Oggi ricorre il 50º anniversario della pubblicazione della Humanae Vitae del beato Paolo VI. Grande risalto è stato (giustamente) dato alla recente pubblicazione del libro di Gilfredo Marengo sull’Humanae Vitae, poiché attinge all’Archivio Segreto del Vaticano. Marengo, tra l’altro, afferma che non si può riscontrare con certezza il grado di influenza di Karol Wojtyla, l’allora arcivescovo di Cracovia, sulla redazione di Humanae Vitae. La professoressa Ines Murzaku, della Seton Hall University, prendendo spunto da un altro libro, quello di Pavel Stanislaw Galuska, frutto anch’esso di un lavoro di archivio, quello dell’arcidiocesi di Cracovia, in questo articolo afferma invece che l’influenza di Karol Wojtyla nella stesura della Humanae Vitae è innegabile.
Riporto questo interessante articolo nella mia traduzione.
di Ines Murzaku
La Humanae Vitae e il suo autore, il Beato Paolo VI, stanno ancora facendo notizia nei media cattolici – ma non solo! Una rivelazione. Humanae Vitae, la prima bozza dell’enciclica respinta da Paolo VI, è stato il titolo di un articolo del 10 luglio 2018, pubblicato su Avvenire, un quotidiano italiano di “ispirazione cattolica”. “Humanae vitae”, Paul VI’s secret survey, un altro titolo acchiappaclick che mescola mistero e intrigo per le persone, pubblicato dal quotidiano italiano La Stampa-Vatican Insider, l’11 luglio 2018. “Segreto” è una parola chiave, collegata con Humanae Vitae – aggiungi Vaticano, e il titolo è fatto. Gettare gli archivi segreti del Vaticano nella miscela rende l’articolo particolarmente intrigante – anche se, naturalmente, gli archivi segreti del Vaticano non sono segreti, nel senso di misteriosi o intriganti, o rinchiusi dietro le alte mura del Vaticano. (L’Archivio Segreto Vaticano è l’archivio privato del pontefice, e solo il pontefice può stabilire il regolamento per la sua consultazione). A parte i titoli, l’articolo di Avvenire ha fatto un importante annuncio: la pubblicazione di un nuovo libro “La nascita di un’enciclica. Humanae vitae alla luce degli Archivi Vaticani” (Libreria Editrice Vaticana) basati su documenti dell’Archivio Vaticano mai consultati prima “che hanno permesso [all’autore] di ricostruire la genesi dell’enciclica, le sue varie bozze, le correzioni apportate da Paolo VI”. Papa Francesco ha deciso di aprire l’archivio, anche se alcuni documenti potrebbero essere più recenti dei 50 anni, regola minima (per essere resi pubblici, ndr) dalla data in cui sono stati scritti. Inoltre, l’articolo di Avvenire fornisce alcuni dettagli sul numero di vescovi che hanno dissentito da Humanae Vitae: “La maggior parte di loro [i vescovi] era [sic] per la legittimità dell’uso dei metodi contraccettivi: solo sette chiesero al Papa di pronunciarsi sulla sua illegittimità”.
I numeri sono abilmente presentati nell’articolo: “Degli oltre duecento membri del Sinodo, solo 26 hanno risposto tra l’ottobre 1967 e il maggio 1968 – e solo sette di questi 26 hanno raccomandato a Paolo VI di confermare il divieto di contraccezione di Pio XI”. Usiamo la matematica: duecento membri sono stati invitati a dare un feedback, di cui 26 hanno risposto, e di quelli che hanno risposto 19 hanno voluto che l’insegnamento della Chiesa sulla contraccezione cambiasse e 7 erano contrari a qualsiasi cambiamento sulla pillola. Diciannove dei 200 vescovi invitati hanno sostenuto il cambiamento – questo è un piccolo numero di vescovi quando si va oltre i titoli dei giornali e si fa la matematica. Paolo VI agì collegialmente e invitò i vescovi a partecipare e ad esprimersi. È vero che i numeri possono essere fuorvianti, soprattutto se distorti per convalidare una posizione su un argomento caldo come la forte posizione di Humanae Vitae sulla contraccezione.
Inoltre, Avvenire riferisce che “Wojtyla inviò alcuni importanti contributi (il più famoso f u il Memoriale di Cracovia del febbraio 1968), ma questi non influenzarono la stesura dell’enciclica. ‘Le fonti non permettono di affermare – scrive Marengo – che questi testi siano stati utilizzati in modo significativo nella stesura della Humanae Vita’”. Tra gli oppositori che hanno sostenuto l’insegnamento tradizionale della Chiesa sul matrimonio e la famiglia c’era Karol Wojtyla, arcivescovo di Cracovia. Quanto Wojtyla e il Memoriale di Cracovia abbia influenzato Paolo VI resta da determinare dopo che gli studiosi avranno valutato le testimonianze dei reperti d’archivio di Marengo e Gałuszka.
Che cosa aveva a che fare Paolo con Karol, Roma con Cracovia?
Molto! Secondo un nuovo libro (2017) intitolato Karol Wojtyla e Humanae Vitae, Il Contributo dell’Arcivescovo di Cracovia e del Gruppo di Teologi Polacchi all’Enciclica di Paolo VI di P. Paweł Stanisław Gałuszka, sacerdote dell’Arcidiocesi di Cracovia, l’influenza di Wojtyla e della commissione di Cracovia è innegabile nell’influenzare la stesura di Humanae Vitae. Questo minuzioso studio fornisce in lingua polacca testimonianze accuratamente documentate, provenienti dall’Archivio della Diocesi di Cracovia, finora in parte sconosciute, riguardanti la “nascita” e l’ermeneutica della Humanae Vitae. Secondo le testimonianze presentate nel libro, c’è una preziosa ricerca fornita a Paolo VI dall’Arcivescovo di Cracovia e dal gruppo di collaboratori di Cracovia nella preparazione di Humanae Vitae.
Il 16 febbraio 1966 l’arcivescovo di Cracovia Karol Wojtyla fu nominato membro della Commissione Pontificia pro Studio Populationis Familia et Natalitatis, commissione istituita durante il pontificato di Giovanni XXIII nel marzo 1963. L’intenzione di Paolo VI, come spiega nella Humanae Vitae, era di “confermare ed espandere la commissione”. Tale commissione, di cui Wojtyla era membro, era composta dal clero, per lo più cardinali e vescovi, nominati dal papa, con il compito di studiare la famiglia, il matrimonio e la regolamentazione delle nascite. I temi pertinenti sono stati approfonditi dal punto di vista teologico e pastorale, senza trascurare altre discipline come la medicina, la sociologia e la demografia. Questa commissione ha basato le sue deliberazioni sul lavoro di un’altra commissione che era composta da esperti e studiosi altamente qualificati nel campo, tra cui religiosi e laici, uomini e donne. Questa commissione a due livelli ha svolto fin dai suoi inizi un ruolo consultivo, mentre si aspettava che il pontefice regnante determinasse ed esprimesse un dogma “definitivo e assolutamente certo” sulle questioni relative alla fede e alla morale, come Paolo VI spiega chiaramente nella Humanae Vitae n. 6.
La scelta da parte di Paolo VI dell’arcivescovo Wojtyla di far parte della commissione fu ovvia: nel 1960 il libro di Wojtyła Amore e Responsabilità fu pubblicato in polacco, e da allora gli appassionati interessi teologici, filosofici e pastorali di Wojtyła sulla famiglia e sul matrimonio erano ben noti anche al di fuori della Polonia. Attraverso il gruppo di studiosi e teologi di Cracovia creato personalmente e immediatamente da Wojtyla, l’arcivescovo applicava, a livello locale, gli insegnamenti del Vaticano II sul matrimonio e l’apertura all’amore coniugale-generativo, e forniva un contributo al pontefice su queste pressanti questioni morali. Dalle deliberazioni del gruppo di Cracovia è nato il documento Primo Votum di Cracovia (Primo Voto), ovvero la prima bozza del documento. Dopo il Vaticano II, il Primo Votum di Cracovia segnò per la seconda volta per Wojtyla una tesi contro la contraccezione artificiale. Il documento Primo Votum di Cracovia fu consegnato a Paolo VI e al P. Henri de Reidmatten, che fungeva da segretario della Commissio Pontificia pro Studio Populationis Familia et Natalitatis l’8 luglio 1966, esattamente due anni prima della promulgazione di Humanae Vitae il 25 luglio 1968. Il Primo Votum di Cracovia fu ricevuto con molta gratitudine dai membri della commissione, dato che Wojtyla non poteva recarsi personalmente a Roma perché il governo comunista in Polonia aveva negato l’autorizzazione per l’arcivescovo a recarsi all’estero. Il documento del Primo Votum di Cracovia analizzava sinteticamente le argomentazioni teologiche contro la contraccezione artificiale, applicando l’insegnamento della Chiesa così come è stato spiegato dal Concilio Vaticano II Gaudium et Spes:
Per loro stessa natura, l’istituzione stessa del matrimonio e l’amore coniugale sono ordinati alla procreazione e all’educazione dei figli e trovano in loro il loro ultimo coronamento. Così, un uomo e una donna, che con la loro intesa di amore coniugale “non sono più due, ma una sola carne” si prestano mutuo aiuto e servizio l’uno con l’altro attraverso un’intima unione delle loro persone e delle loro azioni. Attraverso questa unione sperimentano il significato della loro unicità e la raggiungono con crescente perfezione giorno dopo giorno. Come dono reciproco di due persone, questa unione intima e il bene dei figli impongono una fedeltà totale dei coniugi e necessita di una unicità inscindibile tra loro. Il matrimonio e l’amore coniugale sono per loro natura ordinati alla generazione e all’educazione dei figli. I figli sono davvero il dono supremo del matrimonio e contribuiscono in modo sostanziale al benessere dei loro genitori.
La seconda parte del documento Primo Votum di Cracovia, secondo il libro di Gałuszka, fornisce un’esplorazione concreta e dettagliata della situazione dell’uso del controllo delle nascite in Polonia. Il documento si concentra sull’atto coniugale e sulla persona umana (approccio personalistico Wojtyłan) che sta dietro all’atto coniugale. Il documento spiega che con l’utilizzo di metodi naturali (di controllo delle nascite):
L’uomo non viola, non distrugge, non annulla la sua intrinseca qualità, nè la sua potenzialità, ma (l’uomo) fa del suo meglio per comprendere profondamente questa qualità e per adattarvisi, mentre si impegna ad aiutare in modo giusto la sua realizzazione. Solo questo rapporto con la natura è contemporaneamente creativo per l’uomo stesso e lo perfeziona.
Per due anni il pensiero di Wojtyla e dei suoi collaboratori di Cracovia è servito da incubatore per gli argomenti contro la contraccezione artificiale esposti in Humanae Vitae da Paolo VI. Il documento di Cracovia del luglio 1966 fu seguito da un Secondo Votum, che produsse quello che venne chiamato il Memoriale di Cracovia, che fu consegnato a Papa Paolo VI nel febbraio 1968. Questo secondo documento di Cracovia è stato elaborato e ampliato sotto la guida della Conferenza Episcopale della Polonia, e precisamente della Commissione per la Pastorale delle Famiglie, come reazione della Chiesa polacca alla pubblicazione illecita sui media internazionali dei documenti di lavoro del Commissio Pontificia pro Studio Populationis Familia et Natalitatis, che in realtà erano documenti di lavoro e non dovevano essere citati – tanto meno, fatti trapelare ai media. Tra i documenti di lavoro della commissione: Lo status quaestionis, il Documentum syntheticum de moralitate regulationis nativitatum e lo Schema documenti de responsabili patenitate furono pubblicati illecitamente. Ciò suscitò grande indignazione da parte degli autori dei documenti, data la natura privata delle loro deliberazioni su questioni così delicate come la regolamentazione delle nascite. L’irresponsabile fuga di notizie delle deliberazioni private della commissione fu considerata un “grave errore” commesso nei confronti della commissione. Inoltre, ciò dimostrava una pressione concertata che si stava costruendo contro l’ortodossia di Papa Paolo VI e la sua enciclica che sosteneva l’insegnamento secolare della Chiesa sul matrimonio e la famiglia.
Secondo le meticolose e documentate scoperte di Gałuszka, i documenti di Cracovia non furono gli unici ad aver influenzato la decisione di Paolo VI prima della promulgazione dell’Humane Vitae. Un anno prima della promulgazione dell’enciclica, nel 1967, Papa Paolo VI aveva ricevuto il Memorandum di Ulm, un documento che fu elaborato e presentato a Paolo VI dai medici e dai membri del simposio medico di Ulm nell’allora Repubblica Federale di Germania – un anno prima della promulgazione della Humanae Vitae. Il documento riportava che secondo “una ricerca accuratamente condotta, le pillole che venivano poi vendute come contraccettivi in alcuni casi causavano l’aborto”. Gli effetti abortivi della pillola anticoncezionale sono stati rafforzati anche da un nuovo libro del Dr. J. Rötzer: Kinderzahl e Liebesehe. Ein Leitfaden zur Regelung der Empfängnis, nel 1965, tre anni prima della promulgazione dell’enciclica. Così, Paolo VI riceveva un sostegno “eloquente” non solo dai teologi morali, ma anche da quelle che Gałuszka chiama “scienze empiriche”, che testimoniano collettivamente i pericoli della pillola e che non si ha diritto di porre fine ad una vita umana, anche se “questo potrebbe accadere nell’1 per cento dei casi”.
In sintesi, dai documenti provenienti da Cracovia, c’è stata una profonda convergenza tra il pensiero di Montini e quello di Wojtyla in materia di matrimonio, famiglia e uso della contraccezione artificiale. Paolo VI apprezzò tale collaborazione e collegialità con l’arcivescovo di Cracovia e il suo gruppo di collaboratori. Ciò che Wojtyla e i suoi collaboratori di Cracovia fornirono a Paolo VI furono argomenti teologicamente e pastoralmente provati nel dibattito contro l’uso della contraccezione artificiale. I documenti di Cracovia hanno fornito a Paolo VI una visione teologico-morale e pastorale più profonda delle conseguenze della contraccezione provenienti dall’esperienza di una chiesa locale – la Chiesa in Polonia. Anche se il Memoriale di Cracovia non è stato citato specificamente in Humanae Vitae (non sono menzionati neanche altri documenti preparatori), la problematica, la teologia e l’approccio pastorale del Memoriale di Cracovia sono molto presenti nell’enciclica di Paolo VI, in primo luogo nell’insegnamento sull'”amore umano presente in Humanae Vitae, in cui il papa presuppone l’esistenza di alcuni principi antecedenti che ne determinano la forma”. Tuttavia, ci sono delle differenze tra i due documenti: ad esempio, Paolo VI non ha utilizzato gli argomenti a favore dell’approccio personalistico – l’uomo come individuo, non come oggetto – che il documento di Cracovia ha esplorato più in dettaglio.
Che cosa aveva a che fare Paolo con Karol, Roma con Cracovia, nella stesura della Humanae Vitae?
Più di uno potrebbe aspettarselo. Papa Paolo VI e l’Arcivescovo di Cracovia sono stati in armonia nel sostenere l’infallibile insegnamento della Chiesa sul controllo delle nascite, supportandolo con un sano approccio teologico, morale e pastorale. Se si legge parallelamente Humanae Vitae e la versione finale del Memoriale di Cracovia, l’armonia tematica e le soluzioni fornite tra i due documenti sono sorprendenti. Non c’è motivo di credere che il Memoriale di Cracovia non abbia avuto alcun impatto sulla scrittura della Humanae Vitae. Il pensiero e l’ortodossia di Paolo VI sul tema della contraccezione artificiale erano coerenti con l’insegnamento della Chiesa e con gli insegnamenti del Concilio Vaticano II.
Che dire dei vescovi che furono invitati da Paolo VI a dare un riscontro, ma che non risposero mai, o di quei vescovi che erano contro la Humanae vitae? Non c’è risposta migliore di quella del cardinale Ratzinger spiegata in un’introduzione alla Humanae Vitae in una pubblicazione dell’enciclica del 1995:
Il problema del rapporto fra maggioranza della commissione e decisione definitiva del Papa tocca questioni di fondo, che vanno molto al di là della problematica dell’enciclica Humanae vitae. Qui si dovrebbero porre problemi come i seguenti: quando una maggioranza è veramente rappresentativa? Chi deve rappresentare? Come può farlo? (…) una commissione, che dà un parere sulla dottrina della Chiesa, non deve in ogni caso rappresentare la maggioranza dei pareri dominanti, ma l’esigenza interiore della fede. La verità non viene decisa a maggioranza; davanti alla questione della verità ha termine il principio democratico. Nella Chiesa inoltre non conta mai solo la società attualmente presente. In essa i morti non sono morti, perché come comunione dei santi essa va al di là dei confini del tempo presente. Il passato non è passato, e il futuro proprio per questo è già presente. Detto anche con altre parole: nella Chiesa non vi può essere nessuna maggioranza contro i santi, contro i grandi testimoni della fede che caratterizzano tutta la storia. Essi appartengono sempre al presente, e la loro voce non può essere messa in minoranza.
La responsabilità nei confronti della continuità della dottrina ecclesiale aveva perciò giustamente per Paolo VI un’importanza maggiore di una commissione di sessanta membri, il cui voto era da tenere in considerazione, ma non poteva costituire l’ultima istanza di fronte al peso della tradizione.
In conclusione, durante il tempo di Paolo VI, come oggi, l’uomo moderno stava perdendo il senso di Dio. Il concetto di aggiornamento è stato erroneamente inteso come un cambiamento arbitrario. Papa Paolo VI non si è fatto portavoce di questo tipo di aggiornamento. Invece, ha costantemente promulgato l’insegnamento della Chiesa, preservando, continuando e trasmettendo la Tradizione. Questo non significa che il Santo Padre non abbia sostenuto l’aggiornamento o non sia stato favorevole a una storia viva e sempre nuova della Chiesa. Si oppone a uno storicismo che dissolve l’impegno dogmatico tradizionale o a una teologia che si conforma a teorie soggettive libere, spesso mutate da fonti avversarie. Papa Paolo VI non aveva dubbi sulla promulgazione della Humanae vitae, anche se era molto consapevole delle reazioni negative provenienti dall’interno e dall’esterno della Chiesa. Resistette, saldo nella fede, e seguì ciò che Pietro aveva comandato: confermare i fratelli nella fede, come disse nell’omelia del 24 agosto 1968. Paolo VI e il suo eventuale successore Giovanni Paolo II non avevano paura!
Fonte: National Catholic Register
Non c’è risposta migliore di quella del cardinale Ratzinger spiegata in un’introduzione alla Humanae Vitae in una pubblicazione dell’enciclica del 1995:
Il problema del rapporto fra maggioranza della commissione e decisione definitiva del Papa tocca questioni di fondo, che vanno molto al di là della problematica dell’enciclica Humanae vitae. Qui si dovrebbero porre problemi come i seguenti: quando una maggioranza è veramente rappresentativa? Chi deve rappresentare? Come può farlo? (…) una commissione, che dà un parere sulla dottrina della Chiesa, non deve in ogni caso rappresentare la maggioranza dei pareri dominanti, ma l’esigenza interiore della fede. La verità non viene decisa a maggioranza; davanti alla questione della verità ha termine il principio democratico. Nella Chiesa inoltre non conta mai solo la società attualmente presente. In essa i morti non sono morti, perché come comunione dei santi essa va al di là dei confini del tempo presente. Il passato non è passato, e il futuro proprio per questo è già presente. Detto anche con altre parole: nella Chiesa non vi può essere nessuna maggioranza contro i santi, contro i grandi testimoni della fede che caratterizzano tutta la storia. Essi appartengono sempre al presente, e la loro voce non può essere messa in minoranza.
La responsabilità nei confronti della continuità della dottrina ecclesiale aveva perciò giustamente per Paolo VI un’importanza maggiore di una commissione di sessanta membri, il cui voto era da tenere in considerazione, ma non poteva costituire l’ultima istanza di fronte al peso della tradizione.
Questa bellissima considerazione dovrebbe essere un monito per tutta la Chiesa in ogni secolo. Nel nostro momento in particolare, dove sembra imperare un “Far West” dottrinale e pastorale nella Chiesa, in barba al Suo Magistero bimillenario.
Concordo che quello di Ratzinger sia un passo molto profondo.