In un articolo di padre Raymond J. de Souza, sacerdote canadese e giornalista, ripercorriamo il clima di odio in cui si è arrivati al processo del Card. Pell. Un odio che può chiamarsi anche con il nome: persecuzione religiosa.

Secondo de Souza, si è verificato un incredibile caso giudiziario in cui la pubblica accusa ha già un ipotetico colpevole ma non ha ancora nessun crimine da imputargli. Sguinzaglia quindi la Polizia per trovare una possibile vittima che voglia denunciarlo. Addirittura pagando inserti pubblicitari sui giornali.

Di seguito l’articolo che Raymond J. de Souza ha scritto per il National Catholic Register, nella traduzione di Annarosa Rossetto.

Card. George Pell

Card. George Pell

 

di Padre Raymond J. de Souza

 

Il cardinale George Pell mercoledì sera a Melbourne era esattamente dove avrebbe dovuto essere: in prigione.

Ce lo spiega Henry David Thoreau: “Sotto un governo che imprigiona ingiustamente chiunque, il vero posto per un uomo giusto è la prigione” (Disobbedienza civile) .

Ora che il peculiare “ordine di soppressione” (divieto di commentare pubblicamente sui media il processo, N.d.T.)  in Australia è stato revocato, siamo liberi di affermare ciò che è evidente da diversi anni. La condanna del Cardinale Pell è stata un mostruoso errore giudiziario, una persecuzione religiosa condotta con mezzi giudiziari.

Il Cardinale Pell è stato condannato lo scorso dicembre per aver aggredito sessualmente due ragazzi di 13 anni nel 1996. Il processo che ha portato alla condanne è stato, fin dall’inizio, una strategia costante e calcolata per forzare il sistema di giustizia penale verso fini motivati politicamente.

E ora il cardinale Pell è in prigione, in attesa della condanna prevista per il mese prossimo. Non c’è nessuna vergogna per il cardinale Pell nell’essere in prigione; c’è vergogna sufficientemente abbondante da essere addossata a tutti quelli che ce lo hanno messo.

False accuse

Gli errori giudiziari accadono. Lo stesso Cardinale Pell fu falsamente accusato nel 2002 e, prima di lui, il cardinale Joseph Bernardin di Chicago fu falsamente accusato nel 1993. Entrambe le accuse furono risolte attraverso il ricorso alla polizia o ai tribunali.

Il caso del cardinale Pell, tuttavia, non è stato un errore giudiziario vero e proprio. E ‘stato fatto con premeditazione da parte dell’accusa e della Polizia.

Gli americani non dovrebbero essere sorpresi da questo, perché l’elenco dei condannati ingiustamente è davvero molto lungo. Anche alcuni nel braccio della morte sono stati assolti poco prima che le loro esecuzioni venissero eseguite. 

Prosecuzione malevola di persone importanti

Il caso più famoso negli Stati Uniti è la condanna nel 2008 del senatore Ted Stevens, R-Alaska, che perse di misura una rielezione dopo una condanna per non aver riferito una presunta regalia. Solo dopo che un informatore dell’FBI rivelò la gravità di una condotta giudiziaria scorretta, Stevens fu scagionato. Troppo tardi per la sua rielezione, ma almeno il suo buon nome fu ripristinato. Stevens è morto nel 2010.

Se un Dipartimento di giustizia guidato dai repubblicani può deliberatamente, dolosamente e ingiustamente condannare il senatore della Repubblica più longevo nel paese, ancora popolare nel suo Stato di origine, è un gioco da ragazzi per i pubblici ministeri di Victoria (lo stato di origine del cardinale Pell in Australia) condannare deliberatamente, dolosamente e ingiustamente il cardinale Pell, che è stato oggetto di una campagna di diffamazione dei media in Australia per anni.

Tale era l’intensità della diffamazione che probabilmente sarebbe stato possibile trovare una giuria di 12 persone a Melbourne che avrebbe creduto che anche il Cardinale Pell avesse abusato sessualmente dei ragazzi.

Tuttavia, il caso contro il Cardinale Pell è stato così grottescamente incredibile che ci sono voluti due tentativi per ottenere la condanne da parte dei giurati. Il primo processo, a settembre, si è concluso in una “giuria sospesa”, con i giurati che hanno votato 10 a 2 per assolverlo. E’ seguito quindi un nuovo processo, con la giuria che a dicembre ha raggiunto l’unanimità necessaria per condannarlo.

I fatti ipotizzati nel caso

È importante che i cattolici conoscano le specifiche della causa, non solo affermazioni sommarie che essa fosse “debole”. Era impossibile.

L’ipotesi accusatoria era che il cardinale Pell, invece di salutare le persone dopo la Messa, come era sua abitudine, avesse lasciato immediatamente tutti nella cattedrale di San Patrizio e fosse andato non accompagnato in sacrestia. Arrivato da solo in sacrestia, avrebbe trovato due ragazzi del coro che in qualche modo avevano lasciato la processione di altre cinque dozzine di coristi e stavano bevendo il vino della Messa.

Dopo averli colti in flagrante, avrebbe deciso di abusarli sessualmente, una “penetrazione orale”,  per essere sgradevolmente precisi.

Questo sarebbe stato compiuto subito dopo la Messa, con la porta della sacrestia aperta, nonostante tutti i paramenti e con la ragionevole aspettativa che il sacrestano, il maestro delle cerimonie, i concelebranti potessero entrare e uscire o persino passare davanti alla porta aperta, come è consuetudine dopo la Messa.

Nel frattempo c’erano dozzine e dozzine di persone nella cattedrale, che pregavano o gironzolavano.

L’intera faccenda avrebbe avuto luogo in sei minuti, dopo di che i ragazzi andarono a fare le prove del coro e non ne parlarono mai a nessuno per 20 anni, nemmeno tra loro. Infatti, uno dei ragazzi, morto per overdose di eroina nel 2014, ha detto esplicitamente a sua madre prima di morire che non era mai stato vittima di abusi sessuali.

I presunti fatti sono praticamente impossibili da compiere. Chiedete a qualsiasi prete di una parrocchia di dimensioni normali – per non parlare di una cattedrale – se sarebbe possibile violentare dei cantori in sagrestia subito dopo la messa. Non passano sessanta secondi – non parliamo poi di sei minuti – senza che qualcuno, o più persone, entri od esca o almeno passi davanti alla porta aperta. Chiedete ad un prete se gli capita di essere da solo nella sacrestia subito dopo la messa, mentre ci sono ancora persone nella chiesa e l’edificio sacro non è stato ancora liberato.

Inoltre, ancora una volta, scusandomi per essere esplicito, non è possibile eseguire la presunta penetrazione quando si è pronti per la Messa. Di nuovo, chiedete a qualsiasi prete – per non parlare di un arcivescovo, che ha un abbigliamento più pesante – circa l’imbarazzo di dover andare al bagno, se ne ha bisogno dopo la vestizione. Bisogna spogliarsi, almeno in parte, o impegnarsi in una difficile manipolazione dei vari paramenti, il che rende difficile l’uso del bagno, per non parlare di un’aggressione sessuale.

Il denunciante ha detto che il cardinale Pell aveva spostato  un po’di lato i paramenti, cosa impossibile visto che il camice (“alba”)  non ha aperture del genere.

Quello di cui il cardinale Pell è stato accusato è semplicemente impossibile, anche se in qualche modo fosse stato abbastanza pazzo da tentare di farlo. Inoltre, ogni uomo che tenti di stuprare ragazzi in un luogo pubblico con persone in giro è uno di quei delinquenti sprezzanti del pericolo dei quali dovrebbe essere nota una lunga storia di comportamenti simili. Non c’è, evidentemente, nessuna storia del genere.

La corruzione della polizia

Non è poi così assurdo che una giuria di 12 cittadini comuni possa essersi convinta, contrariamente alle prove e al buon senso, che il cardinale Pell fosse colpevole. Dopotutto, dozzine e dozzine di ufficiali di polizia e pubblici ministeri altamente qualificati ed esperti hanno deciso che l’ex arcivescovo di Sydney era colpevole ancor prima che qualsiasi accusa venisse avanzata. Tale è l’odio australiano per la Chiesa cattolica in generale e per George Pell in particolare.

Nel 2013, la polizia di Victoria aveva lanciato l’”Operazione Tethering” per indagare sul cardinale Pell, anche se non c’erano state lamentele contro di lui. E’ seguita una campagna di quattro anni per trovare persone disposte a denunciare abusi sessuali, una campagna che includeva il fatto che la polizia di Victoria mettesse annunci pubblicitari sui giornali per chiedere denunce di abusi sessuali nella cattedrale di Melbourne – ancor prima che ci fosse stata alcuna denuncia.

La polizia aveva il suo uomo e aveva solo bisogno di trovare una vittima.

Con l’Australia che stava attraversando l’agonia di un’indagine della commissione reale sugli abusi sessuali – con la Chiesa cattolica che aveva raccolto la maggior parte dell’attenzione – era solo una questione di tempo prima che si riuscisse a trovare qualcuno che dicesse qualcosa, o ricordasse qualcosa, o, se necessario, lo inventasse del tutto. Che, dopo tutti questi sforzi, la polizia di Victoria sia riuscita solo mettere insieme un caso così fragile è di per sé una potente indicazione che il Cardinale Pell non è un abusatore sessuale.

Testimonianza – o no – degli accusatori

Nello stato di Victoria, nei casi di abuso sessuale, la vittima testimonia in un processo a porte chiuse, quindi il pubblico non conosce, e non può valutare, la credibilità di ciò che è stato detto.

Nel primo processo, il denunciante ha testimoniato davanti alla giuria. E la giuria ha votato per non condannare. Nel secondo processo, il denunciante non ha testimoniato affatto, ma sono stati inseriti invece i documenti della sua testimonianza nel primo processo. Pare che la prima giuria, che ha ascoltato il denunciante, lo abbia trovato meno credibile della seconda giuria, che non l’ha incontrato dal vivo.

Il cardinale Pell è stato così condannato sulla testimonianza di un singolo testimone che ha presentato una storia incredibile, senza riscontri, senza alcuna prova materiale e senza alcun precedente di tali comportamenti, oltre alla strenua insistenza del presunto colpevole che nulla del genere avesse mai avuto luogo. Questo, quasi per definizione, soddisfa lo standard del “ragionevole dubbio”.

Ancora più sorprendente, la giuria ha condannato il cardinale Pell per aver aggredito il secondo ragazzo, anche se questi aveva negato alla sua famiglia di essere mai stato molestato. La seconda presunta vittima è morta nel 2014. Non ha mai presentato una denuncia, non è mai stato intervistato dalla polizia e non è mai stato ascoltato in tribunale.

Senza l’odio pubblico per il Cardinale Pell, un caso del genere non sarebbe mai stato portato in tribunale. Ma proprio per il fatto che la polizia aveva il suo uomo prima di avere accuse o prove, i pubblici ministeri sapevano che avevano buone probabilità di ottenere una giuria tanto determinata ad incastrare il Cardinale Pell che dovevano solo dare loro una possibilità.

Una processo segreto

Secondo la legge dello Stato di Victoria, un giudice può emettere un “ordine di soppressione” che vieta qualsiasi commento pubblico su un caso se si ritiene necessario proteggere una prova da un’indebita pressione pubblica. L'”ordine di soppressione”, che significava che anche le accuse contro il Cardinale Pell non sarebbero state rivelate fino a questa settimana, più di due mesi dopo la sua condanna, era evidentemente per proteggere il diritto del Cardinale Pell ad un processo equo.

In realtà, proteggeva i pubblici ministeri dal dover difendere la debolezza del loro impianto accusatorio davanti al tribunale dell’opinione pubblica. Se, quasi due anni fa, i pubblici ministeri avessero dovuto discutere in pubblico che il cardinale Pell aveva violentato due cantori in una cattedrale affollata subito dopo la messa domenicale, ci sarebbe stata almeno una certa pressione sul procuratore generale di Victoria per verificare se non fosse in atto una forma di linciaggio, come è successo l’anno scorso in Australia, dove l’arcivescovo Philip Wilson di Adelaide è stato condannato per aver coperto un caso di abuso sessuale. E’ stato condannato, e sebbene  lui non volesse dare le dimissioni prima dell’udienza in appello, le pressioni del Vaticano, dei suoi fratelli vescovi e del primo ministro australiano lo hanno costretto a dimettersi.

Solo pochi mesi dopo fu assolto in appello, con il giudice della corte d’appello che stabiliva che la giuria che lo aveva condannato era stata probabilmente influenzata dalla furia pubblica contro la Chiesa cattolica.

È successo di nuovo.

 

Fonte: National Catholic Register

 

Ecco il video del primo interrogatorio della polizia al cardinale Pell riguardo l’accusa di abuso del 1996, che il card. Pell descrive come “completamente falsa, follia”.

Anche se Pell non ha preso posizione al suo processo a Melbourne, il filmato è stato mostrato alla giuria al suo processo.

 

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