuità genera gravidanze precocissime e sfruttamento femminile – alle città dei Paesi scandinavi – dove la stragrande parte delle famiglie oggi sono mononucleari (tanto che otto persone su dieci vivono da sole) – veramente la famiglia è ancora il luogo in cui si impara ad amare? Nelle società odierne, se la realtà del matrimonio si rivela diversa dall’idea che ce ne siamo fatta e chi ci sta vicino non ci ama nel modo in cui desideriamo, tendiamo a mettere in discussione il valore del legame e perfino la ragionevolezza della fede: se Dio c’è perché devo soffrire in questo modo?
Come ha detto il Papa alle famiglie lo scorso sabato, Dio ama i giovani, ma non li preserva dalla sofferenza: cerchiamo come genitori di accenderli di passione per la vita e aiutiamoli a comprendere la volontà di Dio, senza temere che smettano di amarci quando diciamo loro dei no. I figli non sono una cosa nostra: non proiettiamo su di loro le nostre frustrazioni, desiderando per loro i traguardi che non siamo riusciti a conseguire per noi stessi, ed evitiamo – una volta che sono cresciuti – di entrare nelle loro dinamiche matrimoniali, ma piuttosto testimoniamo loro l’amore profondo che ci lega come sposi. La madre genera in modo particolare nei figli un io affettivo, il padre insegna soprattutto la disciplina, l’ordine, il dovere e in questo modo pone le fondamenta dell’io morale. Quando manca in noi genitori il senso di Dio, anche l’affetto può diventare nevrotico e soffocare i figli: senza la certezza dell’amore di Dio prevale in noi tutti l’egoismo e le difficoltà diventano inaccettabili!
La dottoressa Giusy D’Amico introduce il secondo relatore osservando come l’educazione affettiva e sessuale a scuola è spesso oggi ridotta ad una serie di istruzioni per l’uso: quali orientamenti ideali o speranze possono trovare in questi insegnamenti i nostri ragazzi?
Il dottor Giuseppe Bruno, dirigente scolastico, ha sostenuto con puntuali riferimenti alla legislazione scolastica che la cosiddetta ‘Scuola dell’Autonomia’ offre ai genitori formati e consapevoli molte possibilità di intervenire nei propri processi decisionali. Purtroppo, però molti tra esse si comportano come se avessero firmato alla scuola una sorta di delega in bianco, salvo poi pentirsene – come sovente è accaduto negli ultimi anni – quando la loro fiducia viene tradita. Infatti, numerosi progetti di contrasto al bullismo o di educazione sessuale, con il pretesto della lotta alla discriminazione o alla promozione del benessere degli studenti – hanno diffuso contenuti ideologici e fortemente riduttivi delle istanze affettive dei ragazzi. Per questo è importante, con l’aiuto delle associazioni familiari, diffondere tra i genitori la conoscenza approfondita della normativa scolastica e soprattutto del PTOF, sollecitandoli a partecipare, attraverso i propri rappresentanti, alla stesura di progetti curricolari ed extracurricolari da inserire nel piano dell’offerta formativa. Teniamo presente che tale piano andrebbe predisposto entro il mese di ottobre dell’anno scolastico precedente al triennio di riferimento, proprio per concedere anche alle famiglie il tempo per leggere il documento e avanzare eventuali proposte, così da poter anche interagire positivamente con il Rapporto di Autovalutazione dell’Istituto (RAV). Gli incontri tra genitori, promossi anche sotto forma di riunioni straordinarie online, possono in questo modo interessare i processi valutativi e migliorativi dei diversi istituti e la promozione dei contatti delle scuole con il territorio, per affrontarne le esigenze e valorizzarne le competenze. Tra tutti i documenti che i genitori dovrebbero conoscere, particolare rilievo assume anche il Patto educativo di corresponsabilità che elenca diritti e doveri delle diverse componenti della vita scolastica e che essi sono tenuti a sottoscrivere.
A questi consigli del relatore, rivolti a prevenire possibili conflitti tra i genitori e docenti, si affiancano quelli che illustrano una strategia difensiva, come la possibilità per le famiglie di richiedere per i figli l’esonero da un’attività ritenuta diseducativa o la richiesta di un contraddittorio, quando – su tematiche eticamente sensibili – la scuola appaia sbilanciata su posizioni di parte. La propria contrarietà a determinate iniziative può essere espressa anche con una lettera al Dirigente (e per conoscenza al Consiglio d’Istituto) e, qualora non sortisca l’effetto desiderato, al Consiglio Scolastico Regionale o allo stesso MIUR.
Infine, il giornalista Luciano Castro ha offerto alcune indicazioni per comunicare al meglio le proprie convinzioni con gli strumenti moderni. Se la famiglia è un luogo di comunione, essa è anche – proprio per questo – il primo e fondamentale luogo di comunicazione: noi cristiani sappiamo infatti che Dio si comunica anzitutto generando un figlio che è Verbo, Parola che – in un determinato momento della storia – si fa carne. La comunicazione, pertanto, non è semplicemente uno strumento, ma è connaturata alla comunione. Il nome dell’associazione: Nessuno tocchi la Famiglia richiama alla memoria quello di un’altra associazione: Nessuno tocchi Caino. Certamente la nostra società difende Caino e come cristiani non possiamo che acconsentire a questa tutela, ma essa si dimentica spesso di Abele: cioè si mostra indifferente alla sorte dei più fragili, cioè a quella del bambino abortito o della donna abbandonata a se stessa mentre decide se tenersi o meno il figlio, o al destino degli anziani, spesso profondamente soli … Si può essere soggetti o oggetti di una comunicazione: oggi rischiamo spesso di essere bersagli passivi di una comunicazione che ci raggiunge per motivi biechi, come quello di venderci stili di vita dispendiosi. L’esistenza stessa della famiglia pone un limite ai consumi individuali e dunque ai profitti: non è dunque per caso, ma anzitutto per concreti interessi economici che molti grandi marchi hanno adottato l’arcobaleno colorato [cioè hanno sposato l’ideologia lgbt!].
Oggi ci troviamo immersi con le nostre famiglie in un contesto che ci costringe ad andare controcorrente, se vogliamo mantenere la libertà di esprimere un pensiero critico: per questo molti laici impegnati utilizzano strumenti alternativi ai mass media ufficiali. Come cristiani, dobbiamo imparare ad essere soggetti della comunicazione: oltre alla famiglia e alla scuola, anche la Chiesa è infatti tradizionalmente nel nostro Paese una grande agenzia di comunicazione. Se oggi la gerarchia non rappresenta sempre un punto di riferimento chiaro (non è un caso che si sia parlato di un incontro del Papa con le famiglie al plurale, mentre la famiglia – per la fede cristiana come per la nostra Costituzione – è una sola!), è ancora più importante per noi laici smettere di delegare: con la preparazione e l’impegno possiamo fare la differenza, anche a livello ecclesiale! L’associazione Non si tocca la Famiglia si fa portavoce di temi potenzialmente fortissimi dal punto di vista comunicativo: tenendo fermi alcuni principi non negoziabili, noi che ne facciamo parte rappresentiamo infatti nel mondo odierno un’eccezione, e quindi siamo soggetti potenzialmente molto interessanti in ogni dibattito (televisivo o meno) che necessita – per mantenersi vivace e quindi interessante – di un contraddittorio. Per quanto contestato dai mezzi di comunicazione per la sua carica polemica, lo stesso nome dell’associazione: Non si tocca la Famiglia rappresenta un modo efficace di comunicare la nostra volontà di resistere – per amore soprattutto di figli e nipoti – a questo mondo capovolto!
Agli interventi è seguita un’assemblea in cui si è distinta in modo particolare la testimonianza di don Gabriele Mangiarotti (Cultura cattolica) sulla lotta che con alcuni amici ha condotto contro la legalizzazione dell’aborto nella piccola Repubblica di San Marino, di cui è parroco.
La prima giornata si è conclusa dopo cena con il divertente spettacolo I cinque linguaggi dell’amore sulle differenze psicologiche tra uomini e donne, ideato e recitato dal dottor Pierluigi Bartolomei, dirigente scolastico dell’Istituto ELIS di Roma.
[1] Appunti non rivisti dai relatori.
Sostieni il Blog di Sabino Paciolla
Scrivi un commento