Per la prima volta dalla interruzione delle relazioni Cina-Vaticano, due vescovi cinesi hanno partecipato ad un Sinodo in Vaticano. Uno è deputato del Congresso del Partito Comunista Cinese (organo legislativo di governo della Cina) e segretario della Conferenza Episcopale Cinese (quella i cui vescovi vengono nominati direttamente dal Governo) e l’altro vescovo è vicepresidente della stessa conferenza.
Per saperne di più vi propongo questo articolo di Courtney Grogan.
Eccolo nella mia traduzione.

Mentre il vescovo cinese Joseph Guo Jincai è nuovo al Sinodo dei vescovi del Vaticano, ha servito tre mandati come deputato al Congresso nazionale del popolo di Pechino (il congresso del Partito Comunista Cinese, ndr).
Come membro dell’organo legislativo cinese, Mons. Guo ha pubblicamente sostenuto un emendamento per eliminare i limiti del mandato presidenziale e inserire “Il pensiero di Xi Jinping sul socialismo con le caratteristiche cinesi per una nuova era” nella Costituzione cinese del marzo 2018. (diventando così presidente a vita, ndr)
Settimane dopo la scomunica, revocata il mese scorso nell’ambito di un accordo tra la Cina e la Santa Sede, il vescovo Guo si è fatto notare a Roma come uno dei primi vescovi cinesi a partecipare a un sinodo ecclesiale, insieme al vescovo Yang Xiaoting di Yan’an.
Papa Francesco ha aperto il sinodo con un saluto ai due arrivati cinesi, dicendo che “la comunione di tutto l’episcopato con il successore di Pietro è ancora più visibile grazie alla loro presenza”.
I due vescovi cinesi hanno partecipato al Sinodo sui giovani, la fede e la vocazione.
I giovani in Cina devono affrontare sfide uniche in relazione alla fede. Ad esempio, a causa di un cambiamento nel controllo religioso del governo cinese all’inizio di quest’anno, è ora illegale per chiunque abbia meno di 18 anni entrare in una chiesa o in un edificio religioso.
Il vescovo Guo ha detto ai media statali cinesi che non vedeva alcun conflitto tra il suo ruolo di legislatore e quello di vescovo, quando lo scorso marzo si è riunito il Congresso nazionale del popolo.
“La mia posizione di legislatore nazionale non influenzerà e non può influenzare il mio servizio religioso, dato che la Cina attua il principio della separazione tra Chiesa e Stato“, ha detto Guo al Global Times, un quotidiano riconducibile allo Stato.
Il Global Times ha riferito che il vescovo Guo ha continuato dicendo che i cattolici devono adattarsi alla società socialista per sopravvivere e svilupparsi in Cina, e un requisito fondamentale per questo è quello di essere patriottici.
Questo fa eco ai ripetuti commenti del presidente (della Cina) Xi Jinping, secondo cui tutte le religioni in Cina devono “Sinicizzarsi” o adattarsi alla cultura e alla società cinese secondo le linee definite dallo Stato. Nel 2016, Xi ha detto ai leader del Partito Comunista Cinese che devono “guardarsi risolutamente dalle infiltrazioni che vengono dall’estero mediante mezzi religiosi“.
Per decenni, i 12 milioni di cattolici cinesi sono stati divisi tra una Chiesa cattolica clandestina in piena comunione con la Santa Sede, a volte soggetta a persecuzioni da parte del governo, e l’Associazione cattolica patriottica cinese, i cui vescovi sono nominati dal governo comunista e talvolta sono stati ordinati senza l’approvazione del Papa.
Il vescovo Guo è segretario generale della Conferenza episcopale della Chiesa cattolica in Cina (BCCCCCC) (cioè quella diretta e controllata dal governo cinese, ndr). Il vescovo Yang, l’altro delegato sinodale cinese, ne è vicepresidente.
Questa “conferenza episcopale cinese” è stata ritenuta illegittima nella lettera di Papa Benedetto XVI del 2007 ai cattolici in Cina perché “governata da statuti che contengono elementi incompatibili con la dottrina cattolica“. Non è chiaro se l’accordo del 22 settembre tra la Santa Sede e la Cina abbia riconosciuto la legittimità della Conferenza episcopale cinese. (l’accordo è stato tenuto segreto, ndr)
Il portavoce vaticano Greg Burke ha detto che l’obiettivo dell’accordo di settembre non è “politico ma pastorale” e permetterà “ai fedeli di avere vescovi che sono in comunione con Roma ma allo stesso tempo riconosciuti dalle autorità cinesi“.
Yang è stato ordinato vescovo con l’approvazione del Papa e il riconoscimento del governo nel luglio 2010. Il vescovo Yan’an ha studiato teologia a Roma, ottenendo il dottorato nel 1999.
“Come la famiglia composta da marito e moglie è sempre unita, così è la Chiesa, che è una, santa, cattolica e apostolica. In Italia, in Cina o in altri Paesi, l’amore di Cristo è sempre lo stesso. Papa Francesco, che conosce molto bene la nostra situazione nella Chiesa cattolica in Cina, non vuole lasciarci, non vuole separarci dalla Chiesa universale“, ha detto Yang in una parrocchia romana il 7 ottobre, ha riferito la SIR, un’agenzia di stampa della Conferenza episcopale italiana.
“Vi chiedo ancora aiuto per questa Chiesa in Cina. La nostra Chiesa è come un bambino, non è molto matura, quindi abbiamo bisogno del vostro accompagnamento, del vostro aiuto e della vostra preghiera, sempre nell’amore del Signore“, ha continuato Yang dopo aver celebrato la messa a Santa Maria ai Monti.
Prima di lasciare in anticipo il Sinodo il 15 ottobre senza spiegazioni, i due vescovi cinesi hanno avuto l’opportunità di parlare con papa Francesco e di invitarlo a visitare la Cina.
Guo e Yang hanno soggiornato nella pensione a Santa Marta della Città del Vaticano, dove “abbiamo potuto vivere insieme nella vita quotidiana con il Papa”, ha detto il vescovo Guo ad Avvenire, il giornale della Conferenza Episcopale Italiana, in un’intervista pubblicata il 16 ottobre.
“Abbiamo potuto parlare con familiarità come bambini con il padre. Ci ha detto che ci ama, ama il nostro Paese e prega sempre molto per i cristiani in Cina“, ha detto Guo.
Fonte: Catholic News Agency
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