Don Luigi Giussani

 

di Brunella Rosano

 

Continuando la lettura dell’intervista fatta a Don Luigi Giussani da Don Angelo Scola nel 1987 sul ruolo dei laici nella società ( la prima parte è stata pubblicata il 29 novembre) viene ripreso il tema della crisi della coscienza religiosa in quanto il Fatto Cristiano viene ridotto o a storicismo o a moralismo.

Don Giussani: “Ciò che questo minimalismo  ha prodotto nella Chiesa è stata l’assenza quasi totale,  direi anzi statisticamente generale per troppi anni e paradossalmente proprio nel periodo post-conciliare, di un messaggio autenticamente cristiano come quello rinato nell’ultimo decennio di Paolo VI e clamorosamente con Giovanni Paolo II”…..”Si può dire che l’assenza di questo messaggio porta con sé una percezione rattrappita della pedagogia di sviluppo della fede Cristiana che viene così ridotta secolaristicamente ai contenuti della Sociologia e della psicologia secondo modello anglosassone”……”Il  cuore della nostra proposta è piuttosto l’annuncio di un avvenimento accaduto che sorprende gli uomini allo stesso modo in cui 2000 anni fa l’annuncio degli Angeli a Betlemme sorprese dei poveri pastori”…..”E’ la percezione di questo avvenimento che risuscita o potenzia il senso elementare di dipendenza e il nucleo di evidenze originarie cui diamo il nome di ‘senso religioso'”…. “quello che manca nella Chiesa non è tanto la dizione letterale dell’annuncio ma l’esperienza di un incontro”.

Don Angelo Scola:”Dove e come si fa L’esperienza di un incontro?”

Don Giussani: “S’incontra il fatto Cristiano imbattendosi in persone che questo incontro hanno già compiuto e la cui vita da esso in qualche modo è stata già cambiata. Quindi il come è un impatto umano che accade, una persona, un gruppo, una realtà sociale. Il dove, invece, può essere ovunque in qualsiasi posto.” (…) “L’incontro è con un avvenimento, che può essere anche una persona che parla, ma ciò che colpisce non è tanto la parola in sé quanto il cambiamento comunque avvenuto in colui che parla”.

E ora don Giussani sintetizza in modo mirabile la proposta, il metodo di CL.

“Innanzitutto la grazia di un incontro, la testimonianza cioè di una persona per cui il Fatto di Cristo è una realtà presente. In secondo luogo la suscitazione dell’esperienza dell’identità della corrispondenza tra il contenuto di questo incontro è il senso religioso. Quindi come conseguenza il desiderio di comunicare prima ancora che a se stessi agli altri questa buona notizia, la missione, cioè. E poi nello stesso tempo la sorpresa del dolore per la propria incoerenza e la pietà per il bisogno dell’uomo”.

Domanda: come definirebbe una fede priva del senso religioso?

Risposta: “Una ideologia qualsiasi o una pratica superstiziosa che normalmente è l’ultimo prodotto, nell’uomo, del sentimento religioso sostanziale”.

Domanda: “Ed un senso religioso che non approda alla Fede?”

Risposta: “Un’attesa dolorosa che non ha ancora risposta”.

Don Scola: “In questi ultimi decenni lei ha parlato molto di ‘cultura dominante’. Quando una cultura diventa dominante?”

Don Giussani: “Quando il suo contenuto è così sistematicamente veicolato dai mezzi di comunicazione che non è possibile che, per una veloce osmosi, non giunga ad informare inconsapevolmente la mentalità di tutti” (…) “Ma come è raccapricciante vedere un individuo totalmente determinato nei suoi giudizi e nelle sue movenze dal dettato comune….!”

Domanda: “Come descriverebbe la cultura oggi dominante e il suo influsso sulla vita cristiana?”

Don Giussani: “È il carpe diem: estrarre il maggior piacere possibile da una realtà la cui materialità è praticamente concepita come esauriente” (…) “In tale contesto umano e culturale il cristianesimo rischia di sopravvivere solo come ‘schema’” (…) “Il Cristiano è l’uomo che sa vivere il presente anticipando nella certezza e nella speranza il momento della pienezza finale. E che fa esplodere nel presente l’invocazione potente della scrittura ‘Vieni Signore Gesù'” (…) ” La cultura dominante per quanto possa investire la mente del singolo e quindi della massa, ha un limite di fronte al quale è costretta ad arrestarsi: la natura dell’uomo, che è definita dal senso religioso. Tale natura non solo non potrà mai essere completamente atrofizzata, ma sarà sempre, più o meno sensibilmente, in una posizione di attesa. Per cui una ripresa di autenticità umana rispetto alla mentalità comune paradossalmente è ciò che più è atteso in una realtà sociale apparentemente ‘omologata’”.

Era l’anno 1987.  Sicuramente la società era diversa e anche la Chiesa era diversa. CL si stava espandendo a macchia d’olio in tutte le realtà cittadine e provinciali.  Come asseriva il nostro amico Don Vittorio Bordiga: “Comunione e Liberazione è una saporosa analogia di Chiesa”.  È l’annuncio, è l’esperienza che sempre ha attratto e attrae le persone.

Perché il fatto Cristiano non può essere chiuso in Sacrestia, ma ha bisogno di testimonianza, di cultura, di missione.
In ogni tempo.

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