Domenica XXXI del Tempo Ordinario (Anno B)
(Dt 6,2-6; Sal 17; Eb 7,23-28; Mc 12,28-34)
di Alberto Strumia
Nelle letture di questa domenica troviamo la “domanda” e la “risposta” fondamentali dell’esistenza dell’uomo come singola persona e dell’umanità come genere umano; anzi, di più di ogni essere dotato di intelligenza e di libera volontà (uomini e angeli).
Una “domanda” e una “risposta” che implicitamente e inconsapevolmente sono scritte anche negli esseri non viventi: gli atomi, i pianeti e il cosmo intero che, come uno specchio, riflettono – in proporzione alle capacità della loro natura – qualcosa della mente del Creatore. È la “domanda” dell’universo e soprattutto nostra, alla quale Dio Creatore è la “risposta”: «Egli è unico e non vi è altri all’infuori di Lui» (Vangelo).
– Nel Vangelo, lo scriba dimostra di essere arrivato a scoprire questa “domanda” fondamentale, dalla “risposta” alla quale dipende la “concezione” di tutta la vita (terrena) e del suo destino finale (l’eternità). E di conseguenza il criterio di ogni “giudizio” su ciò che accade in noi e attorno a noi; il criterio che guida ogni decisione (la morale), ogni scelta quotidiana come la scelta irreversibile del proprio “stato di vita” (vocazione), identificato secondo l’indicazione delle circostanze concrete nelle quali Dio ci introduce.
Fino a quando un essere umano non arriva a “scavare”, in profondità, dentro ogni interrogativo contingente della propria vita, per raggiungere questa “domanda” fondamentale e non arriva a cogliere la profondità unica della “risposta” che la Rivelazione gli dà, fino dall’Antico Testamento (prima lettura), non potrà essere tranquillo («Il nostro cuore è inquieto fino a che non riposa in Te» [sant’Agostino, Confessioni, 1, 5]).
– Nella prima lettura, la risposta del Deuteronomio è già talmente perfetta, che Cristo, nel quale si attua la “pienezza della Rivelazione”, la riporta intatta, così com’è, senza bisogno di alcun ritocco per portarla a “compimento”, come aveva fatto, invece, in altre occasioni, nelle quali aveva detto, invece: «Non sono venuto per abolire, ma per dare compimento» (Mt 5,17).
Se l’umanità nella sua interezza, come in ogni singolo individuo, se ne rendesse conto e agisse di conseguenza, la sua condizione sarebbe completamente risollevata e ciascuno potrebbe applicare a se stesso la risposta che Gesù ha dato allo scriba: «Non sei lontano dal regno di Dio».
Gli uomini, al contrario, si ostineranno quasi sempre a voler rimediare da soli ogni problema – realmente presente sulla terra, o peggio ancora, ideologicamente imposto da qualche potere che si lascia suggestionare dal demonio («diventereste come Dio», Gen 3,5) – con leggi arbitrarie da loro inventate per sostituire i Comandamenti dettati da Dio. A volte attribuiscono tutto il male a delle strutture esterne a loro; altre volte, al contrario, si colpevolizzano di fronte alla natura (e non di fronte al Creatore!), fino a negare a se stessi il “diritto di esistere” (aborto, eutanasia, omicidio, suicidio); ma così non arriveranno mai a “scovare” la “domanda” fondamentale.
E così non arrivano mai, di conseguenza, a trovare in Cristo la vera “Risposta”, quella che li salva dal loro male innato.
Non si rivolgeranno a Lui, o gli si rivolgeranno in un modo che non aiuta a riconoscerlo come il Salvatore («Chiedete e non ottenete, perché chiedete male», Gc 4,3).
Con l’aver seguito – e oggi l’accanirsi nel seguire – la risposta demoniaca, alternativa, che ha ingannato l’uomo e la donna, dopo alcuni tra gli angeli, spingendoli a ragionare e ad agire “come se Dio non esistesse”, così da ritenere di essere loro il vertice di tutto ciò che esiste, sono finiti, inevitabilmente, per cadere in quella forma di idolatria che adora piante, animali e cosmo (panteismo), attribuendo loro pefino un’anima cosciente (pampsichismo) alla pari e in sostituzione della propria.
Questo è stato ed è il più grave danno che gli uomini hanno potuto fare a se stessi. Un danno “irreversibile”, in base alle leggi iscritte nell’essere.
– La seconda lettura, prospetta l’unica via di superamento di quelle leggi iscritte nell’essere che decretano l’irreversibilità di quel “danno originale”. Le leggi “naturali” dell’essere vengono superate, per essere recuperate, da quell’intervento “soprannaturale” di Dio stesso che, unendo la natura umana a quella divina, nella persona del Verbo, compie la “riparazione” del “danno originale”.
Questo significa, nel linguaggio della Lettera agli Ebrei, l’unicità del “Sacerdozio di Cristo”: l’unico che va ben oltre tutti i tentativi puramente umani di recuperare il “profanato” per tornare a renderlo “sacro”. Cristo, con il Suo unico atto sacerdotale, il Suo “unico sacrificio” ha preso su di sé tutto ciò che vi è di “profanato” nell’uomo e nella realtà, per restituirlo all’originaria “sacralità” che Dio aveva dato.
Accorgersi di Lui come “Risposta” unica alla “domanda” fondamentale, restituisce all’essere umano la capacità di vivere “con pieno respiro”, anche nei momenti della storia più paradossali e difficili come il nostro, e orienta a desiderare e attendere quella pienezza definitiva che è davvero “irreversibile” (eterna), al punto che nessuno, neppure Satana, potrà mai toglierla. Quando l’umanità, ogni uomo, si accorgerà di Lui come “Risposta” alla “domanda” fondamentale potrà sentirsi dire, come lo scriba del Vangelo: «Non sei lontano dal Regno di Dio».
Maria, la madre di Dio, ha vissuto fino dal suo concepimento i frutti della “Risposta” alla “domanda” fondamentale, al punto tale da essere scelta per rendere possibile fisicamente l’incarnazione di quella “Risposta”, nel suo Figlio Gesù Cristo.
A lei chiediamo di intercedere perché Dio stesso smuova presto, interiormente, gli uomini di oggi fino a far scoprire in se stessi la “domanda” fondamentale senza la quale la vera “risposta” non può essere compresa e accolta.
Sotto la tua protezione cerchiamo rifugio, santa Madre di Dio: non disprezzare le suppliche di noi che siamo nella prova, ma liberaci da ogni pericolo, o Vergine gloriosa e benedetta.
Bologna, 31 ottobre 2021
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