Dio creatore del mondo

 

 

di Aurelio Porfiri

Quadro biblico

Genesi

Da dove partiamo? Direi dall’inizio; e l’inizio è, come sappiamo bene, il libro della Genesi, perlomeno da un punto di vista della fede cristiana. Al capitolo primo del libro della Genesi, versetti 1-4 leggiamo: “In principio Dio creò il cielo e la terra. Ora la terra era informe e deserta e le tenebre ricoprivano l’abisso e lo Spirito di Dio aleggiava sulle acque. Dio disse: “Sia luce!” E la luce fu. Dio vide che la luce era cosa buona e separò la luce dalle tenebre”. Bene. Tutti conosciamo questo passaggio. Ma forse non bene come pensiamo. Alcuni di voi potrebbero domandami: ma cosa c’entra questo con Teologia ed Estetica? Domanda legittima, che merita una risposta accurata. La questione si annida nel testo ebraico. Noi leggiamo che la luce era cosa buona, a questa parola, “buona”, diamo un senso morale, come è proprio della nostra lingua. Ma la parola originale ebraica che l’italiano “buona” traduce ci dice qualcosa di più e di diverso. Questa parola è “Tôb”. Ora, il significato di “Tôb” è qualcosa di più che semplicemente buono. Sembra più vicino alla parola “bello”. Se leggiamo le varie definizioni che si trovano in un dizionario della lingua ebraica, troviamo anche quella di “buono” nel senso di “giusto” (morale, quindi); ma il tono generale di questa parola è più riferito all’accezione di piacevole, ben ordinato, che delizia. Ma per molti questa non sembrerà una prova sufficiente che permette di allargare il senso di “Tôb” alla dimensiona estetica, più che a quella etico-morale. Allora ci servono altre attestazioni di questo fatto. E, per fortuna, le abbiamo.

 

Tôb e Kalós

Quando l’Antico Testamento fu tradotto dall’Ebraico al Greco, ci fu la necessità di trovare un termine corrispondente per il nostro “Tôb”. Ora, in Greco, questo concetto di “buono” viene espresso con tre parole differenti: c’è il bene in senso più morale che è Agathós; poi abbiamo il buono in senso di “utile”, reso con la parola Chrêstós; e infine abbiamo il buono con  il senso di “bello”, reso con Kalós. Quale sarà la parola scelta per sostituire la nostra parola ebraica “Tôb”? Avrete già capito che è Kalós. Quindi abbiamo una doppia attestazione del significato di quel “vide che era buono” nel senso di “vide che era bello”. Questo dà il via ad una ricerca di una Teologia della bellezza. E molti teologi si occuperanno di questo, specialmente nel nostro secolo. Per citarne solo alcuni non possiamo dimenticare Hans Urs von Balthasar, Pavel Florenskij, Paul Evdokimov, Divo Barsotti, Bruno Forte, Crispino Valenziano, Pierangelo Sequeri ed altri. Non dico che io mi senta ispirato da tutti questi teologi, ma non si può negare che essi hanno dedicato fatica intellettuali a ricercare questo tema del rapporto fra bellezza e teologia, fra estetica ed estatica. Quindi non possiamo fare a meno di parlarne e di tenere presenti anche i contributi che hanno apportato a questa disciplina. Insomma dobbiamo occuparci più approfonditamente di Teologia della Bellezza.

 

(Qui i precedenti articoli: n.1 2)

 

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