di Massimo Snvito
In questi primi giorni del tempo liturgico di Quaresima che ci condurrà alla Settimana di Passione, la profezia del vecchio Simeone a Maria pronunciate nel momento della presentazione al Tempio di Gesù, sembra perfettamente attagliarsi al dolore che tutte le madri di ogni epoca e luogo sperimentano prima o poi nel corso della propria esistenza. E nemmeno alla madre del Signore è risparmiata questa sofferenza che la accompagnerà fino all’ultimo istante ai piedi della croce.
Tra le moltissime espressioni musicali che nel corso dei secoli hanno provato a descrivere questa infinita sofferenza (gli Stabat Mater, i vari responsori della Settimana Santa, le laudi medioevali o rinascimentali, …) c’è anche questo “Hor ch’ tempo di dormire“: una “Canzonetta Spirituale sopra alla nanna“ di Tarquinio Merola, un compositore del XVII secolo ahimè poco conosciuto e rarissimamente eseguito.
Si tratta di una sorta di ninna nanna, con cui la Madonna cerca di far addormentare il bambino Gesù, preveggendo però la sua futura passione e morte.
Il canto struggente di Maria è sostenuto da un accompagnamento strumentale minimo: due sole note che si ripetono ossessivamente. L’alternanza delle due note basse, ripetitiva e affascinante, quasi ipnotica, evoca il respiro ascendente e discendente del figlio che sta per addormentarsi, mentre il pensiero di Maria corre e si espande lungo il testo poetico nel presagio amaro delle future atroci sofferenze del figliolo fino alla morte in croce. Morte che però non ha l’ultima parola “Perché poi con lieto viso ci vedrem in Paradiso”. È una rappresentazione profondamente commovente, possiamo dire “dolorosamente bella”, espressione di un affetto materno universale.
E quando finalmente il piccolo Gesù si addormenta, saranno certamente riecheggiate nel cuore di Maria anche le altre parole profetiche del vecchio Simeone: “Egli è qui per la rovina e la risurrezione di molti in Israele, segno di contraddizione perché siano svelati i pensieri di molti cuori.“ (Lc 2, 34)
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