di Sabino Paciolla
Su questo blog ho pubblicato articoli che evidenziavano le notevoli criticità connesse all’antivirale Molnupiravir, ideato e prodotto da Merck per la cura della COVID-19. Gli articoli li potete leggere qui.
Apprendiamo ora da Sanità24 de Il Sole 24 ore che AIFA, l’ente che autorizza l’immissione in commercio dei farmaci in Italia, ha sospeso l’utilizzo del Molnupiravir. Ecco il testo:
“L’Aifa rende noto che nella seduta odierna della Commissione tecnico scientifica “è stato deciso di sospendere l’utilizzo del medicinale antivirale Lagevrio (molnupiravir) di Msd (Merck, ndr) a seguito del parere negativo formulato dal Comitato Ema del 24 febbraio scorso, per la mancata dimostrazione di un beneficio clinico in termini di riduzione della mortalità e dei ricoveri ospedalieri”. Aifa comunque sottolinea che “non sono stati rilevati particolari problemi di sicurezza collegati al trattamento”.
Il molnupiravir era stato inizialmente reso disponibile, per il trattamento del Covid-19 lieve-moderato, tramite autorizzazione alla distribuzione in emergenza. Il provvedimento di sospensione di utilizzo sarà effettivo a seguito della pubblicazione in Gazzetta ufficiale.”
La multinazionale del farmaco Merck è stata la prima a produrre il farmaco Ivermectina per la cura della cecità fluviale e anche la riduzione della letalità della malaria. Uno dei suoi ricercatori, il dottor William Campbell dei Merck Research Laboratories, nel 1978 suggerì l’uso del Mectizan (ivermectina) contro la cecità fluviale nell’uomo. Per questo, insieme a Satoshi Ōmura e Youyou Tu condivisero il premio Nobel per la Medicina nel 2015. I primi due (Campbell e Satoshi Ōmura) per le loro scoperte sulle infezioni causate dai nematodi, la terza per le sue scoperte legate alle terapie contro la malaria.
L’ivermectina è uno dei i farmaci più sicuri mai prodotti. È considerato un farmaco essenziale dall’OMS. È possibile verificare questa affermazione consultando VigiAccess.org. e cercando gli eventi avversi per Ivermectina e altri farmaci (inserire il principio attivo in inglese) con cui potrebbe essere confrontato, ad esempio il paracetamolo (Tachipirina). VigiAccess.org è il database dell’OMS per gli eventi avversi da farmaci. Si è visto nel tempo che l’Ivermectina ha effetti benefici nella cura di altre malattie che non fossero quelle iniziali della cecità fluviale e malaria.
La stessa Merck & Co ha sostenuto uno studio di sicurezza, tollerabilità e farmacocinetica di dosi crescenti di Ivermectina che hanno mostrato che dosi molto più elevate di quelle precedentemente stabilite per il trattamento antiparassitario erano sicure negli adulti sani. I ricercatori dello studio sono quasi tutti dei Merck Research Laboratories.
L’ivermectina ha dimostrato capacità in vitro di poter contrastare alcuni virus, tra cui il virus Zika, il West Nile, il poliomavirus BK, i virus Dengue e della febbre gialla e, per l’appunto, il SARS-CoV-2. L’ivermectina ha di recente manifestato la capacità di concorrere a trasformare i tumori TNBC da freddi a caldi aprendo la strada alla cura di alcuni tumori prima refrattari a qualsiasi terapia. Per questi motivi, è stato definito anche “farmaco delle meraviglie”.
Per le sue variegate qualità curative, l’ivermectina comincia quindi ad essere usata anche per la cura della COVID-19, già prima che entrassero in scena i cosiddetti “vaccini” COVID. Qui trovate le ricerche effettuate. Alcuni di questi studi sono stati criticati quanto a correttezza. Ma, come si legge in un articolo pubblicato su CATO Institute, anche non considerando quelli oggetto di critica, i rimanenti “50 studi indicano che l’ivermectina mostra ancora un vantaggio, mediato su diverse metriche, del 71% (intervallo dal 61% al 77%). Questo è meglio del vantaggio del 20% (intervallo dall’11% al 27%) del Veklury (remdesivir) approvato dalla FDA di Gilead Sciences. Questo è anche migliore del vantaggio del 34% (intervallo da -13% a 62%) del trattamento COVID di Merck molnupiravir, che ha ricevuto l’autorizzazione all’uso di emergenza dalla FDA”.
La Merck, che, come detto, produceva la Ivermectina, il 04 febbraio 2021 emette un comunicato in cui, tra l’altro si afferma:
Merck (NYSE: MRK), nota come MSD al di fuori degli Stati Uniti e del Canada, ha ribadito oggi la propria posizione in merito all’uso dell’ivermectina durante la pandemia COVID-19. Gli scienziati dell’azienda continuano a esaminare attentamente i risultati di tutti gli studi disponibili ed emergenti sull’ivermectina per il trattamento della COVID-19, alla ricerca di prove di efficacia e sicurezza. È importante notare che, ad oggi, la nostra analisi ha identificato:
Nessuna base scientifica per un potenziale effetto terapeutico contro la COVID-19 dagli studi preclinici;
Nessuna prova significativa di attività clinica o di efficacia clinica in pazienti affetti dalla malattia di COVID-19 e;
una preoccupante mancanza di dati sulla sicurezza nella maggior parte degli studi.
Non riteniamo che i dati disponibili supportino la sicurezza e l’efficacia dell’ivermectina al di là delle dosi e delle popolazioni indicate nelle informazioni di prescrizione approvate dalle agenzie regolatorie.
Si noti che queste dichiarazioni non dicono che l’ivermectina non funziona contro la COVID. Al massimo, dicono solo che, ad oggi, la ricerca non ha dimostrato che funziona.
Il 22 marzo 2021 anche l’EMA, l’ente europeo per l’autorizzazione dei farmaci in Europa, emette un comunicato in cui, tra l’altro, si legge:
L’EMA ha esaminato le ultime evidenze sull’uso di ivermectina per la prevenzione e il trattamento di COVID-19 e ha concluso che i dati disponibili non ne sostengono l’uso al di fuori di studi clinici ben progettati.
Nell’UE l’uso dei medicinali a base di questo principio attivo non è autorizzato per COVID-19 e l’EMA non ha ricevuto alcuna domanda per autorizzare tale uso.
A seguito di recenti notizie e pubblicazioni sull’uso di ivermectina, l’EMA ha esaminato le ultime evidenze pubblicate tratte da studi di laboratorio, studi osservazionali, studi clinici e meta-analisi. Studi di laboratorio hanno mostrato che ivermectina potrebbe bloccare la replicazione del SARS-CoV-2 (il virus che causa COVID-19), ma a concentrazioni molto più elevate rispetto a quelle raggiunte con le dosi attualmente autorizzate. Gli studi clinici hanno prodotto risultati diversificati: alcuni non hanno dimostrato alcun beneficio, mentre altri hanno indicato un beneficio potenziale. La maggior parte degli studi esaminati dall’EMA era di piccole dimensioni e presentava ulteriori limitazioni, tra cui regimi posologici differenti e ricorso a medicinali concomitanti. L’EMA ha pertanto concluso che le evidenze attualmente disponibili non sono sufficienti a supportare l’uso di ivermectina per COVID-19 al di fuori degli studi clinici.
Sebbene ivermectina sia generalmente ben tollerata alle dosi autorizzate per altre indicazioni, gli effetti indesiderati potrebbero aumentare se si utilizzassero dosaggi più elevati necessari ad ottenere concentrazioni di medicinale nei polmoni che siano efficaci contro il virus. Non si può pertanto escludere tossicità quando ivermectina è utilizzata a dosi superiori rispetto a quelle approvate.
L’EMA ha quindi concluso che l’uso di ivermectina per la prevenzione o il trattamento di COVID-19 non può essere al momento raccomandato al di fuori di studi clinici controllati. Sono necessari ulteriori studi randomizzati e ben disegnati per trarre conclusioni in merito all’efficacia e alla sicurezza del medicinale nella prevenzione e nel trattamento di COVID-19.
A questo punto occorre fare una precisazione ponendoci una domanda: Perché un farmaco ultra-sperimentato e sicuro come l’Ivermectina, che decine di studi indicavano avere una efficacia del 71% nella cura della COVID veniva ostracizzato mentre altri farmaci antivirali come il Remdesivir, che aveva una efficacia del 20%, o il Molnupiravir, che aveva una efficacia del 34%, venivano autorizzati per la cura della COVID?
L’Ivermectina non poteva avere alcuno sponsor che facesse domanda presso la FDA per promuovere il farmaco per la cura della COVID-19 semplicemente perché il brevetto dell’Ivermectina era oramai scaduto da tempo. Per questo motivo, il farmaco costava oramai solo qualche dollaro. Chi avrebbe infatti speso ingenti risorse in ricerche per ottenere dati della sua efficacia nella cura della COVID-19 da presentare alla FDA al fine di ottenere l’autorizzazione alla cura della COVID per un farmaco, l’ivermectina, che sul mercato non poteva che continuare a costare solo qualche dollaro? Sarebbe stato come buttare risorse al vento. Era addirittura stata interrotta la produzione di Ivermectina, ma non per ragioni legate alla sua sicurezza ed efficacia. Dunque, non era certamente interesse della Merck, che per prima aveva prodotto quel farmaco, promuovere ricerche sull’Ivermectina nella cura della nuova malattia COVID. A questa multinazionale conveniva invece investire in un nuovo farmaco che, una volta autorizzato in emergenza, lo avrebbe potuto vendere ad un prezzo molto molto più alto della Ivermectina, con grandi margini di guadagno. Ed è quello che è avvenuto. Merck ha immesso sul mercato, previa autorizzazione della FDA, il Molnupiravir, il nuovo antivirale che doveva curare la COVID-19 ad un prezzo di circa 700-800 dollari.
Purtroppo per la Merck, il Molnupiravir presentava tanti problemi che ho provveduto a far conoscere mediante la pubblicazione di vari articoli su questo blog (leggi qui). Ed ora arriva la notizia del ritiro di tale farmaco.
In sintesi, la Merck prima fa un comunicato contro un farmaco dal costo di qualche dollaro, l’Ivermectina (che lei stessa in passato aveva contribuito a ideare, produrre e promuovere come sicuro) affermando di non aver riscontrato la sicurezza e l’efficacia per la cura della COVID-19 e poi, mesi dopo, annuncia la produzione di un nuovo farmaco, il Molnupiravir, dal costo di 700-800 dollari, che a suo dire sarebbe stato sicuro ed efficace contro la COVID-19. Peccato che le autorità dopo meno di un anno lo abbiano ritirato dal mercato ritenendolo inefficace.
Che dire? Cari lettori, così gira il mondo dei soldi. Traete voi le conclusioni.
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