Il filosofo (particolare). Pinacoteca Padova, cappella degli Scrovegni
Il filosofo (particolare). Pinacoteca Padova, cappella degli Scrovegni

 

 

di Jacob Netesede

 

Troppa confusione conduce a giudizi approssimativi.

Una Fondazione è un ente costituito da un patrimonio preordinato al perseguimento di un determinato scopo.

Soldi e immobili per un obbiettivo, insomma: facciamo un esempio.

Agli inizi degli anni ’80, un gruppo di amici, semplici amici, si associarono per dar corpo a una delle conseguenze della fede vissuta in modo comunitario e pubblico: un ritrovo, un incontro (anche in inglese, se volete…), annuale.

Per 28 anni quella associazione (ovvero l’ente costituito da un insieme di persone fisiche -o giuridiche- legate dal perseguimento di uno scopo comune, cioè persone che hanno un obbiettivo) ha organizzato un ritrovo, teso a comunicare ciò che di bello e buono c’era nella cultura del tempo secondo l’educazione cattolica (in linea con Papa San Giovanni Paolo II) ricevuta tramite una persona, un amico insegnante in carne ed ossa.

Nel giro di 3 anni, nel primo decennio degli anni duemila, accaddero tre cose:

  • Muore il Papa Giovanni Paolo II;
  • Muore l’amico educatore;
  • L’Associazione diventa una Fondazione, appunto.

Il Consiglio di Amministrazione della nuova Fondazione, fatto di 5 membri, vede la maggioranza espressa da i 3 soci principali.

In altre parole, la gestione del patrimonio che quel ritrovo in 28 anni ha generato (e che diventa centrale nel passaggio da associazione a fondazione), passa in mano a 3 enti.

Uno di questi, che, tra l’altro, esprime il Presidente della nostra Fondazione, è una associazione che vuole sostenere imprenditori, enti senza scopo di lucro, manager e professionisti nello sviluppo delle imprese e delle attività professionali.

Gli altri membri sono espressi da una Fondazione che si occupa di ricerca, formazione e divulgazione intorno ai temi sociali, economici e politici e da una Associazione fatta da 200 centri culturali.

Per capirci: le Fondazioni coinvolte hanno consigli di amministrazione, dipendenti, collaboratori e immobili.

Hanno bilanci, percepiscono contributi pubblici dallo stato e contributi da privati.

Ambiscono ad avere visibilità dai media (generalisti e non), compravendono spazi pubblicitari e cercano followers sui social media.

I consigli di amministrazione rispondono della gestione del patrimonio, cercando di intercettare anche sovvenzioni pubbliche: la Fondazione di cui parliamo, ad esempio, lo scorso anno ha beneficiato di 150.000 euro da una Regione e un Comune.

Gli sguardi di intesa tra la Fondazione (ed il suo potenziale, stimabile ed intercettatile bacino elettorale, 800.000 cittadini connessi…) e la politica (ovvero persone fisiche che ambiscono a voti) sono intensi, persistenti quanto trasversali e reciproci.

Dal 1980 al 2008 -anno del passaggio da associazione a fondazione- e dal 2008 ad oggi, un certo cambiamento del quadro politico si è verificato.

E una Fondazione, con il suo patrimonio, deve guardare con simpatia ai politici periodicamente (e ciclicamente) in grado di sostenere la propria azione.

Non per nulla, un consigliere di amministrazione poco tempo addietro ha mostrato con orgoglio l’adesione della Fondazione all’agenda ONU 2030.

Negli Statuti delle Fondazioni coinvolte, inoltre, si fanno espliciti riferimenti alla Chiesa.

I più acuti osservatori, quelli a cui non sfugge proprio nulla, avranno forse notato minime differenze tra l’approccio alla vita culturale e pubblica di Karol Wojtyla e quello di Jorge Mario Bergoglio.

Gli stessi osservatori potrebbero essere cosí acuti dal notare sottilissime divergenze tra l’educatore all’origine dell’Associazione di amici del 1980 ed il suo primo successore alla guida di quella amicizia (…non solo tra i popoli).

Tra l’altro, questo simpatico primo successore, di recente, dopo 16 anni di governo, è stato duramente criticato, tramite un fidato cardinale, dal papa stesso: di lui il Vaticano dice che ha diffuso “dottrine gravemente contrarie agli insegnamenti della Chiesa” e “alimentato un’autoreferenzialità non ammissibile nella Chiesa”.

Chissà cosa avranno detto in consiglio di amministrazione; chissà cosa avranno pensato dipendenti e collaboratori; chissà gli esperti di marketing, i commerciali, i fornitori, gli sponsor e tutti i bellissimi e simpaticissimi amici dell’indotto…

In ogni caso, nulla di grave, ci mancherebbe: quisquilie di secondaria importanza, delle quali si può far spallucce e pensare alle cose belle, ovviamente.

Volete cose belle, dunque… leggo dal comunicato:

  • quest’estate si è svolta la 43ma edizione del Meeting per l’amicizia fra i popoli;
  • il potenziamento della dimensione digitale del Meeting, iniziato da alcuni anni e incrementato nel periodo della pandemia, ha permesso una fruizione piena del Meeting anche sul sito e sul canale Youtube;
  • gli 80mila spettatori dei convegni in presenza se ne sono aggiunti 250mila digitali (dato di oggi), di cui 80mila in streaming e 170mila on demand;
  • stimabili in vari milioni poi gli spettatori delle tv, web tv e dei siti internet di informazione che hanno proposto ai loro spettatori 92 dirette di eventi Meeting;
  • cuore palpitante della manifestazione, ben evidenziato ieri sui media dalla foto di gruppo con il presidente Mario Draghi, sono stati i 3.000 volontari, 500 nel preMeeting e 2.500 durante il Meeting;
  • molto rilevante anche la presenza dei media, con oltre 400 giornalisti e operatori accreditati e 4.700 uscite su stampa, web, tv e radio durante i sei giorni della manifestazione;

Insomma, il comunicato dice: ci siamo, siamo tantissimi, siamo digitali, siamo on line, siamo tecnologici, siamo moderni.

Non solo: il mondo ci guarda, i giornalisti ci vogliono.

E la politica, lorsignori: il reggente plenipotenziario (e la sua corte) era con noi!

E ha fatto una foto con noi! (…qui il lettore assuma i cc.dd. “occhi a cuore”).

Con noi, proprio noi volontari, che non siamo in consiglio di amministrazione e non percepiamo fondi pubblici, ma volentieri investiamo vacanze e risparmi perchè tutto questo funzioni.

Già, perchè come ci hanno spiegato, nonostante patrimoni, bilanci, sovvenzioni, pubblicità, multinazionali del tabacco e partecipate di stato (che producono cose belle come le armi o che consentono le divertentissime scommesse legalizzate) come sponsor, senza noi volontari la Fondazione non ce la farebbe.

Già, mi chiederete, e la cosa bella?

Le cosa bella è che tanti intorno a me sono fermi al 1980 e chiedono alla Fondazione che ho descritto la “libertà di manovra” che (talvolta, non sempre) il buon Dio concede ad un  piccolo gruppo di amici, semplici amici, pronti a dare la vita pur di testimoniare Cristo presente tra loro.

Eppure, agli inizi, l’amico educatore li aveva messi in guardia: “l’ira del mondo oggi non si alza dinnanzi alla parola Chiesa, sta quieta anche dinnanzi all’idea che uno si definisca cattolico, o dinnanzi alla figura del Papa dipinto come autorità morale. Anzi, c’è un ossequio formale, addirittura sincero. L’odio si scatena -a mala pena contenuto, ma presto tracimerà – dinanzi a cattolici che si muovono nella semplicità della Tradizione”.

Il brano è tratto da L’io, il potere, le opere di un certo Don Luigi Giussani.

Alcuni cercano il consenso del mondo, altri rischiano l’odio del mondo.

Chi vuol essere perseguitato? Chi cerca l’ira del mondo? Quale fondazione, quale associazione, quale consiglio di amministrazione, quale sponsor, quale dipendente, quale volontario, quale partecipante… quale uomo?

La 44ma edizione del Meeting, la prossima, avrà come titolo: “L’esistenza umana è un’amicizia inesauribile”.

Già, cattolici che si muovono nella semplicità della Tradizione vivono una vita inesauribile.

Lascia che i meeting succedano ai loro meeting, ma tu va’ ad annunciare il regno di Dio.

 


 

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