Papa Francesco, nel pieno della crisi degli abusi sessuali nella Chiesa, ha convocato a Roma per febbraio prossimo i presidente di tutte le conferenze episcopali del mondo per parlare di “prevenzione degli abusi sui minori e sugli adulti vulnerabili”. Non viene però citato il problema fondamentale, l’omosessualità dilagante nel clero e la rete culturale che la sostiene. Questo fa sorgere dubbi sulla sua reale portata e soprattutto sui frutti che ne potrebbero venire.
Di seguito un intervento di Phil Lawler, scrittore e giornalista. Eccolo nella mia traduzione.
di Phil Lawler
Papa Francesco ha chiamato a Roma i leader delle conferenze episcopali mondiali per “parlare della prevenzione degli abusi sui minori e sugli adulti vulnerabili”. Grande.
L’incontro avrà luogo il prossimo febbraio – più di cinque anni dopo che il Papa ha annunciato il suo progetto di istituire una commissione speciale per suggerire piani e politiche per “la prevenzione degli abusi sui minori e sugli adulti vulnerabili”. Quindi potreste chiedervi: che cosa ha fatto quella commissione in questi cinque anni?
Da un lato, la commissione si è scontrata con vari funzionari vaticani, cercando – e spesso non riuscendo – di ottenere l’approvazione delle sue raccomandazioni. Membri della Commissione si sono dimessi con frustrazione, lamentando la mancanza di collaborazione da parte delle agenzie vaticane e delle conferenze episcopali. Se vedeva il problema come urgente, il Papa, come legislatore supremo della Chiesa, avrebbe potuto chiedere a tutte le Conferenze episcopali del mondo di adottare le norme suggerite dalla sua commissione. Invece, ha convocato un incontro – tra cinque mesi – per parlare ancora un po’ della questione.
O meglio, per parlare di una parte della questione. Le rivelazioni delle ultime settimane – la debacle cilena e in particolare lo scandalo McCarrick – hanno reso impossibile ignorare due aspetti dello scandalo che non sono stati affrontati: l’influenza di una rete omosessuale tra il clero, e la complicità dei vescovi che non hanno affrontato le accuse di abuso. Questi temi non sono nemmeno menzionati nell’annuncio del Vaticano dell’incontro di febbraio.
Per essere onesti, la commissione papale ha raccomandato la creazione di un tribunale speciale che avrebbe ritenuto i vescovi responsabili della loro negligenza nel trattare le accuse di abuso. Nel 2015, il Pontefice ha approvato tale raccomandazione e ha creato il tribunale. Sulla carta. Ma in realtà non è cambiato nulla – tutte parole, ancora una volta – e dopo un anno il Papa ha annunciato una nuova decisione, annullando il piano per un tribunale, sostenendo che le procedure esistenti erano adeguate per l’azione disciplinare contro i vescovi negligenti.
Ma se quelle procedure avessero funzionato, non staremmo qui a parlare. Il Papa invita i vescovi del mondo a discutere il problema, ignorando il fatto che in larga misura i vescovi del mondo SONO il problema.
Papa Francesco ha rilasciato diverse eccellenti dichiarazioni sugli abusi sessuali. Ma le sue azioni non sono state all’altezza delle sue dichiarazioni. Ora ha fatto un gesto impressionante. La convocazione di tutte le conferenze episcopali mondiali è senza precedenti; in circostanze diverse trasmetterebbe un senso di urgenza. Non ora.
Così, tra cinque mesi, i rappresentanti dei vescovi del mondo, che da decenni hanno pasticciato e aggratano questo problema, incontreranno il Papa, che da anni ne parla del problema. E ne parleranno ancora un po’. Se l’incontro si attiene all’ordine del giorno annunciato, non farà nulla per risolvere il problema, nulla per alleviare la giusta rabbia di un laicato cattolico oltraggiato.
Fonte: Phil Lawler
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