Rilanciamo brani da un articolo scritto da padre , pubblicato su Veritas Amoris Review

 

Domenico Ghirlandaio - Madonna della Misericordia -Chiesa di Ognissanti a Firenze
Domenico Ghirlandaio – Madonna della Misericordia -Chiesa di Ognissanti a Firenze

 

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2. Il dramma del peccato dell’uomo

Nella pretesa di elevare la fragilità a criterio della verità dell’amore, si cela un oscuramento della realtà del peccato. È bene chiarire che la fragilità insita nella finitudine umana non ha nulla a che vedere con il peccato. Quando si identificano entrambe le realtà, si finisce per incolpare Dio delle proprie cadute. Così Joseph Ratzinger ha sottolineato che la differenza tra l’uomo premoderno e quello contemporaneo è che, mentre il primo si giustifica davanti a Dio, il secondo giustifica Dio davanti a sé stesso. La conclusione è che Cristo non avrebbe patito per i peccati degli uomini, ma avrebbe, per così dire, cancellato le colpe di Dio[2]. Questa perversa inversione è dovuta al fatto che ai nostri giorni il peccato è stato messo a tacere e relegato in secondo piano, per cui l’uomo contemporaneo non conosce alcuna misura, né vuole conoscerla perché la vedrebbe come una minaccia alla sua libertà[3].

Come afferma tale tesi, il peccato è fondamentalmente il rifiuto dell’amore originario del Creatore. Il secolarismo, caratterizzato da un modo di vivere come se Dio non esistesse, riduce l’atto di fede ad un mero atto di coscienza e il peccato ad un senso di colpa soggettivo. La perdita del senso del peccato[4] ha continuato a crescere. Il senso di colpa si svincola dagli elementi oggettivi che lo sostengono e viene analizzato come un sentimento interiore e individuale. A partire da questo approccio, la redenzione viene ridefinita come la liberazione di un sentimento interiore, frutto di un dono esterno all’uomo che Dio concede gratuitamente.

Il peccato come rifiuto di Dio e rottura dell’Alleanza introduce una logica di divisione e separazione che stabilisce una dicotomia tra amore e verità. In questo modo si ipotizza contemporaneamente un amore senza verità e una verità senza amore. Il primo si comprende a partire dal registro dell’emozione, mentre la seconda si comprende a partire dalla categoria della legge morale, che si impone alla libertà.

È quindi necessario approfondire il mistero della redenzione, seguendo la via aperta da San Giovanni Paolo II, per spiegare come il bene vinca sempre il male. La teologia contemporanea ha cercato di spiegare la redenzione superando l’eccessivo giuridicismo che l’ha preceduta, dove prevaleva l’idea della soddisfazione vicaria.

 

3. La redenzione del cuore

Come afferma san Giovanni Paolo II nella sua prima enciclica Redemptor hominis: “La Redenzione si è compiuta nel mistero pasquale, che attraverso la croce e la morte conduce alla risurrezione”. La redenzione ha quindi un marcato carattere cristocentrico. Una linea di riflessione e approfondimento teologico si è concentrata sullo studio dell’azione di Cristo come luce per addentrarsi nello studio dell’azione umana. 

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La libertà filiale di Cristo deriva dal suo amore per il Padre e mira a creare una comunione di persone con noi. Al centro dell’azione salvifica di Cristo c’è dunque questa intima connessione tra libertà e comunione. Veritatis splendor evidenzia l’origine e il destino del dinamismo della libertà nel modo seguente: “La libertà si radica dunque nella verità dell’uomo ed è finalizzata alla comunione”.

La libertà umana non può essere assolutizzata, poiché in tal caso perderebbe il legame con la sua origine e diventerebbe incapace di dirigersi verso il suo vero fine. Questo è ciò che accade all’alba dell’era moderna con la nascita di quella che è stata chiamata la libertà dell’indifferenza. Questa libertà moderna si allontana dall’affettività, il che porta all’opposizione tra libertà e natura, e successivamente all’opposizione tra libertà e verità. Una libertà senza limiti è un concetto estraneo alla nostra esperienza. La conseguenza di questa concezione moderna è che la libertà dell’altro sarà il vero limite alla propria libertà.

La libertà umana, tuttavia, è originata, è un’iniziativa avviata, risvegliata dalla presenza di un’altra persona in noi. La nascita della libertà avviene attraverso questa modalità di presenza che ha un carattere affettivo. La tradizione cristiana ha approfondito il dinamismo affettivo per spiegare il significato della felicità come comunione con Dio e con gli altri. Il fine della libertà si determina così in una comunione con Dio dovuta non solo all’azione umana, ma all’accoglienza attiva del dono divino.

 

4. La vera misericordia

L’azione salvifica di Cristo, attraverso il dono di sé sulla Croce, manifesta la potenza del vero amore, capace di vincere il peccato e di rigenerare il peccatore. La salvezza ci introduce nella logica della misericordia, che procede come da una sorgente inesauribile dell’amore del Padre e raggiunge il suo culmine in Cristo morto e risorto per noi, affinché ogni persona possa riconoscere nel volto di Cristo la sovrabbondanza dell’amore di Dio. Come afferma San Bernardo, è come se Dio avesse svuotato sulla terra un sacco pieno della sua misericordia, un sacco che doveva esaurirsi nella passione.

Per la sua natura narrativa, relazionale e rigenerativa, l’evento della misericordia implica un cammino che ha origine in Dio e raggiunge l’uomo miserabile e peccatore, trasformando il suo cuore e rendendolo capace di elevarlo e riportarlo alla comunione con Dio. A motivo di questo cammino, è necessario saper distinguere i livelli della misericordia attraverso un uso analogico del termine. La teologia della misericordia è strettamente legata alla teologia dell’amore e comporta un approfondimento del significato della paternità divina.

Dio non tollera il male; Egli risponde al male né con la spietatezza, né con la compassione stucchevole che Nietzsche denuncia, bensì con la misericordia. Essa è in grado di distinguere il male e il malfattore senza ridurre nessuno dei due. In questo modo, si evidenzia il contrasto tra la tolleranza secolare e la misericordia evangelica, che mira alla rigenerazione del malfattore. All’uomo secolare non interessa il bene della persona o i beni in gioco nelle sue relazioni, ma semplicemente che non lo infastidiscano e non lo aggrediscano. Amare veramente l’altro è quindi molto più che tollerarlo.

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La misericordia, indissolubilmente legata al dono dell’amore, ci rivela che lo scopo della vita umana non si trova in se stessa, ma nell’accoglienza di un dono, che deve essere accolto sempre più pienamente nelle azioni umane, affinché raggiunga la sua forma piena e definitiva. Il contrasto neotestamentario tra il seme e il frutto è la forza motrice della trasformazione che deriva dall’unione vitale con il Cristo glorioso, che si pregusta nell’Eucaristia e negli altri sacramenti.

Juan de Dios Larrú

 

Juan de Dios Larrú es un sacerdote religioso y catedrático de Moral Fundamental en la Facultad de Teología de San Dámaso (Madrid). Preside la Asociación “Persona y Familia” que se dedica a la formación de las familias en el marco de la pastoral familiar en España.

 


Le opinioni espresse in questo articolo sono dell’autore e non riflettono necessariamente le opinioni del responsabile di questo blog. I contributi pubblicati su questo blog hanno il solo scopo di alimentare un civile e amichevole confronto volto ad approfondire la realtà.


 

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