Gesù Cristo pantocratore nel duomo di Monreale

 

 

Domenica XXXIV del Tempo Ordinario (Anno C)

Nostro Signore Gesù Cristo Re dell’Universo

(2 Sam 5,1-3; Sal 121; Col 1,12-20; Lc 23,35-43)

 

 

di Alberto Strumia

 

Lasciandoci istruire, come è saggio imparare a fare, dalle letture della liturgia, oggi dobbiamo

– incominciare dal Vangelo. In questo anno (Anno C) la liturgia della Solennità di Cristo Re, attraverso il Vangelo di Luca, è incentrata sulla regalità che Cristo esercita sull’universo dall’ultimo dei “troni” che saremmo propensi ad immaginare: la Croce. È proprio dalla Sua Croce che il Signore dimostra di essere il Re dell’universo, il «centro del cosmo e della storia» (Redemptor hominis, n. 1). È l’ultimo passaggio del Vangelo di oggi a dircelo solennemente, nelle poche parole che Gesù indirizza, con autorità («parlava con autorità», Lc 4,32), al buon ladrone e che, verosimilmente solo lui può avere udito, e solo l’ispirazione dello Spirito Santo può avere trasmesso all’evangelista Luca: «In verità io ti dico: oggi con me sarai nel Paradiso». Come fa un condannato a morte “normale”, a promettere, infondendo certezza, una cosa simile dal patibolo, pochi istanti prima di morire?

Un antico inno liturgico, del VI secolo – tuttora in uso nella liturgia dei Vespri del Venerdì Santo e della festa dell’Esaltazione della Santa Croce – dice proprio che in Cristo «Dio regnò dal legno [della Croce] (regnavit a ligno Deus)». Per comprenderlo bisogna ripartire dal “peccato originale” e dalla modalità che Cristo ha scelto per liberarcene.

Il “peccato originale” non è la “favoletta della mela” come la maggioranza della gente – cristiani compresi! – quando ne ha ancora sentito parlare, pensa… È piuttosto la spiegazione della causa più seria, quella che sta “all’origine”, per l’appunto, di tutti i guai della condizione umana, e soprattutto del disastro nel quale l’umanità intera, come ogni singola persona, si trova oggi. Dalle guerre, ai disordini sociali, alle pandemie e malattie, alle disarmonie domestiche, agli omicidi e suicidi, alla fatica nel vivere delle singole persone.

Tutto sta nella perdita del “giusto modo” di rapportarsi dell’essere umano con Dio Creatore, nel rifiuto della “giustizia con Dio” da parte dell’uomo/umanità, avvenuta volontariamente fino dalle origini del genere umano, ripetuta altrettanto volontariamente ogni volta che si pretende di agire contraddicendo i Dieci Comandamenti, pensando di essere “più furbi” di Dio – che ce li ha messi dentro e ce li ha rivelati – nel farlo. Alla prova dei fatti questo modo di agire, nella vita personale come nella cultura che sta alla base della civiltà, non funziona. Né i cosiddetti “valori dell’Occidente”, né le “formule dell’Oriente”, né le “religioni” non cristiane, alla prova dei fatti, sono in grado di rendere vivibile la vita degli esseri umani. Anzi, in gran parte, la peggiorano; e oggi lo vediamo bene, in tutto il mondo.

Per “riparare” il danno di questo errore dell’uomo che presume di fare da solo, senza Dio Creatore – o parlando di Lui ma, di fatto, cercando di eluderlo, eludendo i Suoi Comandamenti, che sono le leggi che reggono la “vita buona” dell’uomo – Cristo ha preso su di sé tutta la “colpa” e tutta la “pena di condannato” per il reato contro la giustizia verso Dio Creatore, con la Sua Croce. Il condannato, con le proprie mani a causa del rifiuto di Dio Creatore, è l’umanità intera, e il Figlio di Dio, ha preso il nostro posto, per espiare la nostra condanna e riparare l’ingiustizia, ripristinando la “giustizia originale”.

In questo modo ha dimostrato di essere Lui il Re dell’Universo, essendo l’unico che ha questo potere di ricostruire il mondo, dopo che gli uomini lo hanno, in larga misura, distrutto, mantenendo, però, la libertà di riconoscerLo come unico Salvatore. La morte in Croce, seguita dalla Risurrezione, è la prova del potere regale di Cristo su tutto ciò che esiste nell’universo materiale e in quello immateriale.

– Nella seconda lettura, che riporta l’inno cristologico della Lettera ai Colossesi, san Paolo lo documenta in dettaglio: «È piaciuto infatti a Dio che abiti in lui tutta la pienezza e che per mezzo di Lui e in vista di Lui siano riconciliate tutte le cose». In questa parola «riconciliate» si riassume tutta l’opera di “riparazione della giustizia originale”, che la dottrina della Chiesa chiama anche “Redenzione”.

– Nella prima lettura la figura del re Davide anticipa profeticamente quella di Cristo, preparando la strada ad educare il popolo a vivere nella giustizia con Dio, riavvicinandosi a Lui, ogni volta che si accorge di avere sbagliato allontanandosene, presumendo di fare meglio senza di Lui.

Seguendo l’esempio dei santi, con l’intercessione della Vergine Maria, che come sempre ci anticipa il percorso da compiere, affronteremo anche le difficoltà della nostra epoca che sembra proprio essere giunta al capolinea del percorso di aberrazioni che si realizzano allontanandosi dal Dio di Gesù Cristo.

Attendiamo che sia Lui a richiamare l’umanità intera, attraverso gli avvenimenti della storia e con il Suo intervento diretto ed esplicito, verso la Verità della Vita («Io sono la Via, la Verità e la Vita», Gv 13,6).

 

Bologna, 20 novembre 2022

 

Alberto Strumia, sacerdote, teologo, già docente ordinario di fisica-matematica presso le università di Bologna e Bari.

 


 

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