Pornografia

 

 

di Giorgia Brambilla

 

Comunemente nella trattazione morale si parla di pornografia all’interno delle offese della sessualità. Oggi, grazie agli studi di ambito neuropsicologico, si comprende l’importanza e la necessità di considerarla anche all’interno delle dipendenze, proprio per i suoi effetti sul cervello.

Tra gli studi più caldi sul tema degli effetti che la pornografia esercita sul cervello umano, due lavori hanno suscitato particolare scalpore e interesse per le conclusioni a cui sono arrivati.

In prima linea vi sono lo studio di Valerie Voon, neuroscienziata dell’Università di Cambridge, che parla dei meccanismi di dipendenza condivisi tra porno e droga e quello dei ricercatori del Max Planck Institute for Human Development di Berlino, che alla stessa dipendenza riconducono anche una diminuzione della massa cerebrale in alcune aree del cervello (qui). Negli ultimi decenni, infatti, accanto alle dipendenze “classiche” da sostanza (alcol, droga, ecc.), troviamo dei disturbi psichici caratterizzati dalla adozione di comportamenti finalizzati alla fruizione di esperienze gratificanti. Queste patologie emergenti vengono chiamate “new addiction”; ad esempio la dipendenza dal gioco d’azzardo, da internet, dallo shopping, dal lavoro, dal sesso, dal cibo, dalle relazioni affettive, dallo sport.

Il sistema innescato sarebbe legato al meccanismo di ricompensa dato dalla dopamina o “circuito della gratificazione” (reward system). Questo meccanismo, esercitato a livello cerebrale, aiuta l’uomo a raggiungere gli obiettivi che si prefissa. In sintesi, per raggiungere uno scopo, il cervello rilascia dopamina e stimola il centro delle emozioni spingendo a realizzare l’oggetto del proprio desiderio. Quando l’obiettivo è raggiunto, il desiderio si consolida e, assieme ad esso, anche le connessioni sinaptiche del cervello assumono una nuova “conformazione”.

Anche durante la visione di filmati pornografici viene rilasciata dopamina, che aiuta a consolidare i suddetti meccanismi di ricompensa senza che però il soggetto abbia necessità di lavorare per raggiungere l’obiettivo. In questo modo si consolida un meccanismo di ricompensa errato, in cui il soggetto non è più parte integrante dell’azione che lo porta a “realizzarsi”. Inoltre, il continuo rilascio di dopamina esercita un effetto di innalzamento della soglia di eccitazione neuronale, cosicché per stimolare nuovamente i neuroni sono necessarie dosi di dopamina, quindi di stimoli, progressivamente più alti (qui).

Si tratta di un gruppo di strutture cerebrali che vengono attivate da stimoli gratificanti e che rispondono aumentando il rilascio di dopamina. La dopamina è un neurotrasmettitore – prodotto in diverse aree del cervello tra cui la substantia nigra e l’area tegmentale ventrale (ATV) – che regala piacere, senso di benessere, di pienezza, di soddisfazione e talvolta anche di euforia, più o meno intensi.

Nella dipendenza sessuale o disturbo da ipersessualità, la persona può arrivare ad avere il pensiero fisso del sesso, avere fantasie, impulsi e comportamenti sessuali in risposta a stati d’animo disforici, ad esempio ansia, depressione, noia, irritabilità, e ad eventi stressanti. La pulsione incontrollata può portare alla masturbazione compulsiva, alla promiscuità compulsiva, alla ricerca di materiale pornografico on line e di chat erotiche.

Secondo Barbara Costantini, psicoterapeuta e docente universitaria, questo disturbo ha una progressione. Il temporaneo distacco dalla realtà, durante i comportamenti sessuali, lascia il passo a emozioni negative, che creano una pressione che la persona cerca di superare reiterando i comportamenti sessuali di cui è dipendente (B.Costantini, Dipendenze patologiche e adolescenza: una realtà multifattoriale che necessita di sinergie pedagogiche, psicologiche e sociali).

Ho voluto approfondire l’argomento con Luca Marelli, Presidente e co-fondatore di “Puri di Cuore”, associazione dedicata alle sfide poste dalla pornografia.

 

I “nativi digitali” hanno sempre più facilità di accesso a contenuti hard, cosa che si accompagna a uno spiccato “analfabetismo affettivo”. Come si possono aiutare i giovani a diminuire i “click” pornografici?

Prima di rispondere alla domanda vorrei far capire l’emergenza-pornografia con alcuni dati. Il 30% del traffico web nel mondo è legato solo ed esclusivamente al sesso e il 60% dei siti su Internet è di natura sessuale. In altre parole: 4,6 miliardi di ore annue di visione da parte di uomini, e anche donne, secondo “vecchie” ricerche. Vecchie perchè durante il periodo di isolamento per il Covid-19 le ore sono aumentate. Una devastante emergenza che il governo della Nuova Zelanda ha capito e ha deciso di combattere con uno spot, lo si trova anche su YouTube.

Torniamo alla sua domanda. In base alle statistiche, e soprattutto alla nostra esperienza come associazione “PURIdiCUORE”, i ragazzi accedono a contenuti pornografici per caso o per curiosità; sono attirati, come fosse un gioco, da questo aspetto intimo e potente della persona, ma non lo comprendono. E qui succedono i guai. Se un bambino di 8-10 anni fosse esposto a atti sessuali “dal vero” nessuno negherebbe l’abuso. I nativi digitali, invece, accedono a questi contenuti dai dispositivi dei genitori o che i genitori stessi hanno regalato loro. Pensano di regalare al figlio un pesce e invece gli regalano un serpente (Cf. Lc 11,11). Come aiutare i giovani? Parlando tanto con loro di cosa si scrive, si guarda e si fa in rete. Continuare a parlare, parlare, parlare. I genitori devono esserci e parlare con i figli. E anche diventare “alfabetizzati digitali”, avanzare nella comprensione della rete e dei social, capire come impostare gli strumenti di accesso a internet, a quali APP permettere l’utilizzo ai figli; come impostare i loro profili personali e infine se e quali sistemi di filtri possono essere utili ad evitare accessi accidentali a siti “per adulti”.

 

Durante la quarantena le piattaforme del porno hanno offerto contenuti gratis con la scusa di invitare gli italiani a “restare a casa”. Non crede che in realtà bisognerebbe considerare il fenomeno anche sul piano economico? Oggi la pornografia sembra una vera e propria industria..

Certo, la pornografia è una vera e propria industria purtroppo largamente accettata, anche grazie a serie televisive che già negli anni ’80-’90 trasmettevano il messaggio secondo cui la pornografia sarebbe un legittimo passatempo. Pensiamo alla nota serie TV “Friends”: pornografia, sessualità fluida, sex-friends, tutto condito da risate e battute che banalizzano il problema e sdoganano la nuova morale. Noti siti di video pornografici usano strumenti di marketing per crescere, come le sponsorizzazioni a squadre sportive o a ONG ambientali: devolvono ad esse, che quindi li promuovono, parte del ricavato di specifici video pornografici pro ambiente! Il Covid è stato occasione per inondare il mercato con campagne di fidelizzazione dei clienti della pornografia.

 

Di pornografia si parla di solito relativamente agli adolescenti o ai single, ma molti sono anche gli adulti sposati che accedono a questi contenuti. Ci sono delle conseguenze sulla sessualità di coppia?

Papa Francesco nel 2017 al Convegno per la protezione dei minori, affrontando il tema web e pornografia, disse: «Sarebbe una grave illusione pensare che una società in cui il consumo abnorme del sesso nella rete dilaga fra gli adulti sia poi capace di proteggere efficacemente i minori». Cito alcuni fatti. Negli USA gli avvocati matrimonialisti attribuiscono all’uso di pornografia un ruolo in oltre la metà dei divorzi. In Italia le statistiche (rapporto CENSIS 2019) dicono che il 25% delle persone tra i 18 e 40 anni guarda pornografia in coppia e il 38% pratica il sexting (invio di messaggi o immagini sessualmente esplicite). È noto e accettato che una delle conseguenze della dipendenza da pornografia sia per gli uomini l’impotenza e le donne la frigidità nei rapporti. Questo dipende dal ciclo P-M-O, Pornografia-Masturbazione-Orgasmo che altera il normale equilibrio neurochimico del cervello oltre a quello psicologico e spirituale. Molte mogli scoprono che il marito fa uso di pornografia, e quindi che compie atti di masturbazione, e vivono questo come un vero e proprio tradimento. Con il paradosso che a volte la scoperta avviene in seguito all’impotenza del marito, che non dipende da cause organiche. La conclusione a cui sono arrivato, dopo aver vissuto la porno-dipendenza in prima persona, è che l’uso di pornografia è un modo (uno dei tanti) di vivere la sessualità come appropriazione dei meccanismi di piacere, lontani mille miglia da quello che l’unione sessuale è nel piano della Creazione: mutuo dono e arricchimento reciproco nella fedeltà e unicità.

 

Lei ha fondato “PURIdiCUORE”: ci racconta l’opera della sua associazione?

Rispondo partendo dalla mia vita. Per la mia generazione (sono del 1963), la pornografia esisteva ma era difficile accedervi. A me è capitato a 11 anni, tramite un giornaletto porno trovato per strada in modo casuale. Immagini e sensazioni che non comprendevo, mi facevano sentire in colpa ma mi attraevano fortemente, generando un peso che non sapevo portare. Ho ricercato e usato la pornografia a fasi alterne e per uscirne è stato necessario prima di tutto ammettere di avere un problema e lavorare su me stesso per ritrovare l’integrità. Come per le altre dipendenze, è sbagliato pensare «Smetto quando voglio», come il titolo del film di Sydney Sibilia. Nel 2017, dopo aver raccontato la mia storia e il senso di gratitudine che provavo per essermi liberato dalla pornografia, incontrai alcune persone che condividevano l’urgenza di affrontare questo tema così urgente e così nacque l’associazione PURIdiCUORE.

Fondamentalmente, operiamo su due fronti: da una parte cerchiamo di rendere consapevoli le persone del fenomeno della pornografia attraverso incontri, testimonianze, pubblicazioni, e dall’altra di indicare alle persone cadute nella dipendenza possibili vie di recupero. Nella nostra opera, indichiamo tre pilastri: l’approfondimento della vita spirituale, la psicoterapia, i gruppi anonimi dei Dodici Passi – programma nato in USA per gli alcolisti negli anni ‘30 e oggi applicato anche ad altre dipendenze, tra cui quella sessuale: la “Sexaholics Anonymous”.

Dedichiamo cura e attenzione anche alla formazione dei presbiteri; spesso, infatti, in ambito cattolico si sottovaluta la pornografia, giudicandola un peccato ma tralasciando di considerarne la portata a livello personale e sociale. Segnalo che è possibile trovarci sul nostro sito www.puridicuore.it e contattandoci, anche in forma anonima, all’indirizzo info@puridicuore.it Il servizio si rivolge anche a sacerdoti, religiose e consacrati.

 

State facendo anche corsi di formazione on-line: di cosa si tratta e chi può partecipare?

La formazione che offriamo è gratuita. Ci rivolgiamo soprattutto agli educatori – insegnanti, psicologi, preti e suore, catechisti. Segnalo, in particolare, il corso “Porn Generation, un discorso da fare”, che si potrà trovare a breve sul sito di PURIdiCUORE. Abbiamo di recente lavorato a un testo per famiglie e adolescenti, che si intitola “Don’t click so quick. Sessualità e pornografia, le verità nascoste”, ad opera di Sara Matarese, psicologa e psicoterapeuta. La nostra associazione ha scritto anche il libro “Pornografia, calamità ignorata” e abbiamo contribuito alla traduzione del libro di Peter Kleponis “Uscire dal tunnel. Dalla dipendenza da pornografia alla integrità”.

 

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