La parabola delle dici vergini
La parabola delle dici vergini

 

Domenica XXXII del Tempo Ordinario (Anno A)

(Sap 6,12-16; Sal 62; 1Ts 4,13-18; Mt 25,1-13)

 

 

di Alberto Strumia

 

Le letture della liturgia di questa domenica XXXII del Tempo Ordinario, che si sta avvicinando alla sua conclusione, prima dell’inizio del nuovo Avvento, sono tutte orientate verso la “pienezza” dell’esperienza della Verità della Vita, verso quell’Eternità buona che, una volta raggiunta, non potrà essere più tolta, né in alcun modo minacciata. Come non è tolta, già da ora ai Santi.

Quella pienezza di “Verità della Vita” che è Cristo stesso («Io sono la Via, la Verità e la Vita», Gv 14,6), contemplato nella Sua Gloria, “partecipato” nella Sua Gloria a ciascuno dei Beati e a tutti loro nella loro perfetta unità.

1. La prima lettura ci presenta anticipatamente Cristo come “La Sapienza” nella Sua bellezza («splendida»), nella Sua Gloria intramontabile, immutabile (che «non sfiorisce»), di splendore del vero.

In questa descrizione c’è qualcosa di “riposante”, rassicurante per chi ha in sé la “domanda” fissa di “verità della vita”. A questa esperienza “riposante” Gesù stesso inviterà i suoi, al momento giusto («Venite a me, voi tutti, che siete affaticati e oppressi, e io vi ristorerò», Mt 11,28).

Per costoro («coloro che la amano», la Sapienza), viene detto, che la “risposta” alla “domanda” «facilmente si lascia vedere», «si lascia trovare», prima o poi «da quelli che la cercano» senza arrendersi. Ed è così!

La Sapienza che è anche Provvidenza, al momento giusto ci ha fatto incontrare la persona giusta, che ha fatto da tramite per farcela conoscere, come Colei che si è rivelata in Cristo. Perché, come qui viene detto, «nel farsi conoscere previene coloro che la desiderano».

In questo previene, si dice tutta l’opera creatrice di Dio, che, oltre al nostro essere corporeo e spirituale, dà l’essere anche ai nostri pensieri, così che essi possano “esistere” nella nostra mente. È Lui che “crea” in noi la “domanda” di essere raggiunti dalla “Risposta” («Il nostro cuore è inquieto finché non riposa in te», sant’Agostino, Confessioni, 1,1.1).

2. Il salmo responsoriale prosegue, in modo naturale, nello stesso “clima” carico della “domanda” esistenziale di verità della vita che sa di avere trovato la “Risposta” nella Sapienza che è Dio: «Dall’aurora io ti cerco, ha sete di te l’anima mia, desidera te la mia carne».

E aggiunge di avere toccato con mano che questa “Risposta” c’è, per il fatto di averne sperimentato, anticipatamente, la presenza già fin da ora, qui sulla terra, in un “luogo” fisico: «Nel santuario ti ho contemplato».

Per noi questo santuario è la Chiesa, localizzata in quella nostra comunità particolare che, al momento giusto, almeno per un certo tempo, ci ha fatto conoscere con maggiore evidenza, anticipatamente Cristo. E questo è bastato per resistere («chi avrà perseverato sino alla fine sarà salvato», Mt 24,13) anche in uno tra i momenti più bui della storia come quello odierno, nel quale quell’esperienza è stata momentaneamente sospesa e occorre fare ricorso alla “memoria” che di essa conserviamo ancora viva.

3. Nella seconda lettura san Paolo lascia trasparire quasi con un po’ di “ingenuità storica”, attraverso di sé e attraverso lo stato d’animo della prima comunità cristiana, tutta la “voglia” di immediatezza (oggi la chiamiamo la coscienza escatologica dei cristiano) di avere la piena esperienza della visione di questa Sapienza che è Cristo stesso, quando dice: «Noi, che viviamo e che saremo ancora in vita alla venuta del Signore».

Come non mai oggi, chi ha un po’ di sensibilità umana e cristiana, porta in sé la stessa “voglia” di essere «ancora in vita alla venuta del Signore».

4. Il versetto dell’Alleluia ci riconduce al “realismo” della condizione storica concreta nella quale siamo immersi, ora, avvertendoci di essere sempre «pronti, perché, nell’ora che non immaginate, viene il Figlio dell’uomo».

5. Nel Vangelo, esponendo la famosa parabola delle dieci vergini, Gesù ci spiega che, in questo essere pronti, consiste il nostro modo attuale terreno di “partecipare” alla Sapienza divina.

La lampada dell’“intelligenza” che è la base naturale della “fede” ha bisogno di essere alimentata dall’olio di questa Sapienza che rende “previdente” il cristiano. Occorre attingere alla Grazia che viene dai Sacramenti, per acquistare quest’olio, e custodirlo con la regola della preghiera.

È imprudente, irrazionale, sconsiderato, vivere la vita accontentandosi dell’emozione del momento, del brivido della sfida alle leggi di natura, per sentirsi anche solo per qualche istante, superiori a tutti, capaci di tutto, in un delirio di onnipotenza che non può e non deve funzionare. È solo un inganno per i più giovani nel mondo di oggi; e ormai anche per i meno giovani!

Le vergini stolte della parabola sono anche un indizio profetico di questa situazione dei nostri giorni.

Il silenzio di chi ha il compito di insegnare a vivere, o peggio, suggerisce di lasciarsi andare, “sognare” invece di guardare in faccia alla realtà, grida vendetta al cospetto di Dio!

Preghiamo perché questa situazione di tradimento che si respira oggi nel contesto ecclesiale venga presto rimossa dal Signore che vuole la Chiesa come sposa fedele, per il bene di tutti gli esseri umani che popolano la terra.

Maria, madre di Dio e della Chiesa, Vergine saggia, sostienici nell’attesa del ritorno del tuo Figlio, nostro Salvatore, che come i discepoli dell’Apostolo Paolo, ci auguriamo avvenga presto.

«“Sì, verrò presto!”. Amen» (Ap 22,20).

 

Bologna, 12 novembre 2023

 

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