Gesù e gli apostoli
Domenica XXI del Tempo Ordinario

(Anno B)

(Gs 24,1-2.15-17.18; Sal 33; Ef 5,21-32; Gv 6,60-69)

di Alberto Strumia

 

Le letture di questa domenica sono dedicate a quello che, nei termini “esistenziali” del linguaggio al quale siamo abituati oggi, chiamiamo “il senso della vita”: un “qualcosa” o un “qualcuno” al quale dedichiamo tutto di noi stessi, perché riteniamo sia “ciò per cui vale la pena vivere” e “sperare” con “fiducia”. Con slancio convinto, o con rassegnazione per mancanza di alternative, o al limite con rabbia.

In termini più tradizionali (antichi?), o filosofici, o anche teologici, diremmo “Dio” o, per sostituirlo in qualche modo, “il dio/idolo del momento”. Quello che si presenta come il più convenzionale e meno scomodo. Fosse anche la negazione del nome “Dio” sostituito dal nome “Io”, nel narcisismo più estremo, come accade spesso, oggi, a non pochi personaggi dall’intelligenza pur brillante. Anche questa è una sorta di “religione”. San Tommaso d’Aquino scrisse che «ogni religione è comunque una sorta di professione di fede (quaedam fidei protestatio)» (IV Sent d. 13, q. 2, a. 1, ad 4um). La vita è fatta per essere vissuta per qualcuno o qualcosa; fosse anche l’immagine di se stessi, per la disperazione di non avere trovato altro.

– La prima lettura, nelle parole di Giosuè non lascia spazio per la “mancanza di religione” (di un “senso della vita”) e offre le alternative possibili: «Se sembra male ai vostri occhi servire il Signore, sceglietevi oggi chi servire: se gli dèi che i vostri padri hanno servito oltre il Fiume oppure gli dèi degli Amorrei, nel cui territorio abitate».

– Nel Vangelo Gesù riprende la stessa prospettiva di possibili scelte: «Questo vi scandalizza?», «Volete andarvene anche voi?». Fate pure, sembra sottintendere. Tanto che dopo le sue parole che avevano la “durezza” della “realtà dei fatti” «molti dei suoi discepoli tornarono indietro e non andavano più con Lui». Chissà che fine fecero… Sotto il potere di qualcuno o di qualcosa dovettero rassegnarsi a finire, inevitabilmente, esattamente come succede oggi! E di chi o di che cosa?

Dello Stato? Come «risposero i sommi sacerdoti: “Non abbiamo altro re all’infuori di Cesare”» (Gv 19,15). E a dirlo furono i “sommi sacerdoti”! Oggi come allora…

Della scienza – ricoperta abusivamente di un’ideologia scientista, che le attribuisce poteri pressoché divini che essa stessa ha dimostrato di non avere, per ragioni di principio, con teoremi – per usarla come strumento di potere di alcuni su tutti gli altri esseri umani? Non è forse usando il suo nome che si impone di regolare anche la liturgia?

Della superstizione e del satanismo? Come «quelli che si proclamano Giudei e non lo sono, ma appartengono alla sinagoga di Satana» (Ap 2,9). Non si è ritornati, forse, da tempo alla magia, all’esoterismo, all’occultismo e all’esaltazione di ciò che è satanico, nei canali di comunicazione di massa? Basta rivestirli prima di una veste “ginnica”, poi di training per potenziamento della psiche, per arrivare alla consegna dell’anima.

– La seconda lettura parla della “sottomissione” alle leggi assegnate dal Creatore, per il bene essere della vita degli uomini sulla terra, alla luce dei beni del Cielo. Sovvertire questa regola della “sottomissione” al Creatore, che passa anche dal rispetto delle persone e delle cose perché sono volute e amate da Dio, non può portare che una perdita, un “di meno” per la vita dell’uomo e della donna («nel timore di Cristo, siate sottomessi gli uni agli altri»; «le mogli lo siano ai loro mariti»; «e voi, mariti, amate le vostre mogli»).

Allora ecco le alternative che si presentano alla scelta dell’umanità intera come dei singoli:

– “Accettare l’illusione” che fa accontentare di credere in “qualcosa di meno” di Dio per come si è rivelato pienamente in Gesù Cristo e la Chiesa lo ha trasmesso nei secoli fino a qualche anno fa. E questo significa allinearsi al pensiero unico del mondo di questi nostri ultimi tempi, nelle sue varie forme religiose, agnostiche, o ateistiche (a libera scelta, dal momento che oggi tutte le “religioni” sono presentate come equivalenti).

– Accostarsi alla vera fede in Cristo “per mancanza di alternative”. Questo è già un risultato notevole, dopo aver constatato il fallimento di tutto il resto! Ma è triste vivere cristianamente per “rassegnazione” e senza speranza. È un po’ come accettare di non fare il male solo per timore di finire all’inferno (per “timore servile”). Questo è comunque un primo passo che le parole di Pietro, nel Vangelo di oggi, esprimono in prima battuta: «Signore, da chi andremo?».

– Abbracciare la vera fede in Cristo per convinzione e con gratitudine a Dio per avercela data. Ed è questa la fede di Pietro che, subito dopo aver constatato la “mancanza di alternative” a Lui, compie il passo successivo: «Tu solo hai parole di vita eterna», quello della fede piena che fonda la pienezza della speranza: «E noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio».

La Chiesa, oggi, è chiamata più che in ogni altro momento della storia a provocare l’umanità e le singole persone:

– A far loro “toccare con mano” l’inconsistenza dell’“illusione” che si possa vivere bene credendo in “qualcosa di meno” di Cristo, aderendo alla Sua Persona, alla Sua umanità, con tutto quello che Egli ha veramente insegnato (e non ad una sua contraffazione addomesticata!): la Chiesa deve ritornare ad annunciare e insegnare Cristo, quello vero, e smettere di scimmiottare il mondo! Diversamente, quella parte di chiesa che non lo fa svanirà nel nulla («Essi seguirono ciò ch’è vano, diventarono loro stessi vanità», Ger 2,5);

– A far “toccare loro con mano” la “realtà dei fatti” fino a far rendere evidente agli uomini – dai singoli che hanno pochissimi poteri a quelli che hanno in mano i grandi poteri – che è necessario arrivare a credere in Cristo, almeno “per mancanza di alternative” («da chi andremo?», perché tutto il resto “non funziona” e si rivolta contro l’uomo.

– Fino a far “toccare con mano” il “bene terreno” che deriva dall’aderire “con convinzione” a Cristo, che è già, in certa misura, anticipazione di un “bene eterno”.

Solo la Vergine Maria potrà riportare gli uomini di Chiesa e i fedeli sulla retta via della sua missione, distogliendoli dalle vie deviate che vediamo percorrere ai nostri giorni, e mantenere  in essa quanti ancora non l’hanno perduta. A lei che ha sempre seguito la Via che è il suo Figlio («Io sono la via, la verità e la vita», Gv 14,6) ci affidiamo interamente con serena sicurezza: «rendi sicuro il nostro cammino, fino a che, vedendo il tuo Figlio, siamo lieti per sempre (iter para tutum, ut videntes Jesum, semper collætemur)».

Bologna, 22 agosto 2021

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