Domenica II del Tempo Ordinario (Anno C)
(Is 62,1-5; Sal 95; 1Cor 12,4-11; Gv 2,1-11)
di Alberto Strumia
All’inizio del Tempo Ordinario del ciclo del nuovo Anno Liturgico, dopo le feste di Natale, le letture ci insegnano a tornare alla “normalità” della vita lavorativa di ogni giorno. Ci insegnano ad affrontarla con la capacità di valutare le cose, gli avvenimenti e le nostre scelte pratiche, guidati dalla “ragione”, della quale il Creatore ci ha dotati “per natura”, e della “fede” nella dottrina e nella Persona di Cristo della quale “per Grazia” ci ha dotati con il Battesimo, ci ha consolidati con la Confermazione – la Cresima – e ci rigenera con la Penitenza – la Confessione.
– Il Vangelo, oggi, ci presenta Gesù che, all’inizio della Sua “vita pubblica” – iniziata ufficialmente con il Suo Battesimo nel Giordano, che abbiamo festeggiato liturgicamente domenica scorsa, a conclusione del Tempo di Natale – compie il Suo primo miracolo, alle nozze di Cana. E se posso concedermi una piccola nota personale, non posso dimenticare l’emozione dell’aver celebrato la S. Messa del primo matrimonio al quale ho assistito come ministro della Chiesa, molti anni fa, proprio consacrando il vino portatomi da Cana dagli sposi.
Tornando al Vangelo di oggi, colpisce l’intervento della madre di Gesù, Maria, che, in pochissime parole, comunica al Figlio il suo “giudizio”, che valuta prontamente ciò che vede, con occhio di madre di famiglia e donna di casa: «Non hanno vino». Possiamo parlare di un “giudizio storico” e non solo di una constatazione, perché, così facendo la madre di Dio sembra dire a Cristo, il Messia Salvatore: bisogna intervenire! E solo tu puoi rimediare.
Oggi possiamo e dobbiamo leggere questo comportamento di Maria, e l’intero passo del Vangelo, come una profezia sui nostri anni.
- L’umanità, la Chiesa stessa nel corso della storia – sembra volerci dire quanto abbiamo letto nel Vangelo – è “vissuta di rendita” grazie al patrimonio di ragione, di cultura, di laboriosità che ha imparato dal Creatore con i Suoi Comandamenti e in forza del Cristianesimo.
- In alcuni tempi della storia ha saputo amministrare bene questo patrimonio, traendone una “rendita” adeguata per “vivere bene”, pur nelle difficoltà di alcuni momenti.
- In altri tempi l’uomo ha amministrato con scarsa saggezza e ha sperperato il “patrimonio cristiano”, impoverendosi culturalmente e degradandosi perdendo via via sempre più la propria dignità. Fino al disprezzo della propria superiorità di natura nei confronti degli altri esseri, viventi e non viventi, finendo per sentirsi uguale, se non inferiore a loro.
- Alla fine, al nostro tempo, sembra avere esaurito tutto il patrimonio ereditato dalla storia, anche le ultime briciole della ragione e della fede, della cultura umana e cristiana, del “vino” che aveva custodito per secoli nelle “cantine della storia”: «Non hanno più vino». Il “vino” della “ragione”, il “vino” della “fede”, il “vino” della “cultura cristiana” che rende umano l’essere umano, ai nostri giorni è finito.
Questo ci dicono, oggi, le parole profetiche pronunciate da Maria a Cana. E vengono dette, discretamente, segretamente a Gesù, a Cristo l’unico Salvatore che è in grado di intervenire e porre un rimedio a questa situazione, che sta rovinando la festa di nozze dell’umanità con quello sposo che è il suo stesso destino, il “suo bene”.
Non è forse questa la situazione nella quale ci troviamo oggi? La disfatta della dignità dell’essere umano, nella quale egli pensa che il suo bene stia proprio nel fare ciò che più lo danneggia, seguendo l’illusione con la quale Satana lo sta pilotando al suicidio, con la denatalità sistematica, la manipolazione della vita, l’eliminazione di se stesso, la corsa a prevalere gli uni contro gli altri alla conquista di un potere che finirà per far “sbranare” gli uni con gli altri coloro che lo hanno raggiunto.
Anche oggi, come a Cana, è Maria che chiede al Figlio di intervenire, perché solo Lui è in grado di salvare la situazione, di restituire agli invitati alle nozze dell’esistenza, le creature umane, la bellezza, la serenità, la gioia del loro matrimonio con la “verità della vita”.
Come allora, il Vangelo di oggi ci annuncia che Egli – al tempo opportuno che solo Lui può decidere, neppure lei che pure lo può “anticipare” – compirà il miracolo di trasformare l’“acqua” della storia umana, nel “vino” della Salvezza. In questo momento, come allora, sarà importante che ci siano quei “servitori” che si prestano ad eseguire, pronti a fare ciò che Lui chiederà, ascoltando l’indicazione di Sua Madre: «Qualsiasi cosa vi dica, fatela».
Chiediamo al Signore, con l’intercessione di Maria, di essere tra quei servitori, di essere come loro in grado di accorgerci di quello che accade, del miracolo della Salvezza («Lo sapevano i servitori che avevano preso l’acqua» e l’avevano servita in tavola, una volta trasformata in vino).
Chiediamo al Signore che gli uomini e le donne che beneficeranno del miracolo se ne accorgano subito meravigliandosi come «colui che dirigeva il banchetto», che si rivolse allo Sposo, che in realtà è lo stesso Signore che compie la trasformazione con la Redenzione di coloro che vogliono seguirlo, accorgendosi di stare assaggiando «il vino buono», quello che ci sarà offerto eternamente nella partecipazione alla Gloria di Dio, quello del quale il Signore ha detto: «Io vi dico che da ora non berrò più di questo frutto della vite fino al giorno in cui lo berrò nuovo con voi nel regno del Padre mio» (Mt 26,29).
Bologna, 16 gennaio 2022
Alberto Strumia, sacerdote, teologo, già docente ordinario di fisica-matematica presso le università di Bologna e Bari. È direttore del sito albertostrumia.it
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