di Umberto Giorgi

 

In questi 2 anni e mezzo ho letto decine e decine di articoli che analizzavano la situazione in cui versa la nostra società, o meglio l’intera nostra civiltà, dopo la deflagrazione dell’evento chiamato pandemia Covid 19. L’ultimo in ordine di tempo e probabilmente uno dei migliori, se non il migliore, per completezza di analisi e profondità di argomentazioni è quello di Leonardo Guerra, pubblicato pochi giorni orsono su questo stesso blog.

Filosofi illustri come Giorgio Agamben e Massimo Cacciari, per citare solo i più noti, hanno dato importanti contributi mettendo in guardia fin dai primissimi tempi dai gravi rischi che la nostra convivenza sociale e i legami tra le persone, sempre più sfilacciati, correvano a causa della situazione che si era venuta a creare e soprattutto a causa della modalità scelta per affrontarla. La parola legame a me fa venire alla mente, specie in questa circostanza, una rete da pesca con i piccoli nodi che collegano l’una all’altra le corde che la compongono e che contribuiscono in egual misura alla sua solidità e resistenza. Se questa può essere adottata come definizione, certo un po’ fantasiosa e sintetica, di tessuto sociale, ecco allora che si capisce come si sia cercato di romperne, dividendo le persone, la trama e facendone dunque venire meno la solidità e aprendola alla manipolazione.

In realtà dietro la narrazione che ha sostituito la realtà delle cose (e che si tenta tuttora con pervicacia di mantenere in piedi) io ci ho visto una pozione venefica dalle molte componenti ognuna delle quali ha contribuito al risultato esiziale; ne cito qualcuna: un po’ de “Il mondo nuovo” di Huxley, una dose generosa di “1984” e un pizzico di “Anni senza fine” di Clifford Simak, capolavoro quest’ultimo di fantascienza che narra, tra le altre cose, di umani che prima di estinguersi vivevano isolati e avevano contatti solo tramite computer.

E pensare che “andrà tutto bene!” e “ne usciremo migliori!” ci dicevano. Quante sciocchezze abbiamo sentito!

Ebbene, devo confessare che per quanto condivida completamente molte delle analisi che leggo, per quanto ne apprezzi le argomentazioni, esse alla fine mi lasciano un disagio, un senso di impotenza che mi deprime. Qualcosa mi manca e anziché caricarmi di energie mi sento sgomento e del tutto impotente di fronte a tanta menzogna e tanta ingiustizia.

Sentite quello che, nell’ormai lontano 1995, scriveva, con la preveggenza profetica dell’uomo di fede, il sacerdote lombardo don Luigi Giussani, grande educatore, oggi Servo di Dio e patrimonio della Chiesa tutta:

“Man mano che si sviluppa, l’uomo pensa, sente e quindi opera secondo lo standard creato dagli strumenti di diffusione sociale. Capite che 2000 anni fa gli strumenti di diffusione sociale erano molto più ridotti, molto meno efficaci e più esterni; perciò, la gente poteva essere inibita dall’imperatore e dai soldati dell’imperatore, ma tra di loro pensavano come volevano e facevano in fondo quello che volevano, molto più di ora. Adesso l’imperatore penetra te che sei nel letto, nell’intimità della tua casa e leggi il giornale, oppure accendi la televisione. Adesso gli strumenti che la scienza ha trovato per la comunicazione del pensiero sono gli strumenti del potere e gli uomini diventano schiavi, come pensiero, come sentimenti e come azione, come impostazione della vita del potere. Mai la schiavitù è stata così vasta, imperante e profonda come adesso. Adesso uno Spartaco sarebbe molto più difficile che emergesse. Nel mondo antico gli “Spartachi” sono stati tantissimi: qualunque uomo un po’ geniale e coraggioso poteva essere uno Spartaco. Adesso, su un milione di persone non c’è uno Spartaco, non può esserci, perché è bloccato.”

Non descrive forse esattamente la situazione che stiamo vivendo? Ma questo significa anche che chi si è opposto e ha mantenuto la capacità di ragionare ha meriti più grandi di qualsiasi Spartaco del passato perché ha combattuto il potere più forte e pervasivo che si sia visto sulla scena di questo mondo.

Ma, antico o moderno, non può esserci uno Spartaco, anzi non può esserci uomo che vive senza una speranza certa, per questo c’è tanto vuoto intorno e tanta tristezza o rabbia nei volti.

Ecco, dunque, la domanda che sempre la lettura di molti dei bellissimi articoli mi suscita: io in cosa spero? Dove poggia la mia speranza? Dove trovare le energie per opporsi, per giudicare, per costruire, per porre un modo di essere diverso che affascini quest’uomo contemporaneo, complice e vittima al tempo stesso della menzogna e del male?

Facendo un passo indietro e guardando, per quanto possibile, tutto quanto dal di fuori vengono in mente le argute parole di C.S. Lewis nel suo “Il cristianesimo così com’è” un libro che mi tiene compagnia tutte le volte che la situazione esterna mi sovrasta e fatico a vedere una via d’uscita.

“Quando ci saremo chiariti le idee sul libero arbitrio capiremo come sia sciocco domandare, come qualcuno mi ha domandato: ‘Perché Dio ha fatto una creatura di stoffa tanto scadente da guastarsi?’ Migliore è la stoffa di cui è fatta una creatura -più essa è intelligente, forte e libera – tanto migliore essa sarà se va per la via diritta, ma anche tanto peggiore se si svia e si guasta …. Come si è sviata la Potenza Oscura? Questa, senza dubbio, è una domanda a  cui  gli  esseri  umani  non  possono  rispondere  con certezza.  È tuttavia proponibile  una  congettura  ragionevole  (e tradizionale!), basata sulle nostre stesse esperienze di sviamento. Non appena abbiamo un io, c’è la possibilità che mettiamo questo io al primo posto, che vogliamo essere il centro – che vogliamo, di fatto, essere Dio. Questo fu il peccato di Satana; ed è il peccato che egli insegnò al genere umano. Ciò che Satana mise nella mente dei nostri progenitori  fu  l’idea che essi potevano «essere come dèi»: che potevano regolarsi a modo loro come se si fossero creati da soli, essere padroni di se stessi, inventare una felicità per se stessi al di fuori  di  Dio, prescindendo da Dio. E da quel vano tentativo è derivato quasi tutto ciò che chiamiamo storia umana  –  denaro, povertà, ambizione, guerra, prostituzione, classi, imperi, schiavitù -, la  lunga,  terribile  storia  dell’uomo  alla  ricerca  di  qualcosa  di diverso da Dio che lo renda felice.

La ragione per cui il tentativo non può riuscire è questa. Dio ci ha creato: ci  ha  inventato  come  un  uomo  inventa  un  motore. Se un’automobile è fatta per funzionare con la benzina, non può funzionare bene  con  nient’altro.  Dio ha  progettato  la  macchina umana perché funzionasse con Lui stesso. È Lui il carburante che il nostro spirito è destinato a bruciare, o il cibo di cui è destinato a nutrirsi. Non ce n’è altro. Per questo è inutile chiedere a Dio di renderci felici a modo nostro, senza curarci della religione. Dio non può darci una felicità e una pace altra da Se stesso, perché non c’è. È una cosa che non esiste.

Questa è  la  chiave  della  storia  umana.  Si spendono  energie enormi, si costruiscono civiltà, si escogitano ottime istituzioni; ma ogni volta qualcosa va storto. Qualche vizio fatale porta sempre ai vertici gente egoista e crudele e tutto torna a scivolare nell’infelicità e  nella  rovina.  In realtà, la macchina si inceppa. Sembra che parta bene, fa qualche metro, e si guasta. Cercano di farla funzionare con il carburante sbagliato. Questo è ciò che Satana ha fatto a noi esseri umani.”

Stiamo dunque parlando dell’ennesima illusione di creare l’uomo nuovo! Ecco cosa c’è nel menù, un unico piatto, sempre lo stesso, che cercano di servire dall’inizio della storia umana. Non caschiamo nel tranello, amici! Stavolta la ricetta prevede una drastica riduzione della popolazione mondiale e la spoliazione di ogni bene privato (tranne che per le cosiddette élites, naturalmente)! Non c’è alcun complottismo, tutto è scritto e pubblicato, ma stranamente sono in pochi a farsi delle domande. Quale novità o quale felicità, mi chiedo, potrà mai venire da un progetto che intende togliere l’umanità all’uomo, che intende privare il genere umano della libertà?

In realtà, e mi si perdoni la franchezza, la vera novità è già accaduta e si chiama Gesù Cristo, la compagnia di Dio all’uomo, l’uomo di sempre, antico e moderno, una Presenza capace di rendere ragione di tutto, una presenza che introduce un criterio nuovo con cui guardare il mondo, capace di (finalmente!) cambiare il cuore. E noi Cristiani dobbiamo ricominciare a pronunciare questo nome senza paura, perché è solo da Lui che si può ripartire, è Lui il terreno solido, in Lui le fondamenta certe su cui poggiare la speranza che ci permette di non disperare, ma di continuare a lottare contro la menzogna e l’ingiustizia, ma anche perdonare ed amare. Molti hanno scritto che occorre vivere nella verità, è verissimo e per questo bisogna dire senza paura che Lui è la Verità, una verità in questo momento storico scomodissima, ma la sola capace di restituire un senso ad ogni cosa.

Nel bel libro di Gustave Bardy “La conversione al cristianesimo nei primi secoli” si analizza quello che nella storia ha rappresentato un fenomeno pressoché unico e se ne cercano le ragioni, la principale delle quali viene identificata nel fatto che i Cristiani dicevano la verità, venendo incontro al bisogno inestirpabile del cuore umano. Il logos, la ragione, ha sconfitto il mito delle religioni pagane perché annunciava la Verità, Gesù risorto e presente.

Con le numerose differenze e sostituendo alcuni termini, ognuno può fare il paragone con ciò che stiamo vivendo oggi.

In chiusura vorrei ricordare le parole finali del “Dialogo con Trifone” di S. Giustino, padre apologista, filosofo e martire, decapitato intorno al 150 d.c. durante il regno dell’imperatore Marco Aurelio. Mentre camminava sulla spiaggia -racconta- gli apparve un misterioso vegliardo con il quale si intrattenne a lungo (Giustino aveva cercato la Verità frequentando le principali scuole filosofiche della Grecia) che lo esortò alla preghiera perché gli venissero aperte le porte della luce, “perché nessuno può vedere se Dio e il Suo Cristo non gli concedono di capire”.

Se la Chiesa non ripete più queste cose perché molti pastori han perso la fede tocca a chi è innamorato di Gesù e della Verità “gridarle dai tetti”.

 


 

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