Fra gli anniversari caduti nel 2020, sorprende la mancata celebrazione dei 90 anni della conferenza della Chiesa anglicana a Lambeth (15 agosto 1930) che, per la prima volta, vide una chiesa cristiana votare (193 sì contro 67 no) una risoluzione (la XV) a favore della moralità della contraccezione. Concludeva allora Eliot: «Il mondo sta tentando l’esperimento della formazione di una mentalità civile, ma non cristiana. L’esperimento fallirà, ma dobbiamo essere molto pazienti e attendere il suo collasso, e intanto recuperare il tempo perduto affinché la fede possa conservarsi viva nelle età buie davanti a noi, per rinnovare e ricostruire la civiltà e salvare il mondo dal suicidio». 

 

Solenne Celebrazione di Apertura della Conferenza di Lambeth presso la Cattedrale di Canterbury

 

 

di Nicola Lorenzo Barile

 

Fra gli anniversari caduti nel 2020, sorprende la mancata celebrazione dei 90 anni della conferenza della Chiesa anglicana a Lambeth (15 agosto 1930) che, per la prima volta, vide una chiesa cristiana votare (193 sì contro 67 no) una risoluzione (la XV) a favore della moralità della contraccezione:

«Laddove esiste un obbligo morale chiaramente sentito di limitare o evitare la genitorialità, il metodo deve essere deciso sulla base dei principi cristiani. Il metodo principale e ovvio è la completa astinenza dal rapporto sessuale (…) in una vita di discepolato e autocontrollo vissuta con la forza dello Spirito Santo. Tuttavia, nei casi in cui esiste un obbligo morale così chiaramente sentito di limitare o evitare la genitorialità, e dove esiste una ragione moralmente valida per evitare la completa astinenza, il concilio concorda sul fatto che possono essere utilizzati altri metodi, a condizione che ciò sia fatto alla luce degli stessi princìpi cristiani. La conferenza registra la sua ferma condanna dell’uso di qualsiasi metodo di controllo della concezione per motivi di egoismo, lusso, o semplice comodità».

Fra i pochi a ricordare l’anniversario di questa conferenza, Michael Pakaluk (leggi qui), che, sottolineando comunque la dura condanna della proposizione finale e ricordando pur sempre l’immoralità di aborto, propaganda di contraccettivi e rapporti al di fuori del matrimonio delle risoluzioni XVI-XVIII, ha voluto così ridimensionare la portata della risoluzione XV.

È una interpretazione, tuttavia, che non tiene conto della ricezione della decisione presa a Lambeth, che si estese anche alle Chiese protestanti del nord America: il 30 marzo 1931, infatti, il Federal Council of Churches (ora National Council of Churches) negli Stati Uniti si espresse a favore di un uso attento e moderato dei contraccettivi da parte di persone sposate, mentre allo stesso tempo ammetteva che gravi mali, come i rapporti sessuali extraconiugali, potessero essere accresciuti dalla conoscenza generale dei contraccettivi.

Per la loro stupefacente lucidità, vale la pena riportare per intero le immediate parole di netta riprovazione della stampa liberal: «È impossibile conciliare la dottrina dell’istituzione divina del matrimonio con qualsiasi piano modernista per la regolazione meccanica o la soppressione della nascita umana. La Chiesa deve rigettare i semplici insegnamenti della Bibbia o rifiutare schemi per la produzione “scientifica” delle anime umane. Portato alla sua logica conclusione, la risoluzione della conferenza, se attuata, suonerebbe la campana a morto del matrimonio come istituzione sacra stabilendo pratiche degradanti che incoraggerebbero l’immoralità indiscriminata. Il suggerimento che l’uso di contraccettivi legalizzati sarebbe “attento e contenuto” è assurdo» (The Washington Post, 22 marzo 1931); «È la sfortuna delle chiese che sono troppo spesso abusate dai visionari per la promozione di “riforme” in campi estranei alla religione. Le deviazioni dagli insegnamenti cristiani in molti casi sono sbalorditive, lasciando l’osservatore sbalordito alla volontà di alcune chiese di insegnare “Cristo e Lui crocifisso”. Se le chiese devono diventare organizzazioni di propaganda politica e scientifica, dovrebbero essere oneste e rifiutare la Bibbia, deridere Cristo come un insegnante obsoleto e non scientifico, e presentarsi coraggiosamente come campioni della politica e della scienza come sostituti moderni della religione dei vecchi tempi» (editoriale di The Washington Post, 24 marzo 1931).

Anche il mondo cattolico non stette alla finestra, a cominciare dalle dure parole dell’allora giovane Fulton Sheen: «Da una settimana fa lo scorso sabato, non possiamo più aspettarci che difendano la legge di Dio. Queste sette elaboreranno la logica stessa dei loro modi, e tra 50 o 100 anni ci saranno solo i cattolici. Chiesa e paganesimo. Saremo lasciati a combattere la battaglia da soli, e lo faremo».  

Esponenti della Chiesa anglicana

Intervenne poi addirittura il papa Pio XI con l’enciclica Casti Connubii (31 dicembre 1931), così condannando autorevolmente la contraccezione. Benché non nominandola mai esplicitamente e ricorrendo principalmente all’argomento della naturalità dell’atto sessuale sviluppato dal tomismo, Pio XI sostenne che la contraccezione è un peccato contro natura. Riassunse il teologo Arthur Vermeersch SJ (a lungo creduto autore di Casti Connubii): «1) l’uso del matrimonio nel cui esercizio con artificio umano l’atto viene privato della sua virtù naturale generatrice, viola la legge divina; 2) viola la legge naturale; 3) costituisce colpa grave». Da qui la definizione di Pio XI del matrimonio cristiano come «casto connubio», ovvero il rifiuto a considerarlo come «unione erotica», in cui la sessualità e il piacere fossero fini a sé stessi e, quindi, manipolabili.  

Studi recenti hanno attribuito riduttivamente la genesi di Casti Connubii piuttosto alle pressioni esercitate sul papa da parte di «gruppi intransigenti», come quello costituito dal cardinale Eugenio Pacelli, allora segretario di stato di Pio XI, dal suo successore in Germania, il nunzio Cesare Orzsenigo, e da Wlodzimierz Ledóchowskig SJ e Franz Xavier Hürth SJ, rispettivamente generale della Compagnia di Gesù e influente teologo, molto ascoltato anche dal futuro Pio XII sui temi relativi al corpo e alla sessualità, nonché estensore materiale di Casti Connubii.   

Benché in effetti non menzioni direttamente la conferenza di Lambeth, l’unico commento disponibile all’enciclica, quello di padre Vermeersch, spiega chiaramente che il cenno (§ 56) alle «autorità recenti, alle quali l’Enciclica rimprovera di avere solennemente predicata una dottrina differente (…) Sono i Prelati della Chiesa anglicana che (…) hanno ammesso con parole nebulose, che tradiscono un’incertezza paurosa, che in alcuni casi, quando la procreazione è proibita, si può seguire un’altra via oltre la continenza e l’estensione»: interpretazione seguita dal teologo del dissenso Hans Küng e confermata anche dall’influente Contraception di John T. Noonan, Jr. (1965).  

Anche se respinti dal magistero, gli argomenti della conferenza di Lambeth furono fatti propri successivamente dai teologi cattolici favorevoli alla contraccezione. Essi speravano che, se fossero riusciti a sottoporre a S. Paolo VI una formula in base alla quale un insegnamento allora positivo non era altro che l’evoluzione dell’insegnamento negativo di Pio XI, in cui il papa si limitava a esprimere più chiaramente solo ciò che Pio XI aveva detto non chiaramente, allora forse papa Montini si sarebbe pronunciato a favore della contraccezione; in quel caso, infatti, si sarebbe assicurata la continuità della dottrina della Chiesa e della linea seguita dagli ultimi tre papi.  

È vero, come dicono i suoi critici, che l’immoralità della contraccezione, prima della pronuncia di Casti Connubii, non era stata mai definita infallibilmente né da un papa né da un concilio; tuttavia, poiché era stata sempre insegnata dal magistero ordinario universale della Chiesa, apparteneva al patrimonio della fede cattolica, come molte altre verità morali che non sono mai state definite dal magistero straordinario del papa o di un concilio ecumenico e che, nondimeno, valgono come verità di fede cattoliche.

Non c’era però artificio di dialettica teologica che potesse prospettare in termini attendibili la teoria secondo cui il divieto di Pio XI sarebbe stato già intrinsecamente il permesso della stessa prassi in attesa di una esplicita sanzione da parte di S. Paolo VI. Ciò convinse pertanto S. Paolo VI a pubblicare l’enciclica Humanae Vitae (1968), ribadendo ancora una volta la condanna della contraccezione: non si poteva pretendere che il papa lasciasse cadere come errore una verità morale sorretta costantemente e unanimemente dal magistero ordinario universale della Chiesa; si comprende così molto bene l’assiduo ricorrere di Paolo VI alla costante dottrina della Chiesa e, segnatamente, degli ultimi papi.

La conferenza a Lambeth del 1930, non fu quindi così «ineffectual and unimaginative» (inefficace e priva di fantasia), come scrive Russel Kirk nella sua biografia del poeta americano T. S. Eliot (premio Nobel per la letteratura 1948), visto che gli ispirò alcune Riflessioni su Lambeth (Thoughts after Lambeth, 1931) e, in particolare, sulla novità della risoluzione XV, definita «almost suicidal» (quasi suicida): secondo Pakaluk, infatti, i vescovi anglicani avevano inteso consentire l’uso della contraccezione solo per un piccolo numero di casi, quelli in cui la coppia provava un’autentica perplessità di coscienza, senza offrire tuttavia i motivi per identificare casi del genere.

Direi meglio che Eliot aveva colto profeticamente la difficoltà della risoluzione XV nell’eccessivo affidamento alla coscienza dei fedeli, permettendo loro di sottoporre il magistero ad esame critico, accettandolo oppure rifiutandolo, senza chiedersi però se i coniugi fossero effettivamente capaci di farlo. Concludeva allora Eliot: «Il mondo sta tentando l’esperimento della formazione di una mentalità civile, ma non cristiana. L’esperimento fallirà, ma dobbiamo essere molto pazienti e attendere il suo collasso, e intanto recuperare il tempo perduto affinché la fede possa conservarsi viva nelle età buie davanti a noi, per rinnovare e ricostruire la civiltà e salvare il mondo dal suicidio».     

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