Importante intervento di Mario Draghi, ex presidente della Banca Centrale Europea, sulla crisi pandemica da coronavirus che potrebbe creare una vera e propria depressione globale con licenziamenti a catena. Draghi dà la sua visione delle leve su cui operare per limitare i danni. E’ senz’altro un punto di vista da tenere in considerazione. L’articolo è stato pubblicato ieri sul Financial Times, vi propongo alcuni stralci nella mia traduzione. 

Mario Draghi

 

La pandemia di coronavirus è una tragedia umana di proporzioni potenzialmente bibliche. Molti oggi vivono nel timore della propria vita o nel lutto dei propri cari. Le azioni intraprese dai governi per evitare che i nostri sistemi sanitari siano sopraffatti sono coraggiose e necessarie. Devono essere sostenute. 

Ma queste azioni hanno anche un enorme e inevitabile costo economico. Mentre molti rischiano la perdita di vite umane, molti altri rischiano la perdita dei mezzi di sussistenza. Giorno dopo giorno, le notizie economiche peggiorano. Le aziende devono affrontare una perdita di reddito in tutta l’economia. Moltissimi stanno già ridimensionando e licenziando i lavoratori. Una profonda recessione è inevitabile. 

La sfida che dobbiamo affrontare è come agire con sufficiente forza e velocità per evitare che la recessione si trasformi in una depressione prolungata, resa più profonda da una pletora di inadempienze che lasciano danni irreversibili. È già chiaro che la risposta deve comportare un significativo aumento del debito pubblico. La perdita di reddito subita dal settore privato – e l’eventuale debito contratto per colmare il divario – deve essere infine assorbita, in tutto o in parte, dai bilanci pubblici. Livelli di debito pubblico molto più elevati diventeranno una caratteristica permanente delle nostre economie e saranno accompagnati dalla cancellazione del debito privato. 

Il ruolo dello Stato è proprio quello di redigere il proprio bilancio per proteggere i cittadini e l’economia dagli shock di cui il settore privato non è responsabile e che non può assorbire. Gli Stati lo hanno sempre fatto di fronte alle emergenze nazionali. Le guerre – il precedente più rilevante – sono state finanziate da aumenti del debito pubblico. (…) . Oggi, invece, è stata causata dal disagio umano della pandemia e dalla chiusura. 

La questione chiave non è se, ma come lo Stato debba fare buon uso del suo bilancio. La priorità non deve essere solo quella di fornire un reddito di base a chi perde il lavoro. Dobbiamo innanzitutto proteggere le persone dal rischio di perdere il lavoro. Se non lo faremo, usciremo da questa crisi con un’occupazione e una capacità costantemente inferiori, mentre le famiglie e le aziende faticano a riparare i loro bilanci e a ricostruire il patrimonio netto.

(…)

Le banche devono prestare rapidamente fondi a costo zero alle aziende disposte a salvare posti di lavoro. Poiché in questo modo stanno diventando un veicolo di politica pubblica, il capitale di cui hanno bisogno per svolgere questo compito deve essere fornito dal governo sotto forma di garanzie statali su tutti gli ulteriori scoperti o prestiti. Né la regolamentazione né le regole collaterali devono ostacolare la creazione di tutto lo spazio necessario nei bilanci delle banche a questo scopo. Inoltre, il costo di queste garanzie non dovrebbe essere basato sul rischio di credito della società che le riceve, ma dovrebbe essere pari a zero indipendentemente dal costo del finanziamento del governo che le emette

(…)

Queste aziende potrebbero essere ancora in grado di assorbire questa crisi per un breve periodo di tempo e di aumentare il debito per mantenere il loro personale in attività. Ma le perdite accumulate rischiano di compromettere la loro capacità di investire in seguito. E, se l’epidemia di virus e i relativi blocchi dovessero durare, potrebbero realisticamente rimanere in attività solo se il debito accumulato per mantenere il personale occupato durante quel periodo venisse alla fine cancellato. 

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I livelli del debito pubblico saranno aumentati. Ma l’alternativa – una distruzione permanente della capacità produttiva e quindi della base fiscale – sarebbe molto più dannosa per l’economia ed eventualmente per il credito pubblico. (…)

Per alcuni aspetti, l’Europa è ben attrezzata per affrontare questo shock straordinario. Ha una struttura finanziaria granulare in grado di incanalare fondi verso ogni parte dell’economia che ne ha bisogno. Ha un settore pubblico forte in grado di coordinare una risposta politica rapida. La rapidità è assolutamente essenziale per l’efficacia.

Di fronte a circostanze impreviste, un cambiamento di mentalità è necessario in questa crisi come lo sarebbe in tempo di guerra. Lo shock che stiamo affrontando non è ciclico. La perdita di reddito non è colpa di nessuno di coloro che ne soffrono. Il costo dell’esitazione può essere irreversibile. Il ricordo delle sofferenze degli europei negli anni Venti è un racconto ammonitore. 

La velocità del deterioramento dei bilanci privati – causato da una chiusura economica inevitabile e auspicabile – deve essere affrontata con altrettanta rapidità nel dispiegare i bilanci dei governi, nel mobilitare le banche e, come europei, nel sostenersi a vicenda nel perseguimento di quella che è evidentemente una causa comune.

 

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