Ma qual è la strada che si può percorrere con intelligenza e con cuore libero se non una strada di cui è chiara e certa la meta? Diversamente, sarebbe un luogo di violenza; questa è, infatti, la posizione dell’uomo che cerca di portare la salvezza nel mondo attraverso l’indagine, l’analisi, gli sforzi propri.
Al di fuori del tentativo violento di imporre una meta, non esiste strada chiara e certa se l’immagine ultima di essa non è un dono, una Grazia.
La strada cristiana non è in noi lucida e intelligente ed è, invece, così riottosa e resistente, oscura e quasi tetra, comunque insoddisfatta, perché la personalità non è dominata, investita, determinata nell’immaginazione, nel giudizio e nel cuore dall’«ultimo giorno», dalla fine.
L’amore alla sua seconda venuta, l’amore alla fine del mondo, l’amore alla manifestazione finale, di cui parla san Paolo nel capitolo 8 della Lettera ai Romani, ha un nome particolare: la speranza. La speranza cristiana è la certezza dell’esito finale, per cui tutta la vita è vissuta come amore a un futuro certo.
Luigi Giussani
(Dalla liturgia vissuta. Una testimonianza)
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